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Assunta Terruli/Il nostro caro Angelo

Pubblicato da: Categoria: COVER

24
GEN
2014
Sono passati otto anni dalla morte dell’operaio Angelo Marotta. Sua moglie resta ancora in attesa di giustizia e di un risarcimento che, seppur quantificato, non arriverà mai. A meno che…  
 
Riparava un guasto alla rete fognante in viale della Stazione, quando all’improvviso un’ondata di acqua e liquami lo travolse uccidendolo. Una morte orribile, una morte sul lavoro. Questa era quanto il destino aveva riservato ad Angelo Marotta, dipendente della D’Agostino Costruzioni S.r.l. la ditta che aveva in appalto la manutenzione ordinaria e straordinaria delle condotte idrico-fognarie del comune di Martina Franca. A provvedere a questa manutenzione era preposto proprio Angelo Marotta  che interveniva tutte le volte che si rendeva necessario agire per risolvere un qualunque problema che interessava la rete fognaria comunale. E intervenne anche il pomeriggio del 31 ottobre del 2005 quando, calandosi in un tombino largo meno di un metro e a oltre sei metri di profondità, Angelo Marotta, sposato e padre di due figlie, andò incontro a un’orribile morte. Il suo corpo fu ritrovato, dopo diciassette ore di ricerche, a venti metri dal punto in cui si era calato e per riportarlo in superficie fu necessario rompere il manto stradale con l’ausilio di un escavatore e di una pala meccanica. Dalle indagini effettuate subito dopo l’accaduto, emerse che l’operaio intervenne senza alcuna delle precauzioni o misure di sicurezza previste perché non aveva mai ricevuto gli strumenti idonei in presenza dei quali, forse ora, non staremmo qui a ricordare questa storia. Un altro aspetto particolare della vicenda emerse dall’informativa della Direzione Provinciale del Lavoro secondo la quale “la presenza di una pozzetta di ispezione in corrispondenza della riduzione della canalizzazione, avrebbe consentito un intervento immediato che avrebbe riportato in superficie il Marotta ancora in vita”. Ma quella pozzetta, pur essendo prevista in progetto, non fu mai realizzata. Per quella orribile morte furono indagati Francesco D’Agostino, l’amministratore della D’Agostino S.r.l., e Luigi Laterza geometra e dipendente della stessa impresa. Incredibilmente il 16 ottobre del 2007 il Pubblico Ministero Italo Pesiri chiedeva l’archiviazione del procedimento penale a carico degli indagati basandosi su una informativa della direzione provinciale del lavoro e su di una consulenza di parte, eseguita senza contradditorio e depositata dalla difesa di uno degli indagati. Rigettata la richiesta di archiviazione, il Tribunale di Taranto il 7 marzo 2012 accoglieva la richiesta del Pubblico Ministero Antonio Zito e delle parti civili (rappresentate dagli avvocati Gaetano Cimaglia e Francesco Terruli), e condannava a un anno di reclusione, concedendo però la sospensione della pena, Francesco D’Agostino, mentre mandava assolto Luigi Laterza. Inoltre D’Agostino veniva condannato “al risarcimento dei danni in favore delle costituite partici civili, da liquidarsi in separata sede, riconoscendo in favore delle medesime una provvisionale immediatamente esecutiva”. Esattamente un anno dopo, il 5 marzo 2013, la Corte d’Appello conferma la sentenza di primo grado. Chiaramente nessuna sentenza, nessun risarcimento potrà mai restituire un figlio, un fratello, un marito, un padre alla propria famiglia ma se questa viene privata dell’unico elemento che ne garantisce una sopravvivenza dignitosa, a quel risarcimento bisognerà per forza di cose far ricorso. Così una volta depositate le motivazioni della sentenza d’appello, nell’aprile del 2013, con un atto di precetto viene intimato a D’Agostino il pagamento di tutte le somme dovute. Purtroppo però per gli eredi di Marotta questo atto di precetto, così come il successivo pignoramento verso terzi (le banche) dell’agosto seguente, darà esito negativo. In sostanza D’Agostino, che confida ancora nella sentenza della Cassazione, non ha un euro e la famiglia Marotta si ritrova senza un punto di riferimento e costretta ad andare avanti con la sola esigua pensione riconosciuta per l’incidente sul lavoro. Accade quindi che a distanza di otto anni dall’accaduto, la moglie e le figlie di Angelo Marotta si ritrovano a chiedere ancora giustizia per un marito e padre troppo presto strappato agli affetti della famiglia solo per aver fatto il suo dovere di onesto lavoratore. Angelo Marotta, una vera “eccellenza” martinese forse dimenticata un po’ troppo in fretta.   
 


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