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No TAP/Solo mare, sole e vento

Pubblicato da: Categoria: COVER

5
APR
2017

Costruire il terminale del gasdotto a Melpignano significa ferire profondamente quell’area, con l’espianto di oltre 200 ulivi millenari

La TAP – Trans Adriatic Pipeline prevede la realizzazione di una condotta lunga 878 chilometri che, partendo da Kipoi, al confine tra Grecia e Turchia dove si collegherà alla TANAP - Trans Anatolian Pipeline, attraverserà la Grecia per 550 chilometri, l’Albania per 215 chilometri, il Mar Adriatico per 105 chilometri e l’Italia per 8 chilometri, sulla spiaggia di San Foca, in Salento, per terminare ai confini del comune di Melendugno in provincia di Lecce. L’impianto confluirà in un’area di 12 ettari, dove sarà realizzato un PRT - Terminale di Ricezione del Gasdotto che misurerà, controllerà, riscalderà il gas naturale per poi immetterlo nella rete di Snam Rete Gas.
A sostegno di questa opera faraonica si afferma l’utilità di questo gasdotto che approvvigionerà l’Europa con circa 10miliardi di metri cubi di metano all’anno proveniente dall’Azerbaigian. Attualmente il principale fornitore è Gazprom dalla Russia. L’insediamento dell’impianto sul territorio nazionale dovrebbe produrre un gettito fiscale pari a circa 500mila euro per tutta la durata della concessione. Si sostiene anche una ricaduta occupazionale per l’intero Salento che diverrebbe il bacino di reclutamento per la manodopera da impiegare nella costruzione e nella gestione dell’impianto.
L’opera sarà realizzata da un consorzio con sede in Svizzera composto da British Petroleum per il 20%, Socar, società di Stato dell’Azerbaijan per il 20%, Statoil, società norvegese per il 20%, Fluxys, società belga per il 19%, Enagás, impresa nazionale spagnola per la fornitura di gas per il 16% e Axpo, una società energetica europea per il 5%.
Sul territorio nazionale insistono già oltre 12mila chilometri di gasdotti realizzati dopo la campagna di metanizzazione voluta da Enrico Mattei fondatore dell’ENI nel 1952. I sostenitori della TAP sottintendono che questo progetto sia una degna prosecuzione del suo operato. In realtà è un confronto tendenzioso e inopportuno sia per la differenza del momento storico che per il significato dato dal suo intervento nell’Italia del dopoguerra. Mattei fu un uomo lungimirante, che seguiva i suoi tempi e il progresso. Oggi avrebbe guardato nella direzione delle energie da fonti rinnovabili, ben oltre metano e petrolio. Fu un partigiano impegnato nella lotta antifascista che partecipò attivamente alla ricostruzione dell’Italia. Decise di risanare il settore energetico fondando l’ENI. La sua battaglia a favore dei piccoli paesi produttori di gas e petrolio e contro i monopoli detenuti dalle maggiori compagnie mondiali, le “sette sorelle”, gli procurò inimicizie nel mondo politico italiano e dell’alta finanza mondiale. Morì il 27 ottobre 1962 alle porte di Milano per il sabotaggio dell’aereo che lo trasportava. Alla sua morte seguì quella del giornalista foggiano Mauro De Mauro che indagava sull’ipotesi, poi divenuta concreta, dell’omicidio Mattei. De Mauro fu rapito nel 1970 per poi essere ucciso da Cosa Nostra dopo aver scoperto troppe verità circa il Caso Mattei stranamente intrecciato con il Golpe Borgese e le multinazionali di gas e petrolio.
Dopo la politica energetica di Mattei, seguì quella dei monopoli sulle energie che hanno condotto all’affossamento della ricerca e della diffusione delle energie da fonti rinnovabili. In questo momento il prezzo dei carburanti tradizionali è enormemente cresciuto e i governi italiani che si sono succeduti negli ultimi quarant’anni ne hanno sostenuto l’uso, favorendo le multinazionali del settore anche nella ricerca di gas e petrolio nei nostri mari e sul territorio nazionale.
E’ sempre stata esercitata la protezione, anche attraverso le Mafie, verso i produttori di gas e petrolio, per l’enorme quantità d’interessi economici legati al settore, tanto da demandare la stesura di un reale Piano Energetico Nazionale.
