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Protagonisti | Gianmarco Vumo: "Io come Orfeo"

Pubblicato da: Categoria: PROTAGONISTI

20
GEN
2020

In un mondo ormai saturo di cose già viste e udite, riveste importanza fondamentale il ruolo dell’arte, che oggi più che mai ha il compito di sperimentare, cercare nuovi stili, voci diverse.

Ed è proprio a proposito di voci che nel campo musicale si sta facendo strada quella del giovane Gianmarco Vumo, cantautore di origini grottagliesi.

Un timbro vibrante e profondo e una non comune ricercatezza del linguaggio, sono le componenti fondamentali del suo stile, decisamente insolito per i canoni italiani a cui siamo abituati, e per questo ancor più degno di nota.

 

Gianmarco, come definiresti la tua musica?

«Si tratta di un cantautorato contemporaneo che abbandona gli schemi classici. Le mie sonorità prendono spunto dalla musica elettronica, ma non rinunciano a qualche contaminazione etnica. Il mio studio della musica si basa su una continua ricerca di suoni non fossilizzati, così da presentare al pubblico qualcosa di insolito e portare la mia impronta personale».

 

Dimostri una maturità artistica non indifferente. Quando hai iniziato a studiare musica?

«Mi ci sono avvicinato per caso quando avevo tredici anni. Ho iniziato a strimpellare una vecchia chitarra, per poi studiare al conservatorio anche pianoforte e viola, jazz e orchestrazione. Dopo il diploma in chitarra mi sono trasferito a Milano, dove continuo il mio percorso».

 

Il tuo album d’esordio si intitola “Emerso”. A cosa si riferisce?

«È ispirato a un romanzo di Kerouac, “Orfeo emerso”, e ha attinenza appunto con il mito di Orfeo ed Euridice. Così come Orfeo si è calato negli inferi uscendo con una nuova consapevolezza di se stesso, delle sue potenzialità e dei suoi limiti, anche io ho compiuto un viaggio interiore, ho analizzato le mie esperienze vissute e ne sono uscito purificato, dotato di una maggiore consapevolezza e sensibilità artistica e musicale».

 

Quella del viaggio interiore è una delle tematiche che affronti nel tuo album.

«Esatto, in particolare negli ultimi due brani, incentrati sulla figura del Bianconiglio, chiaro riferimento all’Alice di Lewis Carroll».

 

Quali sono gli altri temi?

«L’eros, raccontato nelle sue varie sfaccettature. Ma anche e soprattutto la ricerca intimistica, l’importanza di scrutare dentro se stessi per imparare a conoscersi, senza timore. Fondamentalmente, però, i miei testi sono influenzati dalle mie letture: il già citato Jack Kerouac, Cesare Pavese, Carmelo Bene, Pier Paolo Pasolini».

 

E se dovessi citarmi qualche cantautore a cui ti ispiri, invece?

«Ti direi, probabilmente, Battisti, De Andrè, i Pink Floyd e alcuni esponenti della canzone francese».

 

Per scrivere canzoni bisogna essere un po’ poeti, non trovi?

«Senz’altro. Ritengo che la letteratura e la poesia siano due grandi insegnanti, che permettono di osservare il mondo con occhi sempre diversi, oltre che fonti di ispirazione continua. La vita di ognuno ha dei limiti. La letteratura, al contrario, permette di vivere altre esperienze, ampliando lo spettro delle proprie emozioni».

 

Così giovane, ma sembri già avere le idee molto chiare sul modo in cui vuoi vivere la musica.

«Sono contrario alle mode, sono dei fuochi di paglia che lasciano il tempo che trovano. Ritengo che, invece, nell’era dell’immediatezza dove i social e la tecnologia rendono tutto apparentemente facile e veloce, sia necessario condurre una vera e propria ricerca, affrontare un percorso di crescita e andare in profondità nelle cose. Il mio disco è la conclusione di un percorso iniziato molti anni fa. Il brano “Kyoto tonight” l’ho scritto a sedici anni, ha avuto una lunga gestazione, durante la quale ho approntato un lavoro di minuzia. Non mi interessano i riconoscimenti immediati. Ciò che voglio è fare ciò che amo, continuare a cercare nuovi sound, sperimentare e continuare per la mia strada».

Siamo sicuri che ti porterà lontano.

 



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