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Martina Franca - Martino Liuzzi/ Per fortuna ci sono le capre

Pubblicato da: Categoria: COVER

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GIU
2015
Secoli di disinformazione alimentare hanno portato al progressivo aumento di patologie nell’uomo moderno. Ma esiste una soluzione che coniuga la salute ai piaceri del palato, senza pagare costose sedute di psicoanalisi. Ce ne parla il genetista e nutrizionista martinese che ha aggiunto un nuovo capitolo alla storia del gelato e non solo
 
Gola o salute? Acquolina in bocca o stopposi rimorsi che proprio non si riescono a mandar giù? Scegliere è dovere e allo stesso tempo libertà, ma in questo caso appare inutile oltre che dannoso. Una corretta alimentazione non è sinonimo di insipido, e la bontà di un pasto salutare passa semplicemente attraverso la conoscenza dei grassi che contiene. Esperto in genetica e ricercatore nutrizionista, il Professor Martino Liuzzi, elogia la dieta mediterranea autentica «che parte proprio da Martina Franca», sua città d’origine e vero patrimonio della gastronomia italiana. Al vegano che porge la guancia smunta e olivastra, per la conseguente perdita di massa muscolare, Liuzzi regala lo spintone morale dell’energetico e sano pane al pomodoro, condito dalla pietra filosofale dell’alimentazione: il latte di capra. Andiamo quindi alla scoperta, grazie alle interessanti rivelazioni del Professore, dei cibi che aiutano ad amare più noi stessi e il nostro corpo, donandoci il sorriso.    
Lei Professore è da tempo impegnato nella ricerca e affermazione del latte di capra e dei suoi benefici rispetto a quello vaccino. Quando e come esattamente, nella sua carriera di ricercatore in alimenti e nutrizione, le è apparso il deus ex machina del latte caprino?
«Pare che nella mitologia il latte di capra abbia nutrito Giove bambino, e il latte di capra sia stato l’unico alimento nell’area mediterranea che abbia sostenuto la crescita delle popolazioni. Secondo un ricercatore Dallas Svallow della University College di Londra la carenza di lattasi, enzima che scinde il lattosio in due zuccheri semplici, glucosio e galattosio, è tipica in tutte le  aree dove non veniva utilizzato il latte vaccino. Il consumo di latte vaccino ha portato alla prima selezione del gene che permette la produzione di lattasi. Anni addietro si parlava genericamente di Intolleranza al latte senza specificare l’intolleranza al lattosio e l’allergia al latte vaccino. Dopo diversi studi si è potuto delineare che l’intolleranza al lattosio è una reazione dovuta alla perdita di lattasi. Il consumo costante di latte permette di ripristinare e mantenere costanti i livelli di lattasi; l’allergia alle proteine del latte vaccino comprende una risposta clinica dovuta a tre differenti meccanismi immunitari. Le proteine contenute nel latte vaccino sono più di 20, ma quelle dotate di maggior potere allergizzante sono la lattoglobulina, che non è presente nel latte materno, la caseina e la sieroalbumina bovina. Il latte di capra si avvicina notevolmente al latte materno come anche il latte di asina. Il latte di capra a differenza del latte vaccino non contiene lattoalbumina, è caratterizzato dall’assenza delle proteine alfa S1, presenta una ridotta dimensione dei globuli di grasso, e in esso di evidenzia l’azione dei grassi saturi a corta catena che sono stati definiti “gli spazzini del colesterolo”. A questo va aggiunto che in letteratura scientifica non ci siamo mai trovati di fronte casi di capre affette da tumore».   
Cosa significa per Lei “ricerca” e in quale nazione ha trovato una maggiore accoglienza, da questo punto di vista?
«La ricerca è insita in me dai tempi del liceo che frequentavo a Martina Franca. Sono partito da Martina Franca e ad Ancona ho frequentato gli studi in Medicina presentando nel 1975 una ricerca in Genetica Medica che ha determinato un avanzamento e una crescita degli studi in Genetica. Le nazioni che mi hanno circondato sono state l’Inghilterra, dove tramite il consolato Inglese a Firenze, ho portato avanti dei rapporti con la casa madre Delamere Dairy e poi l’America. In Italia una grossa azienda che diffuso la cultura del latte di capra è stata l’Amalattea di Roma».
Sono molto interessanti i richiami storici a questa ambrosia casearia, che Lei non manca di citare nei Suoi articoli sulla rivista Pasticceria internazionale (Chiriotti Editori). Come può un alimento così antico come il latte di capra, già noto agli Egizi e ai Romani, faticare ancora oggi a essere un must nel mercato alimentare?