Anche per la TAP, le volontà governative hanno notevolmente influito nella realizzazione di quest’opera dimostrando di voler protrarre politiche energetiche che non guardano oltre la propria generazione come ai propri interessi.
C’è una vasta parte della popolazione che è notevolmente contraria a questo progetto. Si è costituito un Presidio No TAP che conta moltissime figure pubbliche appartenenti al mondo politico, quello della cultura e dello spettacolo oltre migliaia di cittadini comuni. Le loro richieste sono puntualmente ignorate e le manifestazioni, organizzate presso le aree oggetto dei lavori, sono represse con l’intervento delle forze dell’ordine.
Le loro obiezioni attestano che la realizzazione di questo intervento comporta lo stravolgimento di una vasta area del territorio salentino, anche se si parla di soli 8 chilometri di conduttura onshore e poco più di 25 chilometri offshore in acque territoriali, contro le migliaia di chilometri già presenti sul territorio nazionale.
Oggettivamente, costruire il terminale del gasdotto a Melpignano significa ferire profondamente quell’area, alterando l’intero ecosistema oltre l’assetto economico del Salento. Non è un evento naturale che porta a un normale riassetto, ma è un intervento voluto dall’uomo con le relative imperfezioni.
Quella è una regione pregna di storia millenaria scritta con forza e perseveranza dal suo popolo che ne ha custodito gelosamente il territorio. Simbolo millenario ne sono i monumentali ulivi piantati ininterrottamente dall’epoca Messapica sino ai nostri giorni. Ognuna di quelle piante monumentali rappresenta la vita e, per i pugliesi, ha un valore quasi sacro come se fosse un dono divino.
Il tracciato della TAP prevede l’espianto di oltre 200 ulivi millenari e il loro reimpianto dopo la posa della tubatura. Quest’intervento ne decreterà la loro fine così come determinerà il declino di quelle aree dedicate a turismo e agricoltura.
Oltre l’evidente sfregio perpetrato, si contesta l’ottusa e illogica politica governativa che persiste nel sottoporre il nostro Paese a una sudditanza verso le più spregiudicate e spietate lobby in qualsiasi settore economico, così come avviene per lo stabilimento ILVA di Taranto.
Chi ragiona con la mente libera da interessi, al contrario, intuisce facilmente che una nazione dotata di un inestimabile patrimonio storico, architettonico, artistico e culturale, di un variegato paesaggio costellato di magnifiche località, di un’estensione di circa 7500 chilometri di coste marittime, di una vastissima peculiarità eno-gastronomica, sia naturalmente vocata allo sviluppo culturale e artistico, al turismo, all’agricoltura d’eccellenza, alla pesca, all’alto artigianato e alla piccola e media industria per la produzione di merci tecnologicamente avanzate e di elevato livello qualitativo. La giusta formula per un adeguato sviluppo economico e sociale.
Un paese dove sole, mare e vento caratterizzano il territorio per l’intero anno, deve sfruttare queste inestimabili risorse naturali per la produzione di energie, rendendo l’Italia libera dalle dipendenze energetiche imposte dalla classe politica che è più capace a prostrarsi ai poteri economici che ascoltare le esigenze della popolazione.
E’ difficile prevedere quali saranno le evoluzioni o le involuzioni di questa vicenda legata alla TAP, ma in assenza di una sana e risolutiva azione politica, è intuibile che i lavori per il Corridoio Meridionale del Gas proseguiranno per poi terminare in una delle tante opere incompiute, cui seguirà una rituale inchiesta giudiziaria dove gli unici a pagarne le conseguenze saranno i cittadini.
In Italia, ancora prima che si possa scrivere un numero a sette cifre, è già subentrata la malavita organizzata in accordo con la politica deviata. TAP si scrive con undici cifre.
 



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