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Giuseppe Mazzaglia/Aspettando cieli inquieti

Pubblicato da: Categoria: COVER

6
SET
2013
Una passione scoperta per caso, una reflex sempre a portata di mano, una buona dose di fortuna e attenzione per immortalare scenari suggestivi e intensi: sono questi gli ingredienti per comunicare attraverso uno scatto
 
Paesaggi naturali, scenari incantati, volti scavati dai segni del tempo, sguardi profondi e intensi, c’è un po’ di tutto nelle foto di Giuseppe Mazzaglia, giovane martinese che ha fatto della fotografia uno stile di vita. Al mondo dell’istantanea si è avvicinato per caso, quattro anni fa, un incontro casuale, ma un amore a prima vista. Un feeling, come lo definisce lui, che si è sviluppato nel tempo, studiando e sperimentando tutte le tecniche per trasmettere sensazioni sempre nuove attraverso uno scatto. Protagonista di una mostra a Palazzo Ducale, intitolata “Fuori dall’uscio” nelle sue opere (visibili sul sito Lafotografia Secondome, www.giuseppemazzaglia.com) dominano i contrasti; la tensione tra un paesaggio idilliaco e un cielo fitto di colori cupi e minacciosi, immortalata in pochi attimi per catturare scene fugaci e suggestive. Quella tensione che si fa intensità e diventa una forma alternativa di comunicazione, come ci spiega Giuseppe che per esprimersi preferisce di gran lunga un obiettivo fotografico. 
Giuseppe come ti sei avvicinato al mondo della fotografia?
«La mia passione è nata per caso quattro anni fa, quando un mio amico comprò una macchina fotografica e io iniziai ad aiutarlo per capire come funzionasse: in quella circostanza mi resi conto che scattando una foto in modalità automatica, si ottenevano risultati molto simili a quelle di una compatta, ma il segreto di una macchina professionale sta nelle molteplici possibilità dello scatto in modalità manuale. Fu così, per caso, che iniziai a comprare e studiare vari manuali di fotografia, sviluppando un certo feeling con questo mondo e dando vita a una vera e propria passione». 
Da allora non ti sei più separato dalla tua macchina fotografica?
«Esatto. Non mi occupo di fotografia per mestiere, ma solo per amore. Qualche volta mi è stato chiesto di portare avanti qualche lavoro, ma mi sono reso conto che non mi sentivo a mio agio: quando ti viene commissionato un lavoro devi attenerti a dei canoni, delle regole, delle precise impostazioni, non puoi esprimerti, per me, invece, la fotografia rappresenta un modo per comunicare e trasmettere sensazioni sempre nuove».
A livello lavorativo, quali sono le maggiori richieste che ti sono state proposte?
«Le maggiori richieste arrivano dall’ambito del turismo, soprattutto dai B&B, che richiedono le mie stampe per esporle nei loro ambienti. È ovvio che ogni attività, specie quelle che lavorano nel settore turistico e dei viaggi, per farsi conoscere e fare della pubblicità puntano subito sulle immagini, quindi servono foto che colpiscano il pubblico per la loro suggestività e siano in grado di regalare anche un’aurea di romanticità».
Effettivamente le tue opere sono foto artistiche, non ti attieni a dei canoni commerciali.
«Sì, non ci sono soggetti o scenari preferiti, è questioni di attimi. Viaggio sempre con la macchina fotografica a portata di mano, in modo tale che non appena vengo colpito da qualcosa, posso immortalarla: diciamo che col tempo l’occhio si affina e non appena coglie ciò che lo colpisce sente subito il bisogno di ritrarlo».
Oltre a esporre i tuoi lavori sul tuo sito personale, le tue foto sono visibili anche sul sito della rivista Vogue?
«Sì, ne ho più di trecento lì. Diciamo che è una bella soddisfazione, perché permettono di dare visibilità a vari fotografi che vengono scelti dopo una rigida e attenta selezione effettuata da una commissione di esperti, quindi essere su questo sito mi gratifica molto».
