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Paolo, Claudio e Simona/Generazione di fenomeni

Pubblicato da: Categoria: COVER

12
OTT
2012

 

Studiano con profitto, praticano sport e hanno fatto della musica classica la loro più grande passione. Per chi ha bisogno di un’iniezione di fiducia nel futuro, guardate questi bambini: hanno un talento straordinario per la musica e non solo. E intanto sognano New York
 
In tempi come questi non si fa che sentire un clichè dietro l’altro, ognuno dei quali porta con sé una connotazione negativa che va soprattutto a discapito delle nuove generazioni. Si sentono epiteti quali “gioventù bruciata”, “generazione perduta”, espressioni come “crisi economica” e, ancora peggio, “crisi di valori”. Una totale mancanza di fiducia per il futuro che conduce i giovani verso l’indignazione, prima, e l’ignavia e la noncuranza, dopo. Ma è davvero così? Intendiamoci: di ragazzi sfiduciati e abbandonati a una realtà che si fa sempre più ardua, ce ne sono davvero. Tuttavia, sarebbe quanto meno errato fare di tutta l’erba un fascio. Così come è evidente una inevitabile dispersione di probabili e futuri talenti, è altrettanto degno di nota che vi siano dei modelli che ci fanno ritornare il sorriso sulle labbra. E in questo caso particolare, gli esemplari virtuosi non sono giovani, bensì giovanissimi. Si tratta di tre straordinari piccoli pianisti, tre enfant prodige che non solo non si rassegnano ai discorsi dei “grandi”, ma al contrario hanno una fiducia incrollabile nella vita e nella possibilità di avere il meritatissimo successo. Sono Paolo, Simona e Claudio, allievi dell’Accademia Musicale Mediterranea del Maestro Cosimo Damiano Lanza, che con la spensieratezza e la spontaneità che contraddistingue la loro tenera età hanno parlato dei loro sogni nel cassetto.
E, credetemi, c’è di che rimanere piacevolmente meravigliati. E già, perché nonostante abbiano rispettivamente otto e dodici anni, sono perfettamente in grado di affrontare gli argomenti più disparati e di tenere testa a qualsiasi tipo di discorso.
Mentre mi recavo in redazione, pensavo a come modulare e rendere più “a misura di bambino” il mio linguaggio, invocando l’aiuto della Montessori e tentando di rispulciare il suo noto metodo. Credevo di dovermi rivolgere a loro così come spesso si pensa si debba fare con dei ragazzi così piccoli. Ebbene, mi sono bastati tre minuti per capire che non solo non avevo alcun bisogno di farmi capire, ma al contrario, sono loro ad aver insegnato qualcosa a me. Guardarli negli occhi e vedere la limpidezza dei loro sogni, la lungimiranza delle loro menti e la tenacia con cui tentano di emergere, è stato illuminante.
Paolo, Simona e Claudio, rappresentano dei chiari esempi di giovani talenti di cui il nostro Paese ha un disperato bisogno. Merito indubbiamente dell’Accademia del M° Lanza, che dà loro la possibilità di affinare le innate capacità e di crescere artisticamente, oltre che umanamente. E merito, soprattutto, delle loro famiglie e di mamme come Angela, Giuseppina e Maria Pia; donne forti e intelligenti che hanno saputo vedere nei loro figli un talento particolare e hanno voluto indirizzare le energie dei piccoli pianisti verso una disciplina e un’arte così fine e impegnativa. Come ha dichiarato Giuseppina: «abbiamo voluto, sin dalla tenera età, gettare le basi per il futuro dei nostri bambini, dirigendoli verso un’attività sana e straordinaria come può essere la musica. Suonare uno strumento dona loro una sensibilità e un gusto artistico che li permetterà anche di approcciarsi alla vita in maniera diversa. Siamo nell’era tecnologica e di distrazioni, soprattutto per ragazzi della loro età, ce ne sono in abbondanza. Si sente molto parlare di dispersione giovanile, di studenti che lasciano la scuola e imboccano strade non auspicabili. Noi cerchiamo con tutte le forze, invece, di dare loro la possibilità di crescere con i giusti princìpi e ideali.»
