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Cinzia Tedesco/ Io, Clinton e Verdi

Pubblicato da: Categoria: COVER

18
MAG
2016
Dagli inizi nei piano bar nella provincia pugliese con il padre fino all'esibizione davanti al presidente USA. Ecco la favola di una delle più belle voci al mondo che esporta l'orgoglio italiano con il suo nuovo progetto musicale 
 
Oggi come ieri siamo abituati a non dare importanza ai piccoli segnali che vengono fuori dai comportamenti dell’uomo nella sua età infantile. Eppure si tratta di “spie” interessanti perché, se attentamente esaminate, possono condurre l’educatore (genitore o altro) sulla strada giusta.
Chi di noi, da bambino, non ha canticchiato, danzato, recitato o è stato alle prese con i disegni? Ci riferiamo proprio a questi comportamenti che, proprio come il seme che cade nel terreno adatto, diventa fertile e dà frutto a tempo debito.
La premessa serve ad introdurre il “personaggio” tarantino alla ribalta dello spazio che quasi settimanalmente Extra Magazine rivolge nella ricerca dei talenti pugliesi sparsi nel mondo.
La tarantinità appartiene certamente a chi ha i natali nella città dei due mari, ma diventa una sorta di radice della propria identità con il trascorrere del tempo.
Il personaggio del quale ci accingiamo a parlare è la cantante Cinzia Tedesco che, pur nata a Taranto, non disconosce il ruolo che ha svolto la città di Gioia del Colle durante la sua infanzia.
Quella di Cinzia è una storia bella perché semplice, perché nata e sviluppatasi nell’ambito familiare.
Le piaceva cantare da ragazzina con il padre Nicola che teneva spettacoli soprattutto negli ambienti della Marina Militare.
Si affermò e si fece conoscere interpretando le numerose canzoni della sua preadolescenza, ma il suo campo di battaglia era “New York New York”, sempre applaudita e richiesta dal pubblico che lei riusciva a trasportare nelle varie location dove si esibiva.
Poi, a piccoli passi, arrivò il successo ma il resto ve lo faremo dire direttamente dall’interessata nell’intervista che segue.
Ne avevamo avuto notizia della presenza in Puglia a causa di una sua tournèe. E’ bastato un contatto telefonico per intraprendere una conoscenza reciproca improntata alla più schietta sincerità e pregna di tanta umanità come il lettore se ne potrà rendere conto.
Buon sangue non mente. E’ proprio così. Il tuo papà Nicola, cantante, e tu sulla sua scia ma su filoni un po’ diversi…
“Ho iniziato a cantare con mio padre ed avevo 8 anni. Ricordo le serate in piano bar, matrimoni e feste private in tutta la regione. Una gavetta importante perché miglioravo cantando e le variegate esperienze mi hanno insegnato a conoscere il pubblico, capire umori, scegliere quali brani fare a seconda della situazione in cui ero e del tipo di pubblico che affrontavo. Ho dovuto così imparare tante canzoni di ogni genere, anche musica da ballo dell’epoca, ed imparare a cantare di tutto. Sempre sotto la guida di papà, voce possente e tipica della grande tradizione musicale italiana”.
Quali sono i tuoi ricordi della collaborazione con tuo padre?
“Ricordo che papà mi faceva sentire musica in macchina, durante i viaggi da Gioia del Colle a Taranto dove, nei fine settimana, andavamo per far visita ai nonni. Aretha Franklin, Tom Jones ma anche Fred Bongusto, Mina e Bruno Martino, musica sia italiana che internazionale. Io ero piccolissima e cantavo, imitando i grandi e i suoni della lingua inglese che ovviamente non capivo. E poi un giorno mi sono ritrovata a cantare nel gruppo di mio padre: una grande emozione!”.
Da ragazzina pensavi di riscuotere il successo che oggi hai raggiunto?
