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Marcello Piras/ In nome del jazz

Pubblicato da: Categoria: COVER

17
APR
2015
I più preferiscono suonarlo, in pochi lo raccontano, solo uno ne sfata il mito e riporta alla luce ciò che un secolo di questo genere musicale ha seminato sul proprio cammino. Un piccolo miracolo in zona Franca fatto da chi di musica se ne intende
 
E’ noto al grande pubblico, l’inestimabile lavoro di Marcello Piras nell’ambito dello studio del jazz e delle musiche nere; di conseguenza sfugge il pretesto di ignorarne il riconoscimento storico nella città, quella di Martina Franca, che valorizza la caratura mondiale di una personalità così prestigiosa e protagonista lunedì 20 aprile di un imperdibile evento che avrà luogo nella sala consiliare del Palazzo Ducale. Una conferenza, che “Racconta il jazz” per l’esattezza; un’occasione di confronto atipica, nel mondo delle carovane trainate dal “successo per il successo”, che vanta il coordinamento dell’Assessore alla cultura prof. Antonio Scialpi. 
Perché raccontare il jazz è cosa in disuso, un po’ come suonarlo, se si preferiscono le falsificazioni legate agli strascichi storici cui  molti soccombono per cercare conforto e per ricreare, nell’immaginario comune, l’idea di un mondo infiocchettato in cui il mito prende il posto della realtà; mancando il presupposto “fondante” dell’essere “nella” cultura attraverso una lente d’ingrandimento del mondo che distorce i molteplici livelli d’informazione cui l’uomo medio è sottoposto, la valida alternativa è quella di assumersi delle responsabilità, a costo di deludere, e dire ciò che si avvicini maggiormente alla verità: compito dello studioso, dunque, sfatare il mito e riportare alla luce ciò che un secolo di jazz ha seminato sul proprio cammino. Molteplici strade a disposizione, un paio di alternative: raccontare il jazz dalla parte del romanziere squattrinato che fa prosperare miti, nati e fioriti nel contesto americano e dei suoi ideali indissolubili o raccontare il jazz dalla parte dello studioso che prende coscienza di quello che l’arte nel duemila quindici può solo veicolare: la verità, al bando l’estetica. E’ così che dalle vette della popolarità commerciale si giunge agli abissi sondabilissimi dell’inclassificabile metro di paragone che qualifica la materia storica, priva di feticismi, e che informa l’ascoltatore, quasi il fatto “in sé” schiuda un significato aggiuntivo rispetto alla menzogna la quale, nel migliore dei casi idealizza, nel peggiore disinforma, togliendo al fascino della questione un’identità originaria che è possibile sottrarre, paradossalmente, al pubblico. Questo e altro potrà essere svelato da un grande studioso del nostro tempo, in una città del nostro secolo, bella da morire sia chiaro, che conserva alle volte un fascino liceale ancora da violare, inviolabile e tuttavia provinciale. Nella provincia e così sia, nella comunità altrettanto sia l’innegabile possibilità di dire francamente “pane al pane e vino al vino” e far riscoprire quello che il dilettante immolatosi “in nome del jazz” ha sacrificato nel percorso verso l’autocelebrazione e quello che la dimensione spirituale di ogni essere umano auspica, nel recupero di uno spazio interiore, previo disconoscimento storico, ancora da conquistare. Una conquista comunitaria, imminente e costellata d’immagini, musica e percorsi personali, sofferti in buona parte, che un grande maestro avrà l’ardire di mettere insieme per spronare la coscienza a uscire dalla provincia e, per una volta, legittimarsi nel mondo; per l’uomo. 
Un piccolo miracolo, reso possibile da quelli che ancora credono, in zona Franca, nella potenza dell’intelligenza che scavalca i limiti d’età, d’estrazione, d’opinione e avvicina le persone che amano condividere l’amore supremo per la conoscenza, mettendo da parte le rivalità del buon vicinato e valorizzando un’ulteriore prova contingente: l’anteprima mondiale del libro “Dentro le note. Il Jazz al microscopio” (Marcello Piras - Arcana editore) che il maestro introdurrà quale ultima, calzante, guida analitica alla comprensione del linguaggio jazz.
 
 


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