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Vincenzo Fornaro/La mia vita nonostante l'Ilva

Pubblicato da: Categoria: COVER

13
SET
2018

Il suo allevamento di 500 pecore fu abbattuto a causa di livelli troppo alti di diossina. Ora, a distanza di dieci anni, l'allevatore è diventato coltivatore di canapa e consigliere comunale: "Sogno ancora una città libera dall'inquinamento"


Capita spesso, molto spesso, anzi è diventato un classico: quando al Sud emerge qualcosa di positivo, o qualcuno primeggia nello sport o in altri settori della vita sociale, se ne parla appena. Al contrario, quando si deve sbattere il “mostro”, o la mostruosità del Sud, in prima pagina non si pensa due volte.
Lo sappiamo, siamo spesso autolesionisti e purtroppo è un difetto che ci portiamo dietro come un fatto atavico. Per questo motivo anche questa settimana abbiamo deciso di mettere in vetrina l’attività varia, innovativa e interessante di un giovane tarantino che, nonostante la batosta ricevuta dall’inquinamento dell’Ilva (gli furono uccise circa 600 pecore perché risultate positive alla diossina), si è rimesso a schiena dritta, ha meditato sul suo passato di allevatore e si è trasformato in coltivatore di canapa.
Lo proponiamo soprattutto perché sia di esempio ai giovani invitando gli stessi ad essere creativi e a sapersi cercare il loro futuro “alternativo” come sta facendo Vincenzo Fornaro, il protagonista di questa settimana.
Non è un fatto episodico perché Extra Magazine, da diversi anni, punta a mettere in vetrina giovani coraggiosi che si fanno onore con il proprio lavoro inventato e costruito passo dopo passo con le loro mani e che, al tempo stesso, onorano il nostro Sud.

Chi è Vincenzo Fornaro?
“Sono un ex allevatore di 48 anni, tarantino, che a un certo punto della mia vita ho visto distruggere il lavoro di intere generazioni a causa dell’inquinamento da diossina e allora, insieme a tutta la famiglia, ho deciso di reagire a quella che ritenevo un’ingiustizia e ho iniziato una battaglia per poter portare in Tribunale i responsabili di quello scempio”.

Ci vuole rievocare, in breve, i tragici momenti in cui furono abbattuti i capi di bestiame della sua masseria?
“Nel 2008 si scopre in diversi allevamenti una contaminazione da diossina, vengono fatti analizzare diversi prodotti dal latte alla carne e si apprende che molti superano i valori consentiti dalla legge, pertanto il 10 dicembre dello stesso anno vengono prelevati e abbattuti più di mille capi di bestiame da sei allevamenti. Il nostro è l’allevamento più colpito con circa 500 capi”.

Cosa provò quando si vide privato delle sue pecore?
“Quel giorno mi assalì un forte sentimento di rabbia perché vidi cessare senza nessuna mia responsabilità il lavoro di ben tre generazioni, con la consapevolezza che niente sarebbe più stato come prima”.

Quando le venne in mente di coltivare, su quella che fu la terra dei pascoli del suo bestiame, la canapa?
“In occasione di uno dei vari incontri in cui ero invitato per parlare di ciò che mi era accaduto, mi furono presentati i rappresentanti di Canapuglia, associazione che si occupa della divulgazione e coltivazione della canapa. Furono loro per primi a parlarmi della possibilità di avviare una sperimentazione di bonifica attraverso una semina su quei terreni contaminati”.

Perché proprio la canapa?
“Marcello Colao, Claudio Natile e Vladimiro Santispanna mi dissero che un’operazione simile era già stata fatta in occasione della fuga di diossina a Seveso sul finire degli anni ’70".
 
Quali sono stati i primi riscontri ottenuti fino a oggi?
“I risultati non sono ancora completi ma, nonostante tutte le fonti inquinanti siano aperte, un miglioramento del terreno oggetto di sperimentazione è visibile; il prossimo anno si capirà se è solo una sensazione o una realtà supportata da evidenze scientifiche”.

E un’attività da consigliare ai giovani che si preparano a disegnare il loro futuro coltivando la terra?
“Consiglio molto ai giovani che vogliono avvicinarsi all’agricoltura di seminare qualche ettaro di canapa, questa pianta può essere usata in diversi ambiti, dalla medicina all’edilizia, passando per l’alimentare e il tessile e tanti altri; insomma in un mondo che deve necessariamente guardare a nuovi materiali di consumo, non impattanti con il territorio e in una ottica di riciclo sostenibile, la canapa può dare una svolta in diversi settori creando pertanto posti di lavoro puliti”.

Quando ha avvertito la sua vocazione da ambientalista?
“Vivendo in campagna un occhio e una attenzione particolare all’ambiente l'ho sempre avuta, purtroppo, ingenuamente, non credevo che quei fumi che ho sempre visto sin da bambino creassero danni così catastrofici all’ambiente e alla popolazione tarantina. Dopo la denuncia di Peacelink nel 2008 ho iniziato a capire tante cose e grazie all’incontro con Alessandro Marescotti, presidente della stessa associazione, e al professor Stefano Raccanelli, uno dei massimi esperti mondiali di diossina, e oggi nostro consulente nel processo ‘Ambiente Svenduto’, ne ho capite molte altre e perciò, anno dopo anno, l'impegno a favore dell’ambiente è aumentato”.

