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Angelo Mellone/ Viaggio nella ghost town

Pubblicato da: Categoria: COVER

17
MAR
2016
Con lui abbiamo parlato di politica ("Berlusconi, cavaliere triste"), della sua città ("tanto strilla quanto dimentica") e di qualche velleità ("io sindaco? Ci ho pensato") a spasso per i vicoli di Taranto. Se volete conoscerlo meglio, accendete il tv di sabato notte: ne vale la pena
 
 
 
 
L’ho conosciuto nel settembre 2015 in occasione della presentazione, in una libreria di Taranto, del suo libro “Nessuna croce manca”, il suo primo romanzo all’interno del quale disegna un ritratto del mondo dei ragazzi del Fronte della Gioventù.
Già in quell’occasione mi colpirono la sua competenza politica e la sua dialettica decisa e brillante.
L’ho rivisto, e con piacere, su Rai Uno, qualche sabato fa, in veste questa volta di conduttore durante la trasmissione “TOP tutto quanto fa tendenza”, un magazine dedicato alla moda, al costume, alle tendenze e all’eccellenza del Made in Italy.
Angelo dietro lo schermo si muove in maniera molto disinvolta, in location sempre diverse tra musei, spazi culturali, istituzionali e luoghi di socializzazione, dove il personaggio della puntata viene intervistato.
La trasmissione terminerà a fine aprile e nonostante l’orario della messa in onda sia quasi proibitivo (le 00,40 circa del sabato notte), le puntate fino ad ora hanno registrato in media più di un milione di telespettatori per serata.
Angelo viene spesso a Taranto e in una di queste sue visite decido di incontrarlo per approfondire alcuni aspetti della sua attività e della sua vita. L’incontro è in Città Vecchia, in mezzo a case vissute, alcune fatiscenti, ma ricche di storia e di angoli che decidiamo di percorrere insieme.
Mentre camminiamo attraverso i vicoli esordisce: “Amo molto la mia città, la amo come una madre, la mia madrepatria. La amo di un amore pazzo, a senso unico, un amore non corrisposto che a 18 anni mi ha messo in mano un biglietto di sola andata”. E ancora: “Taranto è bellezza enorme e bruttezza infinita, è convergenza di opposti che convivono”.
E’ un fiume in piena Angelo e allora procediamo con le domande.
Sei un personaggio eclettico: giornalista, scrittore, dirigente Rai, docente universitario, autore e conduttore in radio e in Tv. Ambizione, voglia di cambiare, curiosità… Per aiutarci a conoscerti meglio cosa aggiungeresti?
“Che amo alla follia i miei due figli, Marianna e Jacopo, che amo quasi alla follia la Lazio, che sto riscoprendo l'amore di coppia‎, che amo smisuratamente Taranto, la mia piccola patria, nonostante venticinque anni di lontananza e un accento romanizzato. Ti basta?”
13% di share e un milione di spettatori nella prima puntata; 14,3% di share e più di un milione di spettatori nella seconda puntata. Un trend in crescita per una trasmissione che va in onda in  un orario quasi proibitivo per la maggior parte dei telespettatori. Quali le ragioni di un successo così importante?
“Sai che non lo so? E lo dico da professionista della televisione. Diciamo che ogni domenica mattina mi sveglio con la strizza di ricevere brutti dati sugli ascolti... ed è la verità! Più che dare una spiegazione ora - certo, potrei dirti: una trasmissione glam e colta al tempo stesso - preferisco ‎offrirla ad aprile, quando Top invernale finisce”.
La location scelta per la registrazione della tua trasmissione è il Maxxi, un luogo magnifico interamente dedicato all’arte contemporanea, pensato come un luogo d'eccellenza della cultura nelle sue varie forme e declinazioni, che ha dato a Roma un lustro ancora maggiore. Perché questa scelta? 
“Perché Top è un programma dedicato non solo alla moda ma a tutto il made in Italy inteso come sistema culturale. Il Maxxi è uno degli avamposti del mood neo-italiano, è un luogo architettonicamente straordinario, sembra un'astronave. E le prospettive che ci regala lo trasformano in un set pazzesco in cui devi semplicemente montare luci e telecamere. Praticamente a costo zero. Contando che il budget di Top, davvero esiguo, c‎osa potevamo avere di meglio...”.
A Taranto si è deciso di trasferire altrove, dalla sua sede storica e centenaria, la Soprintendenza Archeologica. Dall’altra parte il ministro Franceschini ha messo alla guida del MarTà, il Museo Archeologico di Taranto, un direttore di altissimo livello internazionale con l’obiettivo di potenziarne la fama e portare più turismo in città. Tu hai spesso affermato che “cultura e politica camminano sempre mano nella mano”. Dobbiamo rassegnarci a questo?
“La scelta del MarTa è eccellente. La storia della Soprintendenza la trovo invece, come dire?, molto poco comprensibile, per restare educato. Vorrei capire dove sono e cosa stanno facendo gli amministratori tarantini. Io sarei già andato a incatenarmi a Roma davanti al Ministero”.
