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Parole che contano

Pubblicato da: Categoria: COVER

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LUG
2014
L come Libro. I libri sono incontri, universi di segni e simboli che, attraverso le parole, in un certo momento della vita incrociano i nostri microcosmi e ci seducono. Per questo sono pericolosi, occorre maneggiarli con cura prestando attenzione agli effetti indesiderati. 
 
HENRY MILLER
I LIBRI NELLA MIA VITA
Quello di Henry Miller (1891-1980), uno dei massimi e più controversi scrittori americani, è un  ”libro sui libri” attraverso il quale l’autore ha voluto tracciare la storia della sua vita e trattare i libri come esperienza vitale, abbattendo lo stereotipo secondo il quale il cosiddetto “lettore forte” sarebbe colui o colei che legge tanti libri. Nella prefazione Miller scrive: “Bisognerebbe leggere sempre di meno, e non sempre di più…A quanto si dice in America soltanto una persona su cinque legge “libri”. Ma anche questo esiguo numero legge di gran lunga troppo. Sono davvero pochi quelli che vivono con saggezza e pienamente.” Queste parole, che troviamo proprio nell’incipit, fanno ben comprendere  che il fulcro delle quattrocento pagine di Miller è la  diretta esperienza della vita,  vera ed unica fonte di conoscenza. I libri davvero rivoluzionari sono pochi, si tratta di “libri ispirati e ispiratori”, distanti nel tempo: “si è già fortunati se ce ne capita una manciata in tutta la vita. E certo non sono questi i libri che fanno breccia tra la grande massa del pubblico. Sono i serbatoi occulti cui attingono gli uomini di minor talento che sanno come richiamare l’attenzione dell’uomo della strada. Il grosso della letteratura, in ogni campo, è composto da idee di bassa divulgazione. La questione – ahimè mai risolta! – è fino a che punto sarebbe utile decurtare la sovrabbondante offerta di foraggio mediocre….Tutto ciò che si trova nei libri, tutto ciò che sembra così tremendamente importante e significativo, è appena una briciola di ciò da cui proviene.” Incontrare un libro, pertanto, non è diverso dall’incontro con gli altri fenomeni della vita, stelle, alberi, letame, persone. I libri sono come gli uomini, non sono una categoria speciale o privilegiata, non sono né migliori né peggiori. Anzi, sostiene Miller, colui o colei che sa leggere un uomo saprà anche come leggere i libri che sono “rivelazioni non di bellezza, verità, saggezza, armonia, perfezione” ma di fragilità, inquietudine, privazione, vizio, menzogna.  Il volume di Miller è un vero e proprio scrigno nel quale l'autore del “Tropico del Cancro” raccoglie aneddoti, aforismi, divagazioni; fornisce consigli su come leggere un libro. Preziosissima l’appendice, composta di due parti ( "I cento libri che più mi hanno influenzato" e "I libri che ho intenzione di leggere") , una bussola esclusiva per quanti vogliano coltivare il piacere della lettura mantenendosi saggi. 
MILAN KUNDERA
IL SIPARIO
Da tempo Milan Kundera alterna ai romanzi la produzione di saggi sui romanzi. Questo libro, uscito contemporaneamente in Italia e in Francia nel 2004 è un’occasione imperdibile, una vera chicca per  chiunque ami i romanzi e l’arte del romanzo, per chiunque abbia amato Hermann Broch de I sonnambuli, Witold Gombrowicz di Ferdydurke e Robert Musil di Uomo senza qualità —Kafka, Flaubert, Dostoevskij François Rabelais col Gargantua e Pantagruel e Miguel de Cervantes col Don Chisciotte della Mancia. Prima di loro il romanzo non esisteva. Prima c’erano solo le epopee e i versi. Kundera  con una narrazione nitida per niente accademica, ci parla della ragion d’essere del romanzo, “l’ultimo osservatorio dal quale si possa abbracciare la vita umana nel suo insieme”, il cui valore estetico può essere colto soltanto nel contesto dell’evoluzione storica. “L’arte – scrive Kundera – non esiste per registrare, come un grande specchio, tutte le peripezie, le variazioni, le infinite ripetizioni della Storia. L’arte non è un coro che tallona la marcia della storia. Esiste per creare la propria storia. Quel che un giorno resterà dell’Europa non è la sua storia ripetitiva che, di per sé, non rappresenta alcun valore. La sola cosa che abbia qualche probabilità di restare è la storia delle sue arti.” Milan Kundera ripercorrendo a ritroso la  storia dell’arte del romanzo individua gli snodi che ogni epoca o contesto ha impresso sul modo di scrivere in prosa, le invenzioni e le innovazioni che hanno aperto quei varchi attraverso i quali  la scrittura è passata giungendo ad un nuovo varco. L’arte del romanzo gli appare una lunga e infinita marcia degli scrittori per andare , attraverso le parole,  all’anima delle cose,  aprendo nuovi squarci, svelando prospettive diverse, liberando l’immaginazione  e rifiutando  “il sipario della preinterpretazione” per svelare  una verità.  Strappare il sipario equivale a rendere visibile quello che è meno visibile e a comprendere che le età della vita si nascondono, appunto, “dietro il sipario” delle pseudo evidenze. La vera arte per Kundera nasce quando “prende il volo”, quando, non più fiera di abbellire la ripetizione, di rinsaldare la tradizione e assicurare la stabilità di una vita collettiva,  si apre al nuovo e all’inaudito, rifiuta l’imitazione. Quando il romanzo “prende il volo” si trasforma in  arte, il cui “balbettio è eterno.” Kundera pensa con angoscia al giorno in cui il romanzo cesserà di cercare il mai detto  “…e docile si rimetterà al servizio della vita collettiva, che esigerà da lei che abbellisca la ripetizione e aiuti l’individuo a confondersi, felice e in pace, con l’unità dell’essere.”
 
