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Apparentamenti hot

Pubblicato da: Categoria: COVER

22
GIU
2017

Da una parte l’onore e dall’altra il compromesso. Da una parte la fedeltà a ciò che si è detto in questi mesi e dall’altra un mutavento repentino, una badogliata enorme. Ultimi colpi di coda della campagna elettorale a Taranto

Avviso ai naviganti: chi fa questo mestiere, a meno che tu non sia Paolo Mieli e di fronte non abbia Prodi, dovrebbe riportare le notizie proponendo una propria chiave di lettura senza fare nulla che potrebbe anche lontanamente dare il sospetto che si tratti di un endorsement.
Il coraggio però non ci manca né tantomeno ci difetta l’attitudine a stare dalla parte più scomoda, un po’ per formazione culturale (quasi ideologica) e un po’ per il sottile gusto di compiacere l’allibratore così che si diverta un po’ almeno con noi.
Detto questo veniamo al punto:  il mercato delle vacche che il centrosinistra sta portando avanti in vista del  ballottaggio al Comune di Taranto è qualcosa di penoso sia nel metodo sia nel merito.
Alla fine della fiera, dopo averne preso le distanze anche in maniera piuttosto netta, Franco Sebastio, Piero Bitetti e Massimo Brandimarte scelgono di fare l’ammucchiata sostenendo la candidatura di Rinaldo Melucci al ballottaggio.
Già ci pare di sentire coloro che deformano le proprie convinzioni per convenienza manco fosse l’elastico delle mutande dire che questo è il normale gioco delle elezioni che prevedono un doppio turno  e che non c’è nulla di illecito negli apparentamenti.
Qui però non si discute la rilevanza penale di questa operazione ma l’incoerenza politica e morale di una condotta che puzza del peggiore consociativismo.
Prendete Bitetti ad esempio: ha tuonato per mesi contro la candidatura di Melucci perché imposta dall’alto e contraria ad ogni più elementare logica democratica e da questa doglianza ha fatto discendere il proprio strappo con il PD e la creazione di una coalizione che si è posta in netto contrasto con coloro che venivano considerati il male assoluto.
Non era stato il coordinamento di Laboratorio Democratico a dichiarare  «Queste elezioni avvengono a cinque anni di distanza dal maxi processo “Ambiente Svenduto”, l'indagine che ha mostrato il volto corrotto della nostra città. Un terremoto che ha fatto affiorare una sorta di compromissione diffusa che non ha risparmiato niente e nessuno. Laboratorio Democratico ha scelto di restare fuori da questa confusione che acclama una discontinuità in realtà falsa e inesistente. Sono tutti diversi a parole, ma sono tutti uguali nella sostanza. Sono sempre gli stessi, camuffati sotto altre vesti ». E non erano gli ambienti vicini a Bitetti che strepitavano contro la falsità di Melucci fintamente civico ma in realtà tesserato PD, definendolo«l’espressione del nulla, l’espressione di due Parlamentari che lo hanno scelto e che rappresentano solo se stessi, espressione del becero potere messo insieme per ragioni di sopravvivenza»?
E cosa è cambiato nel frattempo? Con quale coerenza si può passare dal definire una candidatura becera onde poi apparentarsi abbracciando fraternamente un candidato di cui si è detto tutto il male possibile? L’apparentamento non  è uno scandalo per definizione. Questo tipo di apparentamento, dato il trascorso, è insopportabile.
Stesso discorso vale per  Franco Sebastio. L’impressione è che, nonostante l’ex magistrato si vantasse di “essere Franco”, probabilmente nel suo repentino cambio di posizione ci sia qualcosa di poco chiaro.
Non ci si può porre come baluardo della legalità e della moralità, come paladino di quel civismo che ha la pretesa di supplire ad una classe dirigente corrotta onde poi fornire appoggi elettorali proprio a quella classe dirigente verso cui si sono fatte le barricate sia da magistrato sia da candidato sindaco “di garanzia” .
Sarà stato veramente franco con i suoi elettori il nostro Sebastio o al primo mutavento (si sa che nelle città di mare i venti sono burloni) non ha fatto nemmeno finta di tirarsi la calzetta cedendo subito ai corteggiamenti di Michele Emiliano? Ma possibile che si riesca a perdere la reputazione guadagnata in anni al servizio delle Istituzioni per un inciucio? Ma possibile che, come un Di Pietro qualsiasi, prima si fa la morale ai malfattori e poi ci si candida nel collegio sicuro del Mugello?
A giudicare dalla rivolta delle liste collegate a Sebastio, le quali si rifiutano di portare acqua alla causa di Melucci, tutto ciò è tristemente possibile.
Anche lo stesso Brandimarte, la cui candidatura autonoma - seppur più connotata politicamente -  era scaturita dalla mancanza delle primarie nel centrosinistra, ha ripetuto in ogni sede: «esterniamo tutto il coraggio che abbiamo, non recitiamo un ruolo che non ci appartiene, ma siamo noi stessi, autentici, perché la vita che viviamo è una sola e non ce ne sarà un’altra. Se vogliamo essere credibili, dobbiamo essere autentici; se vogliamo ricevere, dobbiamo dare; se vogliamo essere amati, dobbiamo amare, perché, come dice una bella canzone dei Beatles,  alla fine l’amore che prendi è uguale all’amore che dai» . Evidentemente lo strappo con il PD non era proprio autentico e magari Emiliano deve avergli manifestato tanto amore, restituito dall’ex magistrato al momento opportuno. Come dire, tutte anime belle fino a prova contraria, tutti bravi a sbandierare la dignità negli spot elettorali.
Al cospetto di una simile minutaglia comportamentale, di fronte ad una campagna acquisti così disinvolta e constatato che una simile incoerenza politica, seppur nell’alveo della legalità assoluta, è vistosamente sconfortante, non è possibile non considerare Stefania Badassariunciclopico esempio di coraggio e lealtà verso il proprio corpo elettorale. Non foss’altro per differenza.
Di fronte ad una simile dignità non ci si può che togliere il cappello riscontrando che i tarantini si troveranno a scegliere avendo da una parte una coalizione omogenea e dall’altra un’ammucchiata che farebbe di tutto per vincere.  Da una parte l’onore e dall’altra il compromesso. Da una parte la fedeltà a ciò che si è detto in questi mesi e dall’altra un mutavento repentino, una badogliata enorme.
Poi, sullo spessore delle forze in campo ognuno resterà della propria opinione ma la differenza di stile è troppo vistosa per passare sotto silenzio.
La speranza è che la città punisca l’arroganza e che il pastorello Davide, anche questa volta armato di una semplice fionda, riesca ad avere la meglio sul gigante Golia.

 



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