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Roberto Ferri / I chiaroscuri dell´anima

Pubblicato da: Categoria: COVER

8
SET
2016

È l’unico pittore autorizzato dalla Santa Sede a ritrarre Papa Francesco, ma il suo ispiratore è stato tutt’altro che un santo. Caravaggesco nello stile e tarantino di nascita, ecco l’artista che tutto il mondo ci invidia.

Ci piace, introducendo il famoso pittore tarantino Roberto Ferri, fare alcune considerazioni che ben si addicono alla storia umana, culturale e artistica di questo nostro conterraneo che vanta una “esclusiva”: è stato fino a oggi l’unico pittore autorizzato dalla Santa Sede a riprodurre in termini artistici il volto di Papa Francesco.

Ci sembra opportuno sottolineare in maniera forte e convinta il ruolo che la scuola e la formazione hanno avuto nella brillante carriera di questo giovane che ha ancora molto da dire nel campo della pittura nazionale ed internazionale.
Se è vero, come è vero, che a Roberto Ferri fin dall’infanzia piaceva disegnare e dipingere, è altrettanto vero che la scuola lo ha aiutato due volte: la prima mettendolo nelle condizioni di mettersi in mostra fin dalla scuola elementare, la seconda perché la scuola dell’obbligo e il Liceo Artistico lo hanno accompagnato in maniera perfetta nel non facile cammino che ogni artista intraprende.
Se l’atleta deve stringere i denti durante i duri allenamenti l’artista in formazione deve avere una grande umiltà mettendo in predicato che anche ciò che per lui è bello e in grado di essere veicolato, potrebbe essere spazzato via come un tornado da una critica che molto spesso è spietata verso i giovani che si affacciano al difficile mondo dell’arte.
Roberto è stato capace di superare questo scoglio e di fare veramente tesoro di tutti gli insegnamenti professionali e umani ricevuti dai suoi insegnanti. Insomma ne ha fatto della scuola una palestra per la sua futura professione di artista.
La seconda riflessione riguarda la sfera del “Maestro” che, quasi involontariamente, continua ancora oggi a essere un suo compagno di viaggio.
Ci riferiamo a quel Caravaggio che si è impresso prima nel cuore e nella mente e poi negli occhi del nostro artista. Lo stesso non sa determinare temporaneamente quando ciò sia potuto accadere. Intanto è accaduto e a noi fa immenso piacere registrarlo insieme a tutte le altre belle risposte che ci ha fornito nel corso dell’intervista che ci ha voluto rilasciare.
Perché decise, dopo la licenza media, di iscriversi al “Lisippo” di Taranto?
“Ho avuto le idee chiare fin da piccolo. Volevo dipingere”.
In  che misura il Liceo Artistico ha contribuito alla sua formazione professionale?
“Il liceo mi è servito per chiarirmi le idee. Ricordo con affetto i miei professori, ma devo dire che la svolta l'ho avuta in accademia a Roma”.
Perché decise di laurearsi all’Accademia delle Belle Arti a Roma?
“Inizialmente cercavo un “maestro” che potesse insegnarmi il mestiere del dipingere o meglio, che mi insegnasse ciò che mi mancava sapere. Ma fortunatamente sono sempre stato e sono rimasto autodidatta”.
Cosa l’Accademia le ha dato di più rispetto al Liceo?
“L'accademia mi ha dato tanto, nonostante le innumerevoli difficoltà, ho avuto i professori giusti, di scenografia e storia dell'arte, che mi hanno fatto capire come dovevo andare avanti e cosa dovevo fare per affinare la mia arte”.
Perché e come nasce in lei la passione per Caravaggio e per la pittura dal ‘500 all’ ‘800?
“Fin da quando ero bambino ho avuto la passione per Caravaggio e la pittura dei grandi maestri. Per me sono stati maestri di vita oltre che di arte. Il tutto è nato quando ho sfogliato per la prima volta un enciclopedia di mio nonno sulla pittura. E' stato amore a prima vista”.
Quando si rifà a un’opera del  Caravaggio cosa di personale riesce a inserire nella tela su cui opera?
“Innanzitutto non mi rifaccio alle opere di Caravaggio. Ormai è entrato a fa parte del mio codice genetico. Non copio o cito opere del passato. Adotto e ho fatto ormai mia la tecnica di pittura che usavano i maestri e questa mi permette di raccontare la mia pittura, adottando spesso i tagli e i forti contrasti di luce e ombra che usava Caravaggio”.
Quale è la fase di un lavoro pittorico, la più delicata, rispetto a tutte le altre?
“Ogni fase è importante, ma in primis direi la mestica della tela che poi dovrà sostenere il film pittorico”.
Quali sentimenti prova davanti a un’opera che porta a compimento secondo il progetto che aveva inizialmente in mente?
“E' una bella sensazione quando succede. Ma purtroppo sono molto critico nei miei confronti e quindi questo sentimento è raro”.
Quale è stata la sua esperienza artistica di maggiore spessore fino ad oggi?
“Devo dire che ogni esperienza mi ha arricchito molto e conservo dei bei ricordi di ognuna di esse. Ogni esperienza mi ha permesso di crescere in un determinato modo. Ma posso dire che la mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, al Complesso del Vittoriano, la Biennale di Venezia ed anche l'ultima mostra al castello di Gaasbeek a Bruxelles, mi lasceranno un ricordo vivo nel tempo”.
Cosa pensa dei giudizi critici di Sgarbi verso la sua produzione artistica?
“Mi rispecchio molto quando lui descrive la mia pittura, è molto appassionato e per lui è motivo d'orgoglio sostenerla”.
Cosa teme e cosa apprezza di più in un giudizio critico professionale relativo ad una sua opera?
“Non temo giudizi o critiche, ognuno è libero di dire ciò che vuole. Ma apprezzo la sincerità di una critica”.
Cosa rappresenta per lei e per un’artista in generale la partecipazione alla Biennale di Venezia?
“Una grande opportunità”.
Quale è il suo rapporto artistico con l’estero e con i suoi colleghi che operano fuori dall’Italia?
“Sono in contatto con i miei colleghi all'estero e spesso ci incontriamo casualmente in alcune mostre. Fa molto piacere”.
Alla luce della sua produzione, come si definirebbe oggi nell’arte contemporanea che in lei convive con l’attrazione per quello di tipo classico?
“Beh, visto che vado contro l'arte “ufficiale” contemporanea mi sento un avanguardista. Data la reazione che suscitano i miei quadri, sembra davvero di tornare indietro nel passato, quando la pittura impressionista iniziò a scandalizzare gli accademici”.
Nel ritrarre Papa Francesco cosa ha provato e cosa l’ha colpita di più tanto da evidenziarla di fronte al ritratto del Sommo Pontefice?
“Tanta responsabilità”.
Quali sono attualmente i suoi rapporti con Taranto?
“Di Taranto mi manca tanto il mare