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Mirella Casiello/ Io, presidente e avvocato

Pubblicato da: Categoria: COVER

10
MAR
2016
Una delle donne più potenti d’Italia è tarantina ed è un pezzo grosso, ma gentile, dell’avvocatura nazionale. Con lei parliamo di spending review, processi mediatici e turismo forense
 
 
In una città privata ormai di tutto, ciò che non manca, per fortuna!, sono le intelligenze che, fedeli alla locuzione  "nemo propheta in patria", ricevono il dovuto apprezzamento quasi sempre fuori dei confini in cui svolgono la loro vita e la loro professione. Un caso è dato, ad esempio, dall'avvocato Mirella Casiello, che dal 2014 ricopre il prestigioso incarico di presidente nazionale dell'OUA (Organismo Unitario dell'Avvocatura). Una carica elettiva che attesta il riconoscimento delle sue indiscusse capacità, diffuso a livello nazionale.
Siamo andati a intervistarla nel suo studio a Taranto. Uno studio professionale che potremmo definire "sobrio", come è di moda dire oggi, ben curato, con una particolare attenzione anche ai colori che rendono molto accogliente un luogo in cui spesso ci si reca gravati da qualche problema.
Sulla parete che accoglie la raccolta di titoli, attestati, diploma di laurea, una foto recente dell'avvocato in compagnia  del Presidente della Repubblica Mattarella. Non un poster, ma una foto di dimensioni standard che ci fa comprendere di essere al cospetto di una persona equilibrata, che ha il senso della misura.
Una donna, una mamma, una professionista che si divide tra tanti impegni. E anche il nostro incontro si consuma all'insegna della velocità per consentire alla nostra interlocutrice di andare in tribunale a svolgere la sua attività di avvocato civilista. Nel pomeriggio una lezione da tenere alla scuola forense  e poi ancora lo studio.
Chi è l'avvocato Mirella Casiello?
«Mirella Casiello sono un avvocato civilista che esercita da 20 anni la professione forense a Taranto, madre di due ragazzi di 17 e 18 anni. Sempre in prima linea, sono quotidianamente nelle aule di giustizia; temporaneamente prestata alla politica forense, ma con l'auspicio di tornare al più presto a tempo pieno nelle aule del tribunale, atteso che oggi l'incarico che ricopro mi tiene spesso lontana».
Come abbiamo già detto, Lei è presidente nazionale dell'OUA (Organismo Unitario dell'Avvocatura), una sigla importante. Ci spiega cos'è l'OUA?  Quali i compiti?
«L'Organismo Unitario dell'Avvocatura viene eletto dal congresso come stabilisce la nostra legge professionale. Il congresso nazionale forense stabilisce le linee politiche dell'avvocatura. Il congresso si compone di un numero significativo di delegati, parliamo di migliaia, e quindi  ampiamente rappresentativo. All'interno del congresso vengono eletti 88 delegati che vanno a far parte del "parlamento" dell'avvocatura. Parlamento che elegge il suo presidente. E' l'articolo 39 della legge professionale (la nr. 247) a stabilirlo. L'OUA esiste da venti anni. In origine, anno 1994, è di natura pattizia. Nasce da una volontà degli avvocati di affiancare al Consiglio nazionale forense un soggetto di natura politica.  All'interno confluiscono varie associazioni, sindacali, e di natura ordinistica. Compito è quello di dare attuazione ai deliberati dell'avvocatura. Ad esempio le scelte in tema di nuovo processo civile, maggior riconoscimento per le tariffe professionali, maggiori campi per l'esercizio della professione. Ad esempio è di questi giorni la questione delle unioni civili. In una prima stesura la autentica degli accordi economici era riservata ai soli notai, Nel testo definitivo, grazie all'intervento dell'Oua sono stati inseriti anche gli avvocati». 
Che rapporto esiste tra OUA e il Consiglio Nazionale Forense?
«Il Consiglio Nazionale Forense è un organo di natura istituzionale di secondo giudizio, e dovrebbe limitarsi ai compiti istituzionali previsti dalla legge. Negli ultimi tempi, e segnatamente in queste settimane, è evidente lo sconfinamento nella politica, e questo ci lascia perplessi. Ci fa temere che questo sconfinamento, questo tentativo del CNF di rappresentare politicamente l'avvocatura non possa che danneggiare l'avvocatura stessa. Nel momento in cui il CNF istituzione, secondo grado di giudizio, emette sentenze in nome del Popolo italiano per le questioni disciplinari, sentenze che sono impugnabili davanti alle sessioni unite della Cassazione, non può fare politica. Si tratta dell'ennesimo tentativo di accentrare la funzione politica che l'OUA non può accettare».
Veniamo ai problemi dell'avvocatura e della giustizia in generale: accorpamenti e rischio chiusura Corte d' Appello.