Cosa pensano i suoi familiari di questo suo impegno in difesa dell’ambiente?
“Ho la fortuna di essere supportato in questo da tutta la mia famiglia e dalla mia compagna Caterina; anche, e sopratutto grazie al loro aiuto e sostegno, riesco a dare il massimo in tutte le occasioni che richiedono la mia presenza”.

Quando ha pensato di entrare nella politica attiva e di mettersi in gioco in prima persona? Cosa ricorda della sua prima esperienza di campagna elettorale?
“Insieme a tantissimi amici che hanno condiviso con me la stessa battaglia, sognando una città diversa, fondammo il movimento ‘Altamarea’. Nel 2012 pensammo di scendere in campo anche politicamente perché ci eravamo resi conto che non potevamo cambiare le cose solo con cortei e manifestazioni, quindi molti di noi decisero di candidarsi come consiglieri comunali e creammo 5 liste a supporto di un candidato Sindaco da noi scelto.
Fu Angelo Bonelli il nostro candidato, ma purtroppo arrivammo solo terzi, la città non era ancora pronta al cambiamento, il nostro programma parlava di chiusura e riconversione, ma al momento di andare a votare non vi era stato neanche il sequestro di alcuni reparti dello stabilimento, che avvenne solo tre mesi dopo. Fu, comunque, una bellissima esperienza che ricordo con piacere. Mi aprì le porte dopo due anni alla candidatura come capolista nella Circoscrizione Sud con i Verdi alle Europee dove presi circa 4.500 voti”.

Quante, e quali, sono le difficoltà per un consigliere comunale lo stare all’opposizione?
“Purtroppo limita la possibilità di far passare provvedimenti che una volta arrivati in aula necessitano di un voto maggioritario per essere approvati e questo non sempre è possibile anche perché la visione politica e di futuro della nostra città è diversa dall’attuale maggioranza”.

Quali proposte ha, fino ad oggi, avanzato a favore della città e con quale esito?
“Sempre in collaborazione con tutte le liste che mi hanno sostenuto ho portato in Consiglio diversi provvedimenti e interrogazioni. Ad esempio, è stata approvata all’unanimità una nostra mozione per un progetto sul verde che a Taranto è carente, suggerendo di aderire ad un bando della regione Puglia che metteva a disposizione dei finanziamenti”.

Secondo lei, con la Giunta guidata dal sindaco Melucci, Taranto ne trarrà vantaggio?
“Sono convinto che la Giunta guidata dal sindaco Melucci non porterà alcun giovamento alla Città.  Aldilà degli annunci fatti la città non progredisce, non vi sono miglioramenti. L’unica titanica impresa riuscita a questo Sindaco è stata quella di far rimpiangere il suo predecessore”.

Come pensa che finirà l’annoso problema dell’Ilva con riferimento all’occupazione e alla salvaguardia della salute?
“Sono convinto che neanche l’attuale Governo prenderà in considerazione la proposta di riconversione, chiusura e bonifica dello stabilimento Ilva. Il piano prevede di utilizzare gli stessi operai nelle opere di bonifica, unico modo per tutelare salute e lavoro. Questo Governo, invece, affiderà lo stabilimento ad ‘Arcelor Mittal’ che ha, secondo me, l’unico obiettivo di acquisire il portafoglio clienti e chiudere l’Ilva  tra qualche anno lasciando la città in ginocchio”.

Per lei perché un giovane tarantino dovrebbe restare a Taranto?
“Dovrebbe rimanere a Taranto, o per lo meno tornarci dopo essere stato fuori a studiare, perché è comunque una città dove si creeranno tantissime opportunità legate ad una riconversione totale”.
Taranto, il mare e la Marina Militare
 “Il Comune di Taranto dovrebbe cercare di tutelare maggiormente una risorsa come il mare anche stringendo accordi con la Marina Militare. Questa sinergia di forze potrebbe iniziare con lo studio di un progetto per le isole di San a Pietro e San Paolo, vera risorsa sia dal punto di vista paesaggistico che storico”.

Come vede il futuro del nostro Porto? E quello della Città Vecchia?
“Il Porto è principalmente gestito dalle grandi industrie, e la situazione peggiorerà con l’avvio del progetto ‘Tempa Rossa’. Per quanto riguarda la Città Vecchia lo stato di abbandono è noto a tutti. Nonostante ciò, ogni qualvolta si organizza un evento, si registrano numeri importanti. Bisogna avviare un programma di risanamento abbattendo ciò che non è più recuperabile e valorizzando tutto il resto, concedendo anche incentivi a chi decide di investire o tornare ad abitare nel quartiere storico di Taranto”.

Quale è il suo sogno per Taranto?
“Sogno una Taranto finalmente libera dai tentacoli inquinanti che la tengono in ostaggio. Per tanti ragazzi che, dopo aver studiato, tornano nella città natìa, e ne mettono a disposizione le proprie competenze, sogno una città diversa così come loro la vorrebbero. Sogno che la frase ‘Taranto Libera’ non sia più solo uno slogan urlato durante le manifestazioni ma una realtà. Sogno una Taranto dove le pecore possano tornare finalmente a pascolare su terreni liberi dalla diossina. Per tutti questi sogni continuerò ad impegnarmi insieme a tutti gli altri fin a quando non si tramuteranno in realtà”.

Dalle risposte fornite da Fornaro viene fuori una attenta analisi del presente cittadino con le sue negatività, ma tra le nuvole che minacciano la tempesta, si scorgono spiragli che potranno e dovranno animare le future generazioni ad impegnarsi concretamente per far cambiare la rotta alla propria città.



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