“Il successo non si raggiunge mai, è un percorso continuo e sempre in salita. Il mio successo vero è poter fare da sempre musica e continuare a farla, perché è un privilegio poter vivere i propri sogni. Vedere oggi che il mio Cd “Verdi’s Mood” è un prodotto Sony, major discografica mondiale, è un sogno che si realizza”.
A che età decidesti di andare via da Taranto e perché?
“A Taranto sono nata ma non vi ho mai vissuto perché ho abitato a Gioia del Colle dall’età di 4 anni. Però tutti i fine settimana erano dai nonni a Taranto: andavo a far la spesa a piazza Marconi con nonna Cenzella e d’estate capitava spesso che trovassimo il nonno ad attenderci per una granita di limone preparata nel chiosco storico all’angolo della piazza. Ricordo le passeggiate sul lungomare e i momenti trascorsi ad ammirare la meravigliosa fontana della Rosa dei Venti a Piazza Ebalia. Momenti indimenticabili. Andavo anche a casa dei nonni materni dove nonna Niddia mi raccontava storie fantastiche e mi faceva vedere i suoi pappagalli; e nonno Benito, da buon calabrese, mi ha iniziata al peperoncino di cui oggi non posso più fare a meno. Per non parlare del laghetto artificiale con le oche di Villa Peripato… ricordi di bimba. A Taranto ho mangiato le cozze crude aperte dal nonno Pierino e lavate con il limone, ho festeggiato i miei Natali, rotto tante uova a Pasqua. Taranto è la famiglia…”.
Come sono i tuoi rapporti con la città di origine?
“Taranto la vivo principalmente d’estate perchè il nostro mare è un vero spettacolo! Mi capita talvolta di venire durante la Pasqua per vivere l’emozione delle cerimonie pasquali tarantine che sono davvero uniche. Vivo Taranto da turista ‘innamorata’, perché quello che vedo in città evoca in me ricordi affettuosi”.
Ti senti più portata per il jazz o per il soul?
“Non faccio distinzione tra i generi musicali ed ascolto tutta la musica che abbia un valore artistico e mi emozioni. Ci sono grandi artisti che hanno fatto la storia della musica come Stevie Wonder, Sting, Prince, Michel Jackson; artisti non jazz in senso classico ma che con il loro essere unici e creativi hanno fatto della musica un’arte vera, liberando la loro fantasia creativa. Il jazz è una potente chiave di lettura della melodia che consente di creare e di vivere un brano, anche pop, anche di musica classica, in modo personale ed in un contesto armonico diverso dall’originale. Il jazz è fantasia e libertà espressiva, consente di raccontare storie e trasmettere emozioni purchè si sia pronti ad un ascolto senza preconcetti”.
Quali sono stati i tuoi maggiori successi?
“Se penso a quanto ho fatto sino ad ora e a come sono riuscita a coltivare la mia passione per la musica e la gioia di esibirmi in pubblico, senza mai trascurare gli studi e continuando per tanti anni a lavorare in azienda anche con ruoli impegnativi, questo è per me già un successo. Conciliare interessi, impegni, responsabilità e passioni è molto difficile se non si è molto determinati e motivati. Il successo non è in una tappa raggiunta ma nel poter seguire un percorso di vita che ti regala, di tanto in tanto, qualche bella emozione”.
Per seguire il tuo percorso professionale hai dovuto sacrificare la vita privata? E se sì, hai qualche rimpianto?
“Non ho rimpianti e non ho mai dovuto sacrificare nulla. Mi ritengo una persona fortunata perché comunque, tra gli alti ed i bassi che anche io, come tutti, devo affrontare, riesco a sognare e talvolta a trasformare qualche sogno in realtà”.
Quale ricordo hai della tua esibizione davanti all’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton?
“Ricordo un uomo empaticamente simpatico, molto attento durante il concerto e quindi rispettoso del nostro lavoro sul palco. Clinton, come tutte le persone che toccano altissimi vertici, è certamente una persona speciale ed umile: quella sera lo ha dimostrato salendo sul palco e suonando con noi il sassofono, lasciando trasparire la gioia sincera di essere li sul palco con noi”.