«Il latte di capra è uno tra i prodotti più straordinari, che la natura ci abbia potuto donare. Provate a bere d’estate un bel bicchiere di latte fresco e vi sentirete meglio. È un latte che sazia. È leggermente salato e presenta un caratteristico odore “ircino” dovuto agli acidi grassi in esso contenuti. Gli acidi grassi più importanti nella loro azione antiteratogena sono Cisteina e acido linoleico coniugato (CLA). Un esempio che corrisponde a queste caratteristiche, è la capra verzaschese: rude, selvaggia  e ricca di elementi positivi».
È quindi possibile, sfidando le leggi terrene delle intolleranze, unire salute e piacere del palato? Quali progetti quindi, portate attualmente avanti e in quali strutture?
«Fermo restando che tutti noi siamo intolleranti al latte vaccino e manteniamo il livello di lattasi consumando quotidianamente latte o suoi derivati, ci tengo ad avvertire i genitori o chi per loro, che devono prestare attenzione a rispettare le regole dello svezzamento del bambino che non può avvenire prima dei sei mesi di vita, in quanto l’organismo non ha sviluppato il sistema immunitario necessario a riconoscere il lattosio, le proteine del latte vaccino, e il glutine annoso, problemi della inevitabile e futura celiachia. Si possono utilizzare i derivati del latte di capra nei pregevoli formaggi caprini, nei gelati e dolci creati con burro di capra. Questo burro digeribilissimo è di un colore bianco latteo per effetto dell’assenza del Beta carotene. A un bambino si può dare un piatto di tortellini alla panna, sostituendo la panna con burro di capra e farina. Rimane decisamente molto più leggera. I progetti futuri riguardano un progetto pilota rivolto alla introduzione a fine pasto del gelato artigianale e dei dolci in corsia ospedaliera specialmente mirati nella nutrizione oncologica, nelle forme gravi di disfagia, e nei reparti di geriatria. Questa lotta è in grado di promuovere la sana nutrizione, rimanendo legati al nostro territorio».
Il 21 dicembre 2012 il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha vietato nel suo Stato la vendita della nota Coca Cola che con i suoi coloranti e additivi, provocherebbe patologie tra cui cancro, infarto e ictus. Gli effetti cancerogeni delle note bevande zuccherine, sono noti da oltre cinquant’anni. Quali misure secondo Lei, si potrebbero adottare in Italia, per contrastare la vendita del cancro in lattina?
«Oggi siamo quello che mangiamo. Dobbiamo prestare molta attenzione alla scelta dei cibi che il mercato ci offre e ridefinire la scelta del mercato. Io posso tenere una conferenza a 100 persone. Uno spot televisivo arriva a milioni di persone. È indubbiamente una lotta impari. Ma il vantaggio di scrivere su alcune riviste, di aggiornare i pasticcieri, i gelatieri, i panificatori nella scelta delle materie prime, sicuramente porta a fare una differenza qualitativa. Abbiamo bisogno di divulgare nelle famiglie la corretta nutrizione. Quella bella fetta di pane con olio e pomodoro. Bei ricordi che non dimentico… Non dimentichiamoci  di prestare attenzione ai famosi grassi vegetali idrogenati, non dimentichiamoci di camminare, di vivere all’aria aperta, di saper cucinare una bella bistecca come anche di saper mangiare una buona pasta e fagioli o pasta e ceci. Sì perché solo pasta non va bene, solo fagioli o ceci non vanno bene, ma insieme riescono a far sì che si integrino gli elementi in esso contenuti».
Nel suo percorso di vita  si è completamente dedicato alla ricerca e all’insegnamento. Quali sono le reazioni dei giovanissimi alle Sue rivelazioni e qual è il rapporto tra informazione alimentare, adulto e bambino? 
«Da anni vivo insieme ai giovani. Con loro non invecchio mai. Vedere crescere un giovane sia che vada a fare il gelatiere o pasticciere o che abbia conseguito il massimo di voti in una tesi di specializzazione in scienza dell’alimentazione, per me è un’emozione unica. Il bambino è quello che ti segue più di tutti. Loro sono dei messaggeri e degli equilibratori familiari. Se parlo con i bambini, questi poi impongono ai genitori il cambio di vita alimentare; il giovane è straordinario perché si lascia trasportare nel mondo della conoscenza e dell’applicazione. L’adulto si rammarica di non avermi conosciuto prima».
Come si inserisce nel rapporto qualità-prezzo, il latte di capra? È effettivamente alla portata di ogni tipo di consumatore?
«Il latte di capra si trova in tutti i negozi specializzati e in tutti gli ipermercati. Ed è alla portata di tutti anche per il prezzo».
Sarebbe interessante sapere cosa pensa dei nuovi “tormentoni dietetici” moderni: vegani, vegetariani, “soyani” e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di mode di costume o esiste una qualche verità d’efficacia, a riguardo?
«Premetto che queste mode sono delle filosofie del mondo moderno che porterà sicuramente a riempire gli studi dei dietologi, degli psicologi e sarà un grave danno per la nostra società e per la nostra tradizione culturale enogastronomica, oltre che per la nostra economia. Una giovane tecnologa alimentare si era permessa di dire che essere vegetariani è una scelta di vita e su questo non mi pronuncio. Ma che non mi si venga a dire che dobbiamo svezzare i bambini con i vegetali facendogli perdere delle componenti importanti per la loro crescita. Questo lo ritengo una esagerazione».
Cosa pensa del TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e sugli Investimenti – nota per il lettore)? Saranno realmente rispettate le norme sanitarie di import ed export del mercato alimentare, o al contrario, ci saranno ancor più rischi di contaminazioni?
«Ritengo che sia un grave errore sottoporsi a dei dettami che arrecano un declino o peggio, una limitazione alla nostra creatività o inventiva. Di questi dettami ne siamo pieni: abolizione della pizza italiana, dei forni a legna, della mozzarella imbustata, delle bibite già citate etc… Il nostro disciplinare per la sicurezza alimentare è il migliore al mondo. Le grosse compagnie pensassero a togliere le norme approvate dal Parlamento europeo in cui viene data autorizzazione a fare entrare nei mercati, alimenti con grassi vegetali idrogenati senza essere dichiarati, oppure presenza di collageni provenienti da merluzzi canadesi modificati geneticamente, anche in questo caso senza essere dichiarati in etichetta. Questo è grave e vergognoso».
Il 12, 13 e 14 giugno si svolgerà la sesta edizione del Festival del Gelato Artigianale ad Agugliano (AN), di cui Lei è presidente. Ce ne vuole parlare? Quali sono i vostri obiettivi in termini anche formativi, rispetto ai giovani pasticcieri partecipanti?
«Sì, è una manifestazione creata sei anni fa che ha portato alto il nome ed il prestigio del vero Gelato Artigianale Italiano e con esso il territorio e i suoi prodotti. Ci sono 30 gelatieri selezionati provenienti da tutto il mondo che porteranno le loro novità in un contesto di gioia, vita, allegria, musica, spettacoli, conferenze, etc. É un momento unico che ci impedisce di accontentare tutte le richieste di chi vuol partecipare. Lo scorso anno abbiamo avuto la presenza di circa 50.000 visitatori. Assieme a questo Festival del Gelato Artigianale, è nato anche il Centro Studi Universitario del Gelato che mi permette di fare ricerca sui prodotti legati al territorio assieme ai docenti ed ai ragazzi della facoltà di Agraria e di Scienza dell’Alimentazione. Oltre al Latte di Capra ho portato avanti ricerche e consulenze sullo zucchero cristallino d’Uva per conto della Eridania associata alla NAturalia Ingredients di Mazara del Vallo, ove è sorto l’unico impianto al mondo di raffinazione di mosto d’Uva, inaugurato tre anni fa».
Ma Lei Professor Liuzzi, cosa voleva fare da grande? 
«La domanda giusta è: “cosa vorrò fare da grande??”. Il futuro …mi lasci controllare l’agenda (ride, ndr). Il futuro mi porta a curare il Centro studi Universitario del Gelato legato alla Facoltà di Agraria di Ancona. Alla formazione dei giovani allievi. Alla realizzazione tramite l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI) di cui faccio parte, di fattibili miglioramenti nella nutrizione ospedaliera associata alla tutela ed al rispetto per il paziente. A trasmettere costantemente i dettami dei miei genitori e di una cultura ricca di tradizioni come Martina Franca, che mi ha portato a girare il mondo portandomi sempre dentro i profumi dei boschi delle Pianelle e dello scirocco che avvolge Martina nei periodi invernali. Tutto questo mi ha permesso di vivere attimo per attimo una vita ricca che va solo donata agli altri, affinché  possano capire i valori del nostro passato». 
 


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