Ho visto che hai fatto parecchi viaggi, sono tutti legati, in qualche modo, a questa tua passione?
«Sì, ho fatto diversi viaggi alla scoperta di nuovi posti e nuove culture. Non è detto che per ottenere nuove foto si debba necessariamente spostarsi a tanti chilometri di distanza, ma è importante esplorare. L’ultima mostra che ho fatto si chiama proprio “Fuori dall’uscio”: ho scelto questo titolo perché la fotografia si può fare sia appena fuori dalla porta di casa, che in giro nei vari angoli del mondo. Posso ritrarre scenari bellissimi, seppur diversissimi, sia stando a Ostuni che in India, ma se mi chiudo in un villaggio o in una camera d’albergo, non vedrò mai nulla di nuovo: bisogna muoversi e andare alla ricerca di paesaggi nuovi, esplorando posti meravigliosi. In questo caso attraverso la fotografia cerco di comunicare tutto quello che mi è stato trasmesso».
Una fotografia da reportage, dunque. Cosa ti hanno trasmesso i posti che hai visitato?
«Sì, la fotografia da reportage mi appassiona molto, oltretutto viaggiare ti dà anche la possibilità di conoscere nuove culture e stili di vita completamente diversi dai tuoi, confrontandoti con la vera povertà o con la ricchezza sfrenata. I miei viaggi prevedono sempre mete molto diverse tra loro, cerco di alternare capitali industrializzate e all’avanguardia, con scenari di degrado sociale e culturale, da luoghi come Singapore all’India. Quando rientri dopo un viaggio, ritorni sicuramente cambiato, perché ti porti dietro un bagaglio di emozioni e sentimenti molto forti, talvolta contrastanti e che incidono profondamente sulla tua personalità». 
Esistono i veri fotografi e poi c’è Instagram: alla luce di questo, come dev’essere “Lafotografia Secondote”? 
«Sicuramente la fotografia di oggi è stata completamente stravolta dal digitale e dall’utilizzo dello smartphone. Si è avviato un processo di democratizzazione dell’immagine, infatti siamo pieni di foto e ormai sono alla portata di tutti. Non metto in dubbio che la qualità di Instagram sia molto superficiale e lascia il tempo che trova, ma il suo utilizzo può servire ad appassionarsi e quindi a decidere successivamente di perfezionarsi con mezzi migliori. “Lafotografia Secondome” è quella che sa dare spazio alla propria creatività, perciò se ci sono l’occhio e il cuore, si possono cogliere tanti momenti significativi anche con questi strumenti e magari per molti possono essere da preludio a una passione nascosta».
Cosa pensi, invece, delle chirurgie fotografiche operate con photoshop?
 «Penso che l’utilizzo di Photoshop cambi a seconda delle varie esigenze, io per le mie foto non ne faccio uso, perché vado a lavorare solo sulla luce, il contrasto, la saturazione o la nitidezza. Preferisco giocare con le luci e le ombre, i colori, ma stravolgere interi paesaggi cambiando lo sfondo o altri aspetti, non fa per me. L’utilizzo di Photoshop è indispensabile per chi vuole fare grafica, pur cercando di usarlo con discrezione, senza stravolgere i connotati fisici del soggetto. Lavorando in modalità manuale, è sempre necessario un lavoro di post produzione, dove cerchiamo di migliorare l’immagine a seconda del proprio gusto, ma questo non significa modificarla fino a trasformarla radicalmente». 
Per i i prossimi progetti cos’è inquadrato nel tuo obiettivo?
«Sicuramente programmerò un altro viaggio, ma prima di allora voglio concentrarmi sul nostro territorio, cercando di esaltare le bellezze e le particolarità dei nostri paesaggi. Nelle mie foto domina il contrasto, mi piace molto immortalare dei cieli carichi di nuvole imponenti e suggestive, quindi nel frattempo aspetto che arrivi l’autunno per tornare a catturare dei cieli meno sereni!».
 
 


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