Pensieri, questi, che hanno confermato anche i piccoli Paolo, Simona e Claudio, i quali oltre a possedere un’indiscutibile bravura al piano, collezionano a scuola un dieci dopo l’altro. «Peccato per quel nove in disegno», ha affermato Claudio, ancora giù di morale per quel “neo” in pagella. Amante delle scienze e della matematica, – Simona ha partecipato e conseguito ottimi risultati a diversi concorsi in quest’ultima materia –, il formidabile terzetto si destreggia abilmente fra compiti scolastici, lezioni di musica e attività fisiche. Ancora Claudio, portavoce di una mentalità che rilancia il classico mens sana in corpore sano, pratica calcio con molta passione e immagina un eventuale futuro da calciatore pianista. La bella Simona, invece, che da ben otto anni studia pianoforte – un dato che mi ha fatto strabuzzare gli occhi, dal momento che otto anni rappresentano due terzi della sua giovane vita – si è dedicata anche alla danza classica, scegliendo però poi di continuare solo con il pianoforte poiché gli impegni stavano diventando davvero troppi. Paolo, la cui sicurezza e capacità di espressione sono encomiabili, ha praticato basket, ma ha capito subito che non era la strada giusta per lui. «Quest’anno proverò con il calcio, chissà?» ha dichiarato prontamente.
Dopo aver riscontrato un’affabilità senza pari e una spigliatezza tipica di ragazzi della loro età, mi sono divertita a chiedere loro qualcosa in più sull’arte che praticano, sulla loro passione per la musica classica e sul pianoforte. Mi hanno raccontato dei concerti che hanno tenuto – e, vi assicuro, hanno un curriculum strabiliante –, il cui ultimo ha rappresentato il loro debutto come solisti. «È stata un’emozione grandissima; sapere che i nostri parenti e i nostri amici erano lì a guardarci ci riempiva di ansia e di agitazione. È stato indescrivibile» hanno asserito in coro Claudio e Simona. Diversa, invece, la risposta di Paolo: «È stato emozionante, sì, ma non pensavo affatto al pubblico: quando suono ci siamo solo io e il pianoforte!».
Veterani delle esibizioni a quattro mani, mi hanno spiegato dettagliatamente le differenze fra un’esecuzione in coppia e una da sola, arrivando alla conclusione che, sebbene entrambe presentino delle difficoltà, forse quella a quattro mani è un po’ più complicata, poiché «occorre guardare due spartiti e conoscere anche la parte del partner. Inoltre, se l’altro sbaglia, si deve essere in grado di riprendere il ritmo. Da soli, invece, si ha più libertà e maggiore concentrazione.»
Amano Bach, Beethoven, Mendelssohn e Mozart, e mentre Simona si conferma una grande appassionata di musica classica anche nel tempo libero, i due maschietti, Claudio e Paolo, hanno dichiarato di ascoltare anche il rock e, udite udite… Pitbull!
Quando ho chiesto loro qual è il momento che preferiscono di un’esibizione, all’unisono hanno gridato: «La fine: quando sappiamo che è andato tutto bene e possiamo tirare un bel sospiro di sollievo». Perché, come ha spiegato Simona: «per un concerto serve tantissima preparazione; ci si allena per mesi, e guai a stare fermi per qualche giorno. Quando finisce, sappiamo che ne è valsa la pena e possiamo rilassarci».
Guardavo questi splendidi ragazzi, dotati di grande intelligenza e di straordinaria sensibilità, e pensavo agli adulti che diventeranno, adulti di cui andare fieri.
Quella con loro è stata una delle chiacchierate più piacevoli che io abbia mai fatto, e mi ha lasciato con la consapevolezza che fino a quando ci saranno bambini come Paolo, Simona e  Claudio (e relativi genitori) non ci sarà davvero da preoccuparsi per il nostro futuro.


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