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FRANCO MEZZENA/La musica che gira intorno

Pubblicato da: Categoria: COVER

13
MAR
2015
Da Trento a Taranto passando per i palchi più prestigiosi d’Europa. Il celebre violinista si racconta in una chiacchierata fra trentini e parla della sua “creatura”: un posto dove fare musica a tutte le età
 
Per poter parlare con il violinista Franco Mezzena ho chiamato il suo ufficio stampa, e chiesto se fosse possibile fissarmi un appuntamento con il maestro: «Scopo dell’incontro?», mi chiede gentilmente la segretaria. «Una chiacchierata tra trentini», è stata la prima risposta che mi è venuta in mente. Dopo un attimo di silenzioso imbarazzo, non sentendo giungere nessuna risposta, ho precisato che era mia intenzione incontrare il maestro per una chiacchierata e un’intervista. La comunicazione è proseguita con altre poche frasi, tra queste che il maestro Mezzena al momento si trovava fuori sede. Dopo i formali saluti, poco convinto di poter incontrare il maestro Mezzena e risentire ancora la sua segretaria, chiusi con un velo di delusione la comunicazione. Le mie perplessità vennero però subito smentite nel pomeriggio, quando il cellulare squillò e una voce annunciava: «Sono Franco Mezzena». Il maestro era in macchina e stava tornando da Savigliano dove, nei giorni scorsi, in occasione della Giornata della Memoria, aveva partecipato, quale solista, accompagnato al pianoforte da Stefano Giavazzi, al concerto "Musica Degenerata", eseguendo melodie di C. Bloch, A. Pärt, E. Shulhoff , con testi tratti da "Il Ghetto di Varsavia" di Mario Lattes. 
Dopo averlo ringraziato per la premura, ci siamo soffermati a parlare un po’ dei nostri trascorsi trentini; della mia intenzione di incontrarlo e di conoscerlo personalmente. Ci siamo congedati con l’impegno di vederci al più presto a Taranto. La sua seconda telefonata giunse puntuale dopo qualche giorno, e così ci siamo dati appuntamento presso l’Accademia Mezzogiorno Musicale di Taranto, da lui fondata. «L’appuntamento lo fissiamo per le ore 11:15, alla fine delle lezioni», mi dice congedandomi. Alle 10:50 del giorno fissato, avevo già parcheggiato la mia automobile su via Lucci Marini a San Vito, e pazientemente stavo attendendo che arrivasse l’ora stabilita. Dopo pochi minuti vidi aprirsi il cancello dell’Accademia e dei ragazzi uscire con i loro strumenti riconoscibili attraverso le custodie che portavano sotto il braccio o sulla spalla. Uscirono anche dei bambini molto piccoli, accompagnati dalle loro mamme. Quando ci siamo incontrati e salutati, la mia prima curiosità è stata quella di chiedere, con impercettibile ironia, lo ammetto, se quei bambini così piccoli erano anche loro allievi. «Certo - ha risposto - dai due, tre anni in su iniziamo a insegnare loro le prime nozioni musicali, ma soprattutto cerchiamo, facendolo passare per un gioco, di avvicinarli allo strumento che più li attira. Così, con naturalezza, senza forzature, iniziano ad appassionarsi ad uno strumento musicale. Attualmente seguiamo una cinquantina tra bambini e ragazzi, che per la prima volta si stanno accostando alla musica e a uno strumento musicale. Poi, naturalmente, formiamo anche i più grandi, quelli che già studiano uno strumento. Con la nostra guida li aiutiamo ad apprendere, migliorare e a volte correggere il loro modo di usare lo strumento. Per seguire i nostri stage di perfezionamento e formazione, ci sono giovani musicisti che arrivano anche dall’estero, persino dal Giappone e da altri paesi asiatici. Noi provvediamo ad ospitarli avendo delle convenzioni speciali con dei B&B della zona».
 
Questi bambini così piccoli sono figli di musicisti? Di appassionati di musica?
«Non sempre. La stragrande maggioranza dei bambini sono figli di gente che ha tutt’altri interessi, ma che desiderano dare una cultura musicale ai loro figli, avvicinarli ancora in tenera età ad uno strumento musicale».
 
La scuola offre l’insegnamento di quali strumenti?
«Di tutti gli strumenti musicali. Dal violino al pianoforte, dai fiati alla batteria. Tutti».
 
Ha risposto sorpreso, alla mia banale domanda. Abbiamo cominciato poi a parlare di lui, dei suoi esordi, della musica classica e in particolare della sua passione per il violino.
Figlio d’arte. Il padre Bruno, ora ottantottenne, è stato direttore del Conservatorio di Trento e direttore dell’Accademia Musicale Pescarese fino al 2011. È ancora regolarmente invitato a far parte delle giurie di concorsi nazionali e internazionali e a tenere corsi di perfezionamento. Il Presidente della Repubblica gli ha conferito per meriti artistici l’onorificenza di Commendatore. Attualmente è Presidente onorario dell’Accademia Mezzogiorno Musicale di Taranto.
Maestro, cosa si prova a suonare uno Stradivari del 1695?
«L’emozione è grande, perché è uno strumento che può valere anche 12 milioni di euro. Ma più che Stradivari ora bisognerebbe chiamarli con il nome dei loro nuovi proprietari: i nomi delle banche che li possiedono». 
 