PIERLUIGI BATTISTA
I LIBRI SONO PERICOLOSI PERCIO’ LI BRUCIANO
Si è conclusa sabato scorso la XIII edizione del Festival “Il libro possibile” , l’evento letterario più significativo del Mezzogiorno che trasforma le piazze, grandi e piccole di Polignano in palcoscenici con attore unico: il libro. Numerosissima l’affluenza: più di 70 mila visitatori in quattro serate, numerosissimi gli autori e i relativi testi, forte l’impatto mediatico. La parola calda che questa settimana attraversa le segnalazioni della nostra rubrica è “libro”, pertanto il titolo che vi proponiamo è “I libri sono pericolosi perciò li bruciano” di Pierluigi Battista, ospitato naturalmente a Polignano.  Il titolo del volumetto edito Rizzoli è provocatorio, ma non troppo: i piromani dei libri esistevano nel passato ma esistono anche nel presente. Le pagine di Pierluigi Battista vogliono smontare alcuni stereotipi consolidati e difendere i libri. Il primo stereotipo che l’autore contrasta è quello del rogo dei libri come spettacolo dei tempi bui dell’ignoranza. “Falso – afferma – si sono bruciati più libri nel mondo rischiarato dai lumi della ragione che in tutte le epoche del passato oscurantista…guardiamoci attorno, guardiamo chi abbiamo al nostro fianco, forse il piromane è tra noi.” Poi c’è un’altra convinzione errata, ed è quella della sacralità dei libri. Battista scrive: “ Evitiamo di dire che i libri hanno qualcosa di sacro, che la cultura può solo rendere più fine la nostra sensibilità e che la bellezza salverà il mondo, ma quando mai… Pertanto, non facciamo dei libri un oggetto di culto, con le sue liturgie, le sue messe cantate, le sue prediche. Spesso i libri rendono migliore chi li legge. Ma spesso lo rendono peggiore: molti dittatori e molti inquisitori sono stati e sono lettori formidabili (Hitler, Pol Pot, Khomeini, Mao…Chi ama i libri e ne è terrorizzato attizza l’odio contro i libri pericolosi…L’atto di bruciare i libri nasce dall’energia del radicalismo intellettuale, teorizzato spesso con formule solenni e imperative, praticato e diretto da chi legge i libri. Da chi ne ha letti molti.” Non è stato casuale segnalare in questa pagina il saggio di Kundera, autore che Battista cita per argomentare la censura e la distruzione dei libri operata “con sobria diligenza burocratica, come un’incombenza amministrativa da eseguire senza far troppo rumore” anche dall’URSS. Proprio Kundera quel sistema “lo ha conosciuto molto bene e ne è scappato, stufo di essere condannato al silenzio a causa dei suoi libri.”
 


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