Sappiamo che sei impegnata socialmente in attività a favore di chi ha più bisogno. Ce ne vuoi parlare?
“Conosco tante persone che fanno tantissimo per gli altri e sono meritevoli di nota. Io faccio piccoli gesti come quello di cantare per alcune Onlus che stimo per correttezza e utilità sociale. Il 30 aprile, ¬¬ad esempio, ho cantato al “Galà delle Margherite” organizzato da una donna di grande valore, Bianca Maria Caringi Licibelli, per la raccolta fondi per l’ “Ant”. In passato ho cantato per “Mani Tese” e per la “Salvamamme-Salvabebè”, e sono stata nominata con mia grande soddisfazione ‘Ambasciatrice del Centro Pace di Assisi’. Credo che dare una mano a persone che sono in difficoltà si debba e si può”.
Quale è oggi lo stato di salute del jazz?
“Il jazz in Italia è molto seguito e cresce la partecipazione di pubblico. Sono ottimista e positiva in merito, anche perché si inizia ad apprezzare sempre di più il talento dei musicisti italiani. Per molto tempo si è guardato troppo fuori dall’Italia e troppo poco dentro casa nostra. E’ un peccato originale tutto italiano quello di considerare ‘grande’ quello che viene da fuori e non valutare le nostre tradizioni e le nostre eccellenze. Per questo ho voluto fare un progetto musicale volto ad unire musica classica e jazz, un tributo in chiave moderna a Giuseppe Verdi considerando la voce come parte integrante dell’ensamble musicale. Avvicinare la nostra potente ed amata tradizione musicale classica al jazz ha creato un ponte che avvicina gli appassionati della lirica al jazz e viceversa. Per questo motivo, in riconoscimento del valore artistico e culturale di questo progetto, “Verdi’s Mood” ha ricevuto il patrocinio del  ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo italiano. Il jazz è vivo e vitale!”.
Quali sono i tuoi attuali impegni artistici?
“Sono impegnata nella promozione di “Verdi’s Mood”, un disco Sony Classical, distribuito non solo in Italia ma anche in Europa, Giappone e Corea del Sud. Tante le interviste in queste settimane con giornali e televisioni. Colgo l’occasione per ringraziare voi che avete  voluto dedicare uno spazio importante al nostro progetto. Anche a livello nazionale l’attenzione è molta: di recente è stata pubblicata un’ampia intervista su “Musica Jazz” così come ho realizzato uno speciale curato dalla giornalista Rai Cinzia Fiorato e andato in onda su Tv7, rotocalco di approfondimento del Tg1. Anche i live non mancano: il Primo Maggio ho cantato sul palco del Teatro di Lucera per la “Giornata Internazionale del Jazz” organizzata dall’Unesco. Come sempre ho la fortuna di essere accompagnata da Stefano Sabatini al pianoforte ed arrangiamenti, Giovanna Famulari al violoncello, Luca Pirozzi al contrabasso e Pietro Iodice alla batteria, musicisti che indiscutibilmente sono da considerarsi eccellenze della musica italiana”.
Cosa bolle in pentola con una tua probabile presenza estiva nella nostra Puglia?
“Ancora non ho una data di presentazione di “Verdi’s Mood” a Taranto e sarò felice, quando accadrà, di radunare i tantissimi amici, conoscenti e fans che su Facebook mi chiedono di venire ad esibirmi dal vivo nella mia città natale. Spero di sfatare una celeberrima frase presente nei Vangeli: ‘Nemo propheta in Patria” anche se non nascondo il dispiacere di non essere in passato riuscita a calcare i palchi pugliesi come avrei voluto sebbene sia stata in contesti prestigiosi in tutta Italia tra i quali il Piccolo di Milano, Il Duse di Bologna, Il Sistina di Roma, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, il Festival di Ravello, il Rossetti di Trieste…e tanti altri.
“Verdi’s Mood” è un progetto musicale nel quale reinterpreti le liriche verdiane in forma di jazz. Come è nato questo progetto e perché proprio Verdi?
“L’idea non è nuova e non è certo mia. Molti musicisti hanno rielaborato ben prima di noi la musica classica in jazz, basti pensare alle tante rivisitazioni di Bach, Puccini ed anche di Verdi fatte da colleghi jazzisti negli anni scorsi. Nessuno al mondo però, così come confermatomi dalla Sony, aveva affrontato questo lavoro considerando anche la voce come parte dell’arrangiamento. Penso che la melodia, quando è ‘grande’, come in questo caso, possa essere trasportata in un mondo armonico jazzistico senza perdere il suo valore intrinseco. Verdi era il musicista del popolo e le arie ed i cori verdiani parlavano alle coscienze, venivano osannati in teatro e cantati nelle piazze, andando in un certo senso a costituire la "colonna sonora" del Risorgimento. Così il jazz, che nasce dalle sofferenze di un popolo umiliato che trova nel blues la sua arma di ribellione più forte. La matrice popolare di questi mondi li unisce, a mio parere, oltre ogni differenza stilistica e compositiva. E’ stato un lavoro non facile per me quello di scegliere le arie da interpretare ed i pezzi di queste arie più consoni per una rilettura e rielaborazione vocale. Cercavo una direzione vocale originale, l’interpretazione giusta per rimanere in equilibrio tra tradizione e modernità, tra la melodia e l’improvvisazione jazzistica, tra la creatività ed il rispetto per il grande maestro Giuseppe Verdi. Una direzione che ho condiviso con il pianista, compositore ed arrangiatore Stefano Sabatini il quale, con il suo gusto musicale e la sua emozionante raffinatezza e sensibilità melodica, è riuscito a cogliere il mood ed a trasformarlo in arrangiamenti originali in cui mi sono potuta esprimere come desideravo. E poi il talento della splendida Giovanna Famulari al violoncello, il suono potente del contrabasso di Luca Pirozzi, il groove unico di Pietro Iodice alla batteria hanno fatto il resto”.
La critica ti definisce una delle più belle voci jazz italiane ed elogia il tuo eclettismo e la tua capacità di prestare la voce a progetti di volta in volta diversi, dal jazz al soul, dalla musica pop al melodramma, da Bob Dylan a Verdi. Ma se dovessi scegliere una categoria tra quelle elencate quale di sicuro non abbandoneresti mai? 
“Io non abbandonerò mai la mia voglia di creare atmosfere ed interpretare come sento le melodie che avrò a mia disposizione: al di là dei generi e delle categorie che percepisco a volte essere un freno alla creatività ed un modo per mettere barriere, mi piace pensare che la musica sia un territorio libero e vitale, dove la contaminazione può creare arte e cultura”.
Se volessi ringraziare qualcuno per il tuo successo, chi sarebbe costui?
“Il mio percorso è fatto di incontri e di tante persone che mi hanno incoraggiata e sostenuta, così come osteggiata e criticata. Ringrazio davvero tutti, anche chi ha sottolineato i miei limiti e le cose da migliorare, perché anche da quello si impara; ma soprattutto ringrazio chi mi ha spronata a studiare ed a diventare una persona autonoma e consapevole, ed a seguire i buoni esempi: mia madre e mio padre”.
Una domanda che non ti hanno mai rivolto…
“Non mi hanno mai chiesto cosa amo di più…. La risposta è: mio figlio!”.
Fin qui l’intervista che serve a delineare la personalità e il percorso professionale dell’artista, ma il bello di Cinzia sta nella sua stupenda voce per cui non resta altro da fare che “tenerla d’occhio” e informare i nostri lettori quando deciderà di far ritorno nella sua terra natìa per deliziare i tarantini così come fece quando ancora non aveva chiara l’idea dello spessore professionale “in nuce” che era in lei.
 


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