“Nessuna croce manca”. Il tuo ultimo romanzo descrive in maniera nostalgica, ma non celebrativa, i giovani di destra degli anni Ottanta. Negli ultimi decenni quali sono stati i cambiamenti più rilevanti della destra in Italia?
“Semplice: la destra, in quanto visione ideale incarnata in un partito, non esiste più”.
Terminata l’era berlusconiana, chi ritieni possa eguagliare, tra gli emergenti della nuova destra, la forza e il carisma del Cavaliere che tu hai definito in più occasioni “triste”?
“Berlusconi, per definizione, non può avere eredi. Il carisma (lui ne aveva molto e molto ne ha perso: per questo lo definisco 'triste') non è trasmissibile.‎ Ad ogni modo, Berlusconi con l'antropologia di destra non c'entra nulla”.
“La cosa che più mi sconvolge è che, ogni volta che qualcuno si sveglia al mattino e decide di parlare dell'Ilva, nessuno ricordi le centinaia di lavoratori caduti a Taranto per produrre l'acciaio italiano. Sono loro i primi da onorare, ma nessuno li ricorda, nessuno se li ricorda. Mentre gli eroi dell'acciaio meriterebbero un monumento, una targa, una strada, uno straccio di omaggio alla memoria del loro sacrificio”. Un tuo pensiero pubblicato su un social mette in evidenza l’indifferenza di una città, e di chi la rappresenta, nei confronti di un problema che da anni sta mortificando la nostra città. Solo ora però la gente sembra prendere coscienza della gravità della situazione denunciandola e strillandola in ogni dove. Dovevamo arrivare a tanto?
“I tarantini sono una razza particolare. A Piombino quando hanno spento l'altoforno si è celebrato una specie di lutto cittadino. Da noi non c'è nulla che ricordi il sacrificio di chi ha perso la vita per fare il proprio dovere, nel nostro caso quello di produrre acciaio italiano. Ma Taranto tanto strilla quanto dimentica: cosa vogliamo fare, cancellare la storia industriale della città? O inventarci la favoletta che si camperà tutti di turismo e cultura? Quando vedrò le ruspe sulla litoranea sud ad abbattere le migliaia di piccoli ecomostri ‎che deturpano la costa fino al confine col Salento, potrei cominciare a crederci”. 
Ti sei definito “figlio dell’acciaio e orfano dell’acciaio”. Tuo padre, capo dei tubifici, è morto di tumore fulminante quando avevi 14 anni. A chi denuncia ora le eccessive emissioni, i decessi e le patologie tumorali cosa vorresti dire?
“Che chiudere il Siderurgico non è la soluzione. Che bisogna lottare per avere un'industria ambientalizzata. Lo dico da quattro anni”.
Negli ultimi anni Taranto ha lasciato andar via il suo futuro, migliaia di giovani che scappano spopolando una città che tu hai definito una futura “ghost town”. A qualcuno di noi può sembrare una affermazione un po’ esagerata. Per te evidentemente non lo è. 
“Basta guardare i dati dell'economia cittadina. Le vetrine del centro chiuse. La città deserta nel primo pomeriggio. Taranto è in crisi profonda: far finta di niente non è la soluzione”.
C’è un argomento valido e convincente che possa convincere i giovani a non “espatriare” dalla propria città?
“Diventare imprenditori del rilancio tarantino, magari dopo una bella esperienza di qualche anno in giro per Italia ed Europa a farsi le ossa. Io stesso sogno di tornare un giorno o l'altro...”.
"Sembra che la natura abbia impiegato tutte le sue cure ad allestire la culla di Taranto. Si direbbe persino che, per arricchirla, abbia spogliato i dintorni". Il direttore di Studi Latini alla Sorbona di Parigi, Pierre Wuilleumier, ha definito Taranto con queste parole. Molti turisti quando vanno via lasciano testimonianze positive sulla nostra città. Perché noi che siamo nati qui non la apprezziamo come dovremmo?
“Chiedilo a chi contribuisce a renderla una città sporca, disordinata, con i cornicioni dei palazzi di tanti, troppi quartieri, che cascano a pezzi come volti rugosi di anziani. Vorrei vedere i tarantini in piazza per denunciare lo scandalo di una città che di verde pubblico ha solo la villa Peripato”.
Qualche tempo fa, nel corso di una polemica con l’attore tarantino Michele Riondino dichiarasti che se lui si fosse candidato sindaco a Taranto l’avresti fatto anche tu. Ma ci hai pensato seriamente qualche volta?
“Sì. E qui mi taccio”.
La tua trasmissione durerà fino alla fine di aprile. Quali sono i tuoi progetti futuri? Un nuovo libro? Un’altra trasmissione?
“Un libro sicuramente: il sequel di 'Nessuna croce manca' esce tra un anno esatto. Top? Vedremo. Per il resto faccio un mestiere bellissimo: inventare e produrre programmi. Su Rai1 stiamo mettendo in cantiere progetti interessanti già per l'estate. Spero di fare quello che faccio per altri trent'anni almeno”.
La nostra chiacchierata termina come anche la nostra passeggiata. Il sole è caldo, vorremmo attardarci per continuare la nostra conversazione ma un treno, l’ennesimo, attende Angelo per riportarlo a Roma. Mi assicura che tornerà presto! Intanto buon viaggio…
 
 


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