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VITTORIO DONNICI/ IO, MANAGER DELLA CULTURA

Pubblicato da: Categoria: COVER

9
OTT
2015
L’impegno dei privati nella valorizzazione dei beni culturali è sempre più importante. E Martina Franca conferma questo trend. Ce ne parla il Presidente della Cooperativa “Salvador Allende”, che ci accompagna per mano tra i tesori di Placido de Sangro, antico duca della città
 
 
Giungono all’orecchio parole in francese, tedesco e inglese. Se non ci si può costringere a tradurle, di sicuro guardando gli sguardi luminosi di approvazione dei turisti, si può intuirne il senso. E poi profumo delle dorature del legno delle porte, il bagliore del marmo delle pavimentazioni originali del 1668. Un altare sulla destra, cattura l’attenzione sul Cristo morente che dorme tra le braccia di una croce buia. Si procede, il passo non si può arrestare, e tabacchiere intarsiate di storia e religione, spade e pugnali dalle else cesellate, antichi scettri cinesi di lunga vita, animano nella loro contemplativa immobilità, teche nelle sale affrescate. Siamo all’interno di Palazzo Ducale a Martina Franca, e Vittorio Donnici, Presidente della Coopertativa “Salvador Allende”, ci fa da Cicerone nell’evento culturale da lui proposto e attuato grazie alla collaborazione del Comune di Martina Franca, della Regione Puglia e del Museo Duca di Martina, con sede a Napoli. Stiamo parlando della mostra dal titolo “Viaggio attraverso le preziose collezioni del Duca di Martina”. Oggetti preziosi appartenenti a Placido de Sangro (1829-1891), custoditi dal 1911 nel Museo Duca di Martina di Napoli, dalle stanze della Villa Floridiana giungono in Puglia, ospitate a palazzo, laddove tutto ebbe inizio. Ma ora, passiamo la parola a Vittorio Donnici che ci illustra gioie e dolori, del dedicarsi alla cultura.
Ci vuole raccontare come si è arrivati all’idea di una mostra sui tesori del Duca di Martina?
«È stata una piacevole epifania, scaturita da una conoscenza comune. Il Presidente del Collegio sindacale della nostra cooperativa, Marisa Campobello, mi illumina su una sua cara amica, con un progetto molto interessante in tasca. Incuriosito, accolgo la dott.ssa Angela Savino, antropologa e storica dell’Arte, che ha approfondito i suoi studi nell’ambito sociologico delle medicine popolari e non convenzionali. Autrice di numerosi progetti culturali in ambito scientifico, è attualmente docente incaricata presso l’Università degli Studi Tor Vergata di Roma e mi propone di organizzare appunto, una mostra sui tesori del Duca di Martina. L’idea mi ha subito affascinato perché, grazie alla Dott.ssa Savino, abbiamo avuto l’opportunità di entrare in contatto con il Museo Duca di Martina, di Napoli che ospita qualcosa come settemila pezzi, tra cui giade e porcellane cinesi e giapponesi, armi dell’epoca e manufatti preziosi. Riportare la storia di Martina Franca a Martina Franca, è stato un desiderio condiviso che mi ha immediatamente rapito e quindi ho proposto l’idea ad Antonio Scialpi, Assessore alle Attività e ai Beni Culturali, che mi ha sostenuto nell’organizzazione della mostra».
Ha trovato pareri ostili attorno a sé o spirito di collaborazione, sia a livello interno per quanto riguarda la Cooperativa “S. Allende”, sia a livello esterno parlando di istituzioni pubbliche?  E quanto, se sì, la  macchina burocratica rallenta questo genere di eventi?
«Mah, posso affermare con sicurezza di essere stato appoggiato da subito in questa iniziativa, sia dai miei collaboratori, sia dalle istituzioni. È stato un bel lavoro di squadra perché diversi tasselli andavano collocati al posto giusto: il trasporto dei reperti da Napoli a Martina Franca, l’acquisto delle teche per l’installazione, e poi la video sorveglianza e il sistema di allarme di cui, noi della Cooperativa “Salvador Allende”, ci siamo occupati personalmente. C’è stata un’ottima sinergia tra il Comune di Martina, la sovrintendenza di Napoli e noi, anche per quanto riguarda lo sgombero e la risistemazione di Palazzo Ducale. Prima gli uffici del comune erano come ben sappiamo, al suo interno e ora con l’aiuto di tutti, abbiamo ridato l’antica dignità/destinazione artistica delle meravigliose sale con gli affreschi di Domenico Carella. Palazzo Ducale è ora di nuovo un edificio storico-artistico. Ritornando alla mostra, eravamo forse all’inizio, un po’ perplessi per il recupero dei fondi, ma alla fine la Regione Puglia ci ha sostenuto ed eccoci qui, fieri del nostro percorso». 
Avete gestito altri interventi del genere, avvalendovi della compartecipazione del Comune?
«Abbiamo sì operato in altre direzioni, ma si trattava per lo più di eventi legati alla beneficienza. In effetti quello della mostra delle collezioni del Duca di Martina, è stato il primo passo fatto in comune col Municipio».
Come cita la locandina della mostra, l’ingresso è stabilito come gratuito. Ritiene che glissare sull’obolo di entrata, sia ormai l’unico modo per coinvolgere turisti e cittadinanza?
«Questo è un tema importante e devo essere onesto, non mi sono sentito molto concorde con la scelta della fruizione gratuita. Purtroppo l’immaginario comune traduce il “gratuito” , con il “di poca importanza”, invece di concepire questo atto come un dono fatto alla cittadinanza. In questa maniera si rischia di deprezzare la cultura e di incorrere in una sorta di odioso populismo, che costringe l’organizzatore a cancellare l’obolo per non causare rimostranze o disappunto nella popolazione locale soprattutto. Che sia per questo motivo o peggio, per non perdere un domani voti preziosi, comunque la cosa non mi trova pienamente d’accordo, ma sono felice del fatto che da agosto a oggi, siamo riusciti a contare più di 8.000 visitatori. E un altro passo nella direzione del pubblico, è il nostro progetto nel progetto: organizzare gite guidate per tutti gli istituti scolastici, partendo dalla provincia. Non potevamo non coinvolgere i giovani di oggi, che saranno gli adulti  informati, ci tengo a sottolinearlo, di domani». 
Rimanendo nel tema caldo della Scuola e considerando, ahimè, l’ignoranza che si riscontra nei giovani rispetto alla conoscenza del proprio territorio, ritiene che sarebbe utile inserire “Storia del proprio territorio”,  come integrazione ai programmi scolastici ministeriali? Dando quindi, un senso tangibile alla tanto decantata autonomia scolastica…
«Sarei assolutamente d’accordo all’inserimento di una materia scolastica che parli del territorio dove uno studente è nato. Assolutamente sì. E le dirò di più: appartenendo alla vecchia guardia che studiava anche la famosa Educazione Civica, io da uomo di oggi e studente di un tempo, la reinserirei. Questo è molto importante, perché stanno venendo meno le norme educative più essenziali. Se ai miei tempi ci veniva trasmesso il garbo di aiutare un’anziana ad attraversare, oggi la povera vecchietta, non solo rischia di essere investita, ma viene coperta di insulti da giovani in auto e in moto! La vera lotta al giorno d’oggi, è quella contro il paradosso…». 
Cosa pensa della scelta di mettere a capo delle sovrintendenze museali italiane, autorità straniere? È un segno di integrazione culturale europea o piuttosto un metodo di controllo della CE (Comunità Europea, ndr.) sulle attività del nostro Paese?
«Penso proprio che si tratti di una strategia di controllo, ma sa cosa le dico, ben venga! Io sono assolutamente d’accordo con queste nomine, perché mi dispiace dirlo, lo straniero è meno incline al ladrocinio nella cultura e in altri ambiti. Riscontro insomma una maggiore affidabilità in queste autorità, basti pensare a come invece noi italiani, abbiamo gestito il caso Pompei. Un completo disastro… Quindi se questi nuovi direttori museali possono in qualche modo, ricondurre tutti noi sulla retta via, tanto meglio».
 
