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Esclusiva/C嫏 molta vita al cimitero

Pubblicato da: Categoria: COVER

13
DIC
2013
Viaggio impressionistico tra cappelle, marmi, decori, fiori, souvenir, nell’altra città barese, tra l’esuberanza della zona pop e l’eleganza borghese di quella monumentale  
 
Brutti, belli, poveri, ricchi: ora tutti uguali. Passare un paio d’ore nel grande cimitero barese è terapeutico, l’anima ringrazia e anche il senso estetico si ringalluzzisce, forte della scoperta di molti angoli che nei libri scolastici si chiamerebbero “romantici”. Almeno nella parte monumentale. Poi qualcosa è cambiato. Ma procediamo con ordine, dall’ingresso – un’infilata di cipressi compatti e folti, schierati come truppe in rassegna. 
Guida d’eccezione - niente affatto Caronte, anzi: persona di squisita affabilità – il direttore Nicola Milella, barese non sempre avvezzo agli usi baresi in fatto di onoranze funebri. Almeno, alcuni. Già perché in questa città nella città (fino a poco tempo fa, soldi permettendo, c’era un servizio navetta che permetteva di spostarsi su questa grande superficie) gli umani sentimenti sono vivi, vivissimi e il campionario vario: non solo mestizia affligge, ma tutto quello che un cuore può provare, amplificato dalla perdita. Come quei genitori che nel giorno del diciottesimo compleanno del figlio, o almeno, di quello che avrebbe dovuto essere, lo hanno celebrato con tanto di palloncini, come se fosse lì, come se non fosse mai morto. E le cappelle spesso si trasformano in succursali domestiche, e le tombe pullulano di oggetti, come stanze di adolescenti. Qualcuno ha anche pensato all’addobbo a tema natalizio: stride un po’ l’alberello su quel marmo. Ma questa è la parte pop del complesso, e passando tra fiori, piante, cuscini, oggetti, foto e innumerevoli altre cose che sanno di vita – ma che è vita di chi resta, non di chi va – si deduce l’estroversione del carattere levantino, il suo essere possibilista anche lì dove non vi è più soluzione. La parte monumentale, invece, non ha le stesse esuberanze popolari: noblesse oblige, vero, ma anche la borghesia di inizio secolo era obbligata a mantenere alti standard rappresentativi, indugiando in un ottimo gusto tra particolari liberty e neogotici. Qualche problema si inizia a intravedere in epoca fascista, con il piccone del regime giunto a eliminare le austere frivolezze decorative degli anni precedenti: aquile e marmi neri dichiarano esplicitamente l’appartenenza politica del de cuius. Nelle cappelle contemporanee poi, emergono elementi in plexiglass colorati e leggende taciute, come quella – ma è vera – della salma di un Matarrese oggetto di riscatto: un po’ quello è successo ai resti mortali di Mike Buongiorno, solo in tempi pre mediatici. Trionfa pesante l’ego di quel defunto che ha costruito per sé un mausoleo simil napoleonico, relegando i suoi familiari sotto, nascosti in morte come in vita: non deve essere stato facile vivergli accanto, figuriamoci da morti avendolo sopra: proprio vero che ognuno si crea il proprio inferno in terra, oltre che nell’aldilà.  
 
 



Commenti:

Michelangelo 13/DIC/2013

Dovresti fare una "gita" il 2 di novembre x i cimiteri di Napoli x aver contezza che i Sig.ri De Cuius sono parte viva dei propri familiari!!!

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