«La commissione parlamentare non ha ancora licenziato alcun provvedimento. In ogni caso in qualunque provvedimento sarebbero indicati dei criteri e non i nomi di sedi da chiudere. Ovviamente c'è molta preoccupazione. In Italia ci sono solo tre sedi distaccate: Taranto, Sassari e Bolzano. Bolzano come è noto è sottoposta ad una disciplina speciale (statuto autonomo). Consideriamo che  Piemonte e Valle d'Aosta hanno un asola Corte d'Appello che è a Torino; il Triveneto ha una sola Corte d'Appello che è Venezia. La Puglia ha due Corti d'Appello e una sezione distaccata. Questo nei numeri, visti da Roma, crea sicuramente qualche problema. Speriamo si salvi innanzitutto che si salvi Lecce. Chiudere Lecce vorrebbe dire la paralisi per Bari. Come OUA abbiamo chiesto una audizione alla commissione Vietti».
Tutto questo rientra nella cosiddetta spending review, ovvero taglio degli sprechi.
«Al momento non ci è dato di sapere quali reali benefici siano venuti dalla spending review, così come non vediamo alcun miglioramento in tema di tempi dei processi e recupero degli arretrati. Il Ministero non ci ha ancora fornito dati in tal senso».
La giustizia nel frattempo continua a registrare tempi biblici.
«Il rischio che corriamo è quello di rincorrere l'efficientismo a tutti i costi. Costi che ricadono sulla utenza. E' all'esame della Camera il nuovo disegno di legge sul riordino della giustizia civile: velocità a tutti i costi. E' prevista il passaggio a rito sommario  per i giudizi a cognizione piena e poi preclusioni ancora più ampie nell'appello  dove non potranno essere assunte le prove  che dovessero essere negate nel rito sommario».
Se è per questo c'è anche chi vorrebbe ridurre i tre gradi di giudizio.
«In un giudizio di buona qualità di primo grado  avrebbe anche un senso; ma a oggi abbiamo un 40% di accoglimento degli appelli! Quindi in questo momento il percorso non è ancora affrontabile».
C'è poi il problema degli organici insufficienti.
«Taranto in particolare ha subito una vera e propria fuga di personale in occasione dell'accorpamento delle sedi periferiche. In  tanti hanno preferito Lecce; per tutta una serie di rivendicazioni sindacali a dire il vero non note. Taranto non ha accorpato il personale delle sedi».
A proposito di fughe, negli ultimi tempi si assiste a una fuga dalla professione forense.
«Tanti avvocati si stanno cancellando in effetti, ma molti si iscrivono. Non è facile oggi visti i numeri significativi. Ma facciamo un'analisi di ciò che è successo negli ultimi tempi: da quando gli esami sono passati agli avvocati, quando si è pensato che gli albi fossero una sorta di parcheggio, quando si è consentito il turismo forense verso la Spagna o verso la Romania. Ricordo benissimo che quando ho sostenuto l'esame a Lecce molti colleghi hanno preferito farlo in altre sedi. Non ricordo nessuno di quelli che oggi vorrebbero ridurre il numero degli avvocati che abbia preso posizione contro il turismo forense».
Resta il problema di un numero elevato di avvocati e un esame che continua a far discutere; può essere la scuola forense uno strumento per qualificare meglio.
«Sicuramente c'è stato un corto circuito nel momento in cui l'esame è passato nelle mani degli avvocati. Sui grossi numeri si è poi creato un vero black out. Ognuno di noi ha la responsabilità delle firme che appone sui libretti dei praticanti. Io credo che la scuola si faccia a studio con il maestro seguendolo come un'ombra e affiancando una buona scuola forense d'eccellenza, come quella di Taranto, che è una buona scuola così come pensata in origine da Franco Miro. Un confronto necessario per entrare nella vita forense ma è fondamentale che ogni avvocato che prende con sè un praticante si faccia carico della sua formazione.»
Un ultima domanda: ma oggi i processi si fanno in tribunale o in televisione?
«Basta con la spettacolarizzazione! E' assurdo che la punizione sia vista come il massimo del risultato di un processo penale; viceversa un assoluzione è ritenuta delegata giustizia. C'è una grossa responsabilità di certi giornalisti ma anche di certi magistrati e di certi avvocati che si prestano a discutere i processi davanti alle telecamere. Ciò fa aumentare il senso di fastidio da parte del cittadino davanti a una assoluzione. Il nostro è un Paese di diritto; l'assoluzione non è denegata giustizia».
 



Commenti:

Achille M.G.Bruno 11/MAR/2016

Ho letto e apprezzato. Ricordo a me stesso che l'AVVOCATURA è il baluardo della democrazia di un popolo e in Italia la deriva autoritaristica pilotata dai cc.dd. POTERI FORTI è ormai un male da debellare prima che sia troppo tardi. Buon lavoro e Auguri. Non ci tradire anche tu!

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