A chi non crede o peggio, denigra le iniziative culturali di cui Lei con la cooperativa di cui è presidente si fa promotore, cosa risponde?
«Noi della Cooperativa “Salvador Allende” siamo stati tacciati di saperci occupare solo di salami e formaggi» sorride, ndr. «e in parte, come dar torto alle male lingue: è il nostro ambito, quello alimentare, in cui negli anni abbiamo creato tanti posti di lavori e permesso a tante famiglie di vivere dignitosamente, di pagare le tasse e dare un’istruzione ai propri figli. Poi la nostra mostra in ultimo, è stata definita “un ammasso inutile di chincaglieria”. Cosa vuole che risponda a tutto questo?! Dati alla mano, ritorno a ricordare gli 8.000 visitatori in costante crescita. Mi basta questo, poi se per occuparsi di cultura si debbano abbandonare i salami e i formaggi, me lo dicano altri. Io mangio sano, lo commercio e mi nutro anche di cultura, perché quest’ultima non è un fatto di lauree e certificati, ma di propensione al bello, di slancio verso le persone che possono così, godere delle bellezze e della storia del nostro territorio. Un imprenditore che investe nella cultura, è un imprenditore intelligente».
E a chi maligna sul fatto che queste iniziative siano solo una macchinazione politica per muovere una captatio benevolentiae nei confronti della cittadinanza, cosa risponde?
«La cultura non ha colore né partiti, e io nonostante le miei idee personalissime e il mio credo politico, collaboro indifferentemente con tutti coloro che siano entusiasti quanto me di questi eventi, destrorsi, mancini o ambidestri!»  ride, ndr. «Ai signori di cui mi domanda quindi, offro un bel bicchiere di vino e un tocchetto di parmigiano rispondendo: “Grazie delle vostre parole, ma io sto dalla parte della cultura”».
 


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