MENU

Franco Speciale/Pino, suoniamo insieme?

Pubblicato da: Categoria: COVER

11
GEN
2013

Dopo l’uscita del nuovo disco “Made for that”, il jazzista martinese ci parla del “fatto apposta”, dei suoi progetti e dei suoi ultimi lavori. E intanto lancia un appello…

 
Un treno in corsa. Così definirei l’inarrestabile Franco Speciale, musicista martinese di grande talento ed esponente del gipsy jazz, uno stile particolare che sta avendo un importante riscontro nel panorama internazionale. Qualche mese fa, su queste stesse pagine, Franco ci ha raccontato della sua formazione, del coraggio che ha avuto nell’inseguire i propri sogni, nel lasciare un lavoro sicuro e stabile per fare della sua più grande passione la sua vita. Oggi, ci dà la conferma di come le scelte dettate dal cuore siano sempre quelle giuste. Ha collaborato con i più grandi cantanti e musicisti internazionali, ha fatto uscire un disco dietro l’altro e a breve ne firmerà uno che sia esclusivamente suo. Lavora nella sua scuola, la “Nota bene”, e si diverte a suonare i più grandi successi di Luciano Ligabue con la sua più che collaudata coverband, i “Libera nos a malo”. Cosa potrebbe chiedere di più un musicista così affermato? Magari di lavorare con un certo cantante…
Franco, il tuo 2012 è stato un anno ricco di soddisfazioni. Se dovessi elencarne una in particolare quale sarebbe?
«Senza ombra di dubbio l’uscita del nuovo disco, nato dalla collaborazione tra i Binario Swing (trio di cui faccio parte insieme a Umberto Calentini e Teodoro Carriero) e il grande Dario Pinelli, il quale nonostante la giovanissima età ha ottenuto enormi riconoscimenti in campo internazionale. È originario di Manduria, ma si è formato a New York e ha un curriculum straordinario. È un artista sensazionale di cui nutro molta stima, al punto che i Binario Swing non hanno più alcuna intenzione di fare a meno di lui. Il nostro nuovo disco, “Made for that”, è un lavoro a cui tengo tantissimo e sono estremamente soddisfatto. L’ultimo brano, “One by one” ha ottenuto nel giro di pochissimo tempo più di duecentomila visualizzazioni su Youtube, e si è piazzato secondo nelle classifiche, subito dopo Fiorello. Mica male, no?».
“Made for that”, bel titolo; ma non posso fare a meno di chiederti: made for… what?
«(ride, ndr). Il titolo si riferisce a un modo di dire tipicamente pugliese che si usa quando non si ha voglia di chiamare un oggetto con il proprio nome, per distrazione, fretta o lapsus momentaneo. Pertanto si utilizza un termine generico che prende il posto di qualsiasi denominazione: u’ fatt’appost!! “Il fatto apposta” è l’oggetto per eccellenza. Per questo disco abbiamo voluto portare, dunque, un pizzico di Puglia in un ambito più vasto, più internazionale. Da qui la scelta di tradurlo in inglese. Magari d’ora in poi a Martina Franca diranno: “mi passi il made for that?”».
E la collaborazione con Dario Pinelli, invece, come è nata?
«Direi per caso. L’ho contattato in un momento in cui mi ero liberato di alcune situazioni e avevo bisogno di qualcuno che assecondasse i miei gusti, che capisse il mio modo di fare musica. Qualcuno in grado di comprendere le mie esigenze. E l’ho trovato in Dario, un ragazzo di grande talento che ha le mie stesse inclinazioni musicali».
Quanto sono importanti le collaborazioni in campo musicale?
«Tantissimo. Anzi, direi che sono fondamentali. Nel mercato discografico, purtroppo, ci si riesce a imporre soltanto come cantante. Chi vuole intraprendere quel tipo di carriera può lavorare da solo, ha bisogno soltanto della sua voce e di una casa che lo produca. Diverso è il discorso del musicista, il quale deve necessariamente avvalersi di collaborazioni per arricchirsi professionalmente».
E in quel caso, suppongo che le alchimie giochino un ruolo fondamentale.
«Assolutamente. E l’alchimia si crea nel momento in cui si va nella stessa direzione, si ha il medesimo gusto musicale e pertanto si è in grado di comprendersi l’uno con l’altro e di rendere la collaborazione fruttuosa. Nel mio caso, so di poter lavorare con grandi professionisti del gipsy jazz, che come ho spiegato già in passato, è una branca del jazz con forti radici gitane, le quali rendono l’ascolto più dinamico e dunque più facile. Accomunati dall’amore per questo stile, io, gli altri membri dei Binario Swing e Dario Pinelli, non abbiamo fatto altro che mettere insieme le nostre conoscenze e migliorarci reciprocamente».
 
A proposito di collaborazioni, hai lavorato con artisti di fama internazionale, tra cui Ron e Fabio Concato. C’è qualcuno con cui, invece, sogni di collaborare in futuro?
«Sono stato fortunato, è vero, perché ho avuto modo di conoscere tanti big della musica. Tuttavia, sogno di lavorare un giorno con Pino Daniele. Sono cresciuto ascoltando i suoi dischi, dunque sarebbe davvero un grande privilegio per me. Magari gli lancio un appello sulle pagine di Extra!».
 
