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Nati prematuri/ A Taranto la vita che resiste tra speranza e coraggio

Pubblicato da: Categoria: COVER

12
FEB
2016
Questi scatti documentano la cura immensa che esige il micro mondo dei bambini nati prematuri e il patrimonio di competenze e qualità umane a difesa e assistenza della vita in una condizione estrema e dal futuro incerto, proprio là dove l’ambiente e la sua popolazione soffrono un’offesa che non sembra risarcibile
 
Nei giorni in cui a Taranto prendeva il via il maxi processo “Ambiente svenduto”, tra i più importanti in Italia circa i temi ambientali; nel capoluogo jonico e in altre sei città pugliesi, venivano proiettate 47  fotografie realizzate da Enzo Cei, fotografo toscano, il cui impegno civile, umano e professionale è riconosciuto da tempo.
Il suo è stato un lavoro realizzato nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto, diretto dal Dottor Oronzo Forleo. Enzo Cei ha fotografato le  piccole anime, minuscole ma incredibilmente forti, aggrappate ad un filo chiamato speranza.Quarantasette sono le foto del reportage "Neonati a Taranto", una sequenza narrativa fotografica che spinge a guardare oltre l’Ilva, i suoi disastri e i veleni giudiziari e reali, chiaramente visibili sopra la città, puntando invece l'attenzione alla speranza di chi lotta per sopravvivere, mostrando  l’immagine di bambini nati prematuramente e il loro attaccamento alla vita, in una condizione estrema. La vita che resiste nonostante tutto, la felicità dei neo-genitori che resta sospesa in un calvario  fatto di lunghe veglie  vicino all’incubatrice, mentre il desiderio di abbracciare il proprio figlio si scontra con l’obbligo di sfiorarlo appena. Le fotografie portano alla luce i corpicini  fragili e delicati che combattono con tutte le proprie forze per ogni respiro.
Questi scatti documentano la cura immensa che esige il micro mondo dei bambini nati prematuri e il patrimonio di competenze e qualità umane a difesa e assistenza della vita in una condizione estrema e dal futuro incerto, proprio là dove l’ambiente e la sua popolazione soffrono un’offesa che non sembra risarcibile. La narrativa fotografica presente in questi scatti, documentando la realtà, riesce  a trascenderla per andare oltre, raccontando la quotidianità dall’interno di un’area culturale che conosce il fenomeno dall'ottica  della lotta contro le ragioni dell'impresa e del lavoro che prevalgono sulla salute pubblica, ma non dal lato umano,  dalla sua struggente bellezza presente nelle storie spesso invisibili e di indicibile coraggio.
Neonati a Taranto infatti non è che il primo passo del fotografo pisano lungo un percorso in grado di coinvolgere le energie migliori della comunità jonica. 
L’evento che, lo scorso ottobre, ha ospitato nel capoluogo jonico l’anteprima nazionale del lavoro fotografico di Enzo Cei è stato organizzato dall’Associazione tarantina Delfini e Neonati - A. De Cataldo onlus, dal Circolo fotografico “Il Castello” e sostenuto dal progetto Rete Gens, dal Circolo Arci-Uisp, dalla Cooperativa sociale Stipa delle Fate, entrambe di Crispiano, dalla neonata associazione culturale Ciosa, di Grottaglie e anche l'Isbem, Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo con il quale Cei collabora, ha organizzato le tappe nel brindisino e nel leccese invitando a guardare, attraverso queste fotografie, ad un altro orizzonte lontano dai fumi dell’Ilva, lo stesso che accoglie quella bellezza che si riconosce negli scatti del maestro Cei. Di seguito alcuni scatti del reportage Neonati a Taranto.
 
 
Enzo Cei, come nasce la sua passione per la fotografia e cosa significa fermare l'istante e raccontarlo attraverso la narrativa fotografica?
«Mi porto addosso i semi della mia origine, per cui leggo visivamente il mondo secondo i modelli  di un immaginario superato e arcaico, quello proprio della civiltà contadina: è lì che nasco, è lì che si è costituito l’universo mitico che mi muove. Ed è sempre da lì che ricevo la spinta per continuare ad arrampicarmi, con la produttiva insolenza di chi si è fatto da solo. In questo attingo impeto e motivazioni, fede e umanesimo, dedizione al sacrificio e prontezza istintiva allo scatto. La fotografia che io intendo è lontana  dalle committenze e dalle “leggi” commerciali, circoscrivo la mia opera fedelmente alle mie ragioni, approfondendo le ricerche nell’ambito del lavoro, dei vissuti sociali, della scienza, della salute pubblica, dove trovo gli argomenti e le risorse necessarie alla pubblicazione di fotolibri monotematici, pensati e condotti in proprio per informare documentando.La fotografia che mi interessa tende verso "un documento umano d’impatto figurativo”, dentro storie che non fanno notizia, lontano dai clamori e dai grandi numeri che fagocitano la “realtà".Ad oggi ho pubblicato 13 fotolibri a tema, un film documentario andato al Festival del Cinema di Roma e un’autobiografia che ha vinto un premio letterario».
 
Come nasce il progetto fotografico “Neonati a Taranto”?
«“Neonati a Taranto” nasce dalla richiesta di alcuni  tarantini, i quali sapendo che ero a Taranto per un’altra storia,  mi hanno contattato per farmi produrre delle foto denuncia su ciò che l’Ilva ha prodotto sul loro territorio. Le foto sarebbero state utilizzate  in occasione della giornata del 20 ottobre 2015 in concomitanza con la prima udienza del processo “Ambiente svenduto”. Da lì la mia idea di mostrare invece una realtà che controbilanciasse l’immagine che la città di Taranto offre al mondo. Dunque la speranza, l’attaccamento alla vita e al suo futuro che i bambini nati prematuri ci insegnano. Mostrando altresì il patrimonio di competenze e qualità umane a difesa della vita che il personale medico-infermieristico tutti i giorni tributa ai piccoli prematuri.
È stato interessante per tutti, medici, infermieri, familiari di bambini prematuri, vedere in faccia e nelle parole degli spettatori, le emozioni raccolte durante la proiezione delle 47 fotografie nel corso delle 6 proiezioni che ho potuto fare, grazie alle varie associazioni».
 
 


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