Lei, abitualmente, che violino usa nelle sue esibizioni e concerti?
«Io di solito uso due violini. Uno del 1998, costruito a Treviso da Giovanni Osvaldo Fiori e l’altro costruito nel 2011 a Ceglie Messapica, dal liutaio Giuseppe Leone. Un vero maestro nel suo genere. Unico direi».
 
Una curiosità: quanti chilometri fa con la macchina in un anno?
«Le trasferte lunghe naturalmente le faccio in aereo, ma in macchina faccio circa 60/70 mila chilometri l’anno, e per questo la cambio quasi ogni due anni».
 
Nei sui concerti in Italia e all’estero, riscontra interesse da parte dei giovani verso la musica classica? 
«Non molto, in verità. Una volta Salvatore Accardo, dopo aver dato un’occhiata al pubblico in platea, si accostò e mi disse sottovoce: guarda, hanno tutti i capelli bianchi».
 
Si dice che nel pianoforte le note siano lì, basta pigiare i tasti e loro escono fuori. Nel violino invece le note bisogna andarle a cercare, formarle. Molto più difficile? 
«Forse all’inizi sì. Ma poi, se veramente ami lo strumento, le note sgorgano naturalmente anche dal violino».
 
Secondo lei c’è la possibilità che nascano ancora talenti come Mozart?
«Difficile dirlo. Mozart era un genio, forse un “extraterrestre”. Scriveva direttamente, senza mai apporre correzioni. Le sue opere scaturivano di getto, già elaborate nella sua mente, non faceva altro che trascriverle sullo spartito. Un genio appunto».
 
I conservatori sono frequentati da giovani appassionati che sperano di poter intraprendere in futuro la carriera musicale. Ma quante possibilità hanno?
«A questa domanda, purtroppo, no so rispondere. Basti pensare che i Governi e gli enti territoriali, quando devono economizzare, procedere a dei tagli o ridurre i costi, iniziano sempre dalle fondazioni musicali o liriche; a togliere i fondi ai musei, teatri. Alla cultura in genere insomma. Senza tralasciare naturalmente i tagli alla sanità e alla sicurezza».
 
Lei è il presidente dell’Accademia Mezzogiorno Musicale di Taranto. Fondata con sua moglie. Ha mai usufruito di finanziamenti pubblici?
«La mia Accademia si sostiene con gli sforzi che facciamo ogni giorno. Per la tenacia di mia moglie e mia, perché crediamo in ciò che facciamo. Perché riteniamo giusto trasmettere il nostro bagaglio, basato su anni e anni di studio e professione, ai tanti ragazzi che credono ancora nella musica. A quelli che vengono qui fiduciosi noi offriamo un sogno: imparare a suonare uno strumento musicale. Ma non solo, diamo la possibilità di crearsi un avvenire fuori dagli schemi lavorativi, svolgendo una professione che prima di essere un lavoro deve diventare una passione».
 
Oltre l’Accademia, l’insegnamento degli strumenti musicali, ha altri impegni?
«Io sono naturalmente impegnato, con il mio violino in esibizioni, concerti e manifestazioni, in Italia e all’estero per diversi giorni l’anno».
 
E a Taranto ha in programma qualche esibizione? Quando potremmo vederla in una delle sue performance a Taranto o in provincia, senza doverla rincorrere per mezzo mondo?
«In aprile abbiamo in programma delle esibizioni per la Marina Militare e l’Aviazione Militare, ma per queste le date sono ancora da definire».
 
Come mai ha scelto Taranto per fondare la sua Accademia?
«Semplice: mia moglie è di Taranto. Poi le premesse c’erano tutte e i risultati sono stati raggiunti: molti giovani, magari con pochi mezzi, che prima non potevano accostarsi all’apprendimento musicale, ora possono farlo».
 
Vuole dire lei una cosa che io ho dimenticato di chiederle o che vorrebbe le fosse stata chiesta?
«Chi, come me ama la musica e la melodia, in tutte le sue forme, sfaccettature e varianti, preferisce esprimersi con lo strumento. No. Penso che la nostra sia stata una bella chiacchierata, quasi una rimpatriata tra conterranei. A Trento sono nato, cresciuto e ho studiato, ma da tre anni sono qui a Taranto, che trovo una città bellissima, aperta ed accogliente. Certo con i suoi problemi, ma mi creda, io che giro e viaggio molto, posso assicurarle che i problemi non si differenziano tanto da altre realtà italiane. Taranto, nonostante tutto, resiste e reagisce bene agli scossoni della deflazione. Poi, a differenza di Trento a Taranto c’è il mare e mio padre, che vive qui con me, è rimasto affascinato dal clima, dalla luce e appunto dal mare».
 
 
 


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