E noi glielo faremo pervenire. Non molto tempo fa hai lavorato anche con Camillo Pace, una vecchia conoscenza di Extra.
«Camillo è stato uno dei miei primi allievi. È un musicista che apprezzo tantissimo e con il quale ho collaborato diverse volte. La scorsa estate lui ha avuto molto successo con il suo singolo “E allora balla”: un traguardo meritatissimo, al quale spero ne seguiranno numerosi altri».
Immagino che sia stata una grande soddisfazione anche per te, che sei stato il suo maestro.
«Un’immensa soddisfazione. La sua “vittoria” la sento anche un po’ mia, perché vedo in lui un pizzico di me. È come se fosse la mia proiezione, e mi piace pensare di far parte di quel successo. Inoltre è appagante per un insegnante sapere che si sta lavorando nella maniera giusta, che si sta seminando bene e che il metodo utilizzato porta a risultati positivi. Credo sia il massimo obiettivo di ogni maestro».
Sei molto dedito al tuo lavoro di insegnante. Lezioni, dischi, concerti… come riesci a coordinare tutto?
«Non è facile, ma è la mia vita, la mia più grande passione. La mia scuola “Nota bene”, che ho aperto nel 1994 è il mio punto fermo, quello di cui mi è impossibile fare a meno. La didattica è un aspetto fondamentale della mia esistenza e ai miei allievi dedico la maggior parte del mio tempo. Ogni momento libero, poi, lo impiego a favore della mia musica. Quando esco, lo faccio unicamente per suonare. E mi diverto, poiché ho la grandissima fortuna di fare un lavoro che amo, che è per me dovere e piacere insieme. Non potrei chiedere di meglio».
Vedo che nella tua scuola studiano persone di tutte le età. 
«Esatto. Vi sono corsi per qualsiasi fascia. Alla “Nota bene” si rivolgono tutti coloro i quali vogliono far avvicinare il proprio figlio alla musica, ma in maniera più divertente, più giocosa e non basica. Spesso capita che un bambino che viene introdotto alla musica classica perda interesse per la disciplina, poiché l’impegno è eccessivo e può portare all’effetto contrario rispetto a quello desiderato. Nella mia scuola, invece, si punta a farlo innamorare della musica, in maniera semplice, leggera, dal momento che ha un indirizzo moderno. Inoltre, qui viene anche chi ha una formazione classica, ma vuole specializzarsi in uno stile diverso, vuole approfondire la conoscenza di un genere particolare. Insomma, è una scuola aperta davvero a tutti».
Tornando al disco “Made for that”, ci sono eventi in programma?
«Certo, sì. Continua la promozione del nostro disco, il quale è stato presentato al Gregory’s Club a Roma, uno dei più importanti locali per gli amanti del gipsy jazz. Inoltre il 3 e 4 febbraio saremo a Londra in uno dei più conosciuti club del mondo. E poi prevediamo di far tappa in Francia e negli Stati Uniti».
Avrete un bel da fare, insomma. C’è di che essere fieri.
«Direi di sì. Come sono fiero della coverband di Ligabue di cui faccio parte. Ci chiamiamo i “Libera nos a malo” e stiamo avendo grandi soddisfazioni. Ho fondato questo gruppo già diversi anni fa e il cantante, Andrea Lupoli, in Puglia è quasi più apprezzato dello stesso Luciano Ligabue. È dotato di un carisma eccezionale e sono davvero entusiasta del lavoro fatto con lui e gli altri componenti, nonostante le critiche che spesso mi vengono rivolte».
Quali critiche?
«Beh, per esempio mi si rimprovera il fatto che pur essendo un jazzista con i “Libera nos a malo” faccio rock. Ma non do alcun peso a illazioni del genere. Io sono convinto che l’amore per la musica non debba avere confini e chi si ostina a definirla e a ingabbiarla in denominazioni o etichette, in realtà si perde tantissimo. Inoltre, cimentarmi in altri stili arricchisce il mio modo di fare jazz e mi permette di sperimentare sempre nuovi metodi, nuovi suoni. Spesso, infatti, mi dicono che il mio stile non è esattamente definibile. È mio e basta. Ebbene, credo che per un musicista non ci possa essere un complimento migliore di questo».
Abbiamo cominciato questa intervista parlando dell’anno che si è appena concluso. Il 2013, invece, cosa ti porterà?
«Mi porterà uno dei traguardi a cui ambisco ormai da diverso tempo, ossia l’uscita di un disco prettamente mio. In questo progetto confluiranno tutte le mie passioni, tra cui la principale, ossia quella per il gipsy jazz. La particolarità, però, è che nonostante lo stile sia conosciuto maggiormente all’estero, il mio disco sarà quasi totalmente in italiano. È una sperimentazione che mi piace molto e che ho già fatto in passato con il blues. Ritengo che confrontarsi con i mostri sacri in campo internazionale sia inutile e che, al contrario, sia importante distinguersi e fare qualcosa di diverso. E poi, era proprio arrivato il momento di fare qualcosa di mio. Solo mio».
 
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor