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Esclusiva /BISSO, (t)essere prezioso

Pubblicato da: Categoria: COVER

20
GIU
2014
Che il futuro della Taranto che verrà – libero dalla grande industria - passi anche dal suo mare, è pacifico. Quello che forse non sapete è che dal mare arriva un autentico tesoro, da filare e trasformare in capolavori. Come l’ultima Maestra insegna
 
Mare, molluschi, tessuti, eccellenza: questa inchiesta si potrebbe riassumere così, traguardando sempre fra le possibili alternative alla grande industria. Ma partiamo con ordine.
Bisso, questo sconosciuto
Il bisso è una fibra tessile che proviene dal mare, ottenuta dai filamenti dorati presenti ai piedi di alcuni grossi molluschi Lamellibranchi (Pecten, Tridacna, Avicula, Mytilus, Meleagrina, Pinna nobilis) che si trovano nel Mediterraneo. Inizialmente è una sostanza semifluida che a contatto con l’acqua diventa solida. E’ simile alla seta ma è alquanto elastica e viene utilizzata dall’animale per restare ancorato al fondale. La Pinna nobilis (nota anche come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura) è il più grande mollusco del Mediterraneo ed è quella che produce la quantità maggiore di bisso rispetto alle altre specie. Molto sottile, il bisso prodotto dalla cozza penna veniva utilizzato nell’antichità da siciliani, calabresi, maltesi e tarantini per farne accessori da abbigliamento e non solo.
Maledetto inquinamento
La nacchera (o Pinna nobilis) può essere lunga fino a un metro e può vivere più di vent’anni ma è vietato raccoglierla in quanto assorbe grandi quantità di sostanze inquinanti presenti nel mare e mangiarla risulterebbe pericolosa per la salute in quanto provocherebbe fenomeni morbosi. E purtroppo ci tocca parlare anche in questo caso dell’inquinamento in quanto è la causa, insieme alla pesca selvaggia, del serio rischio di estinzione del bisso (molti pescano la Pinna nobilis anche solo per collezionismo). Eppure questa fibra è dotata di proprietà terapeutiche ben note soprattutto ai pescatori che medicavano le ferite procuratesi durante la pesca.
Il progetto scolastico
La lavorazione è lunga, complessa e “poco economica”, ed è uno dei motivi per i quali non si è puntato su questa fibra pregiatissima. A Taranto, dopo tantissimi anni, qualcuno comincia a interrogarsi sulle potenzialità del bisso anche ai tempi d’oggi e sulla possibilità di ripristinarne la lavorazione. Se n’è parlato recentemente in una bella e interessante iniziativa culturale e storica, un progetto di ricerca multidisciplinare dal titolo “Raccontiamoci.. il bisso”. A realizzarlo durante l’anno scolastico appena trascorso è stata la Scuola Secondaria di 1° grado “C. Colombo” di Taranto.
La testimonianza
Attualmente in Italia, in Europa e forse al mondo esiste solo una persona che lavora il bisso: si chiama Chiara Vigo, una donna di quasi 60 anni che vive a Sant’Antioco in Sardegna. L’abbiamo intervistata: ecco le sue parole.
 
Chi è Chiara Vigo?
«E’ un maestro di tessitura antica con specialità bisso».
 
Dove svolge la Sua attività?
«A Sant’Antioco, dentro il Museo del bisso, dove è possibile vedere il processo di filatura a fibra corta, la torsione, la tessitura e le opere».
 
Cosa rappresenta il bisso per lei?
«La trasmissione orale da mia nonna e la storia del tessuto della mia famiglia. La sacralità che da secoli lo accompagna (Esodo 27 e Esodo 31 Libro dei Re e Apocalisse). Il bisso è la mia vita, la mia scelta di vita e la mia anima».
 
Ci dica cosa è riuscita a realizzare con il bisso.
«Il “Leone delle Donne”, “L’Albero della vita”, “Il ballo delle Donne”, “La Natività”, lo stemma di Collegno, di Coazze, di Bolzano ecc., “Il Basilisco di Basilea”, “La Santa Vergine del filo che fila”, cravatte, bracciali, gioielli, fra cui anche il Rosario di Benedetto XVI. Ho costruito 94 pezzi che sono affidati ai vari musei e amministrazioni comunali del mondo»
 
I tempi di realizzazione di una Sua opera e a quale è più affezionata e perché?
«Quella a cui sono legata è “Il Leone delle Donne”. Ci vogliono quattro anni di lavorazione compresa la pesca».
 
Ci parli del Museo.
«Il Museo vivente del Bisso racconta la storia dei secoli che hanno attraversato la storia del filo dell’acqua.
E’ un luogo dove chi entra può vivere se vuole una dimensione dove il tempo antico è ancora vivo. La fretta non è possibile e anche i bambini capaci di cogliere l’essenza del tessere vita sono i benvenuti. E’ meglio venire a vedere di persona che leggere anche perché i Maestri non amano scrivere, preferiscono incontrare».
 
Può essere visitato? Se sì, diamo qualche riferimento ai lettori (luogo, date e orari).
«Certo. Il Museo si trova a Sant’Antioco, città a sud-ovest della Sardegna e può essere visitato nei seguenti orari: 10.30 - 12.30 e 16.30 - 21.30. Chiunque volesse maggiori informazioni può chiamare al 347/3302237».
 
E’ consapevole di essere forse l’unica al mondo a lavorare il bisso? Secondo Lei perché nessuno ha più puntato su questa pregiata fibra?
«Perché il suo tempo di lavorazione è faticoso, difficile e lungo e anche perché non si vende e non si compra».
 
Com’è vista la Sua arte dalle istituzioni locali e dai suoi concittadini?
«Le istituzioni con la loro burocrazia complessa e lunga diciamo che se la prendono comoda da 35 anni… e tutto quello che non si vuole fare è difficile farlo! I concittadini? Il 50% mi ama e il 20% mi invidia. Il resto forse non sa cosa faccio e magari parla di me senza aver mai parlato direttamente con me. Questo accadeva anche a mia nonna ma ritengo non sia sinceramente importante e non influisce sulla scelta di conservare e proteggere questo bene universale del Mondo».
 
Abbiamo letto dal suo sito che le fasi di lavorazione del bisso che sono laboriose e non certo semplici. Conoscerà sicuramente la difficile realtà tarantina ossessionata dall’inquinamento. Ritiene possibile puntare sulla lavorazione del bisso a Taranto come una tra le alternative alla siderurgia?
«Assolutamente no. Già a suo tempo qualcun altro ci ha provato a realizzare “industrie di bisso” ma il bisso ha detto no».
 
Per concludere, un consiglio a chi volesse cimentarsi in questa arte?
«Venire a trovarmi e ne parliamo con serietà e calma».
 
Sig.ra Vigo la ringraziamo per la Sua cortesia e Le porgiamo i saluti di tutta la città di Taranto che è accomunata a Lei e storicamente alla popolazione cui appartiene proprio grazie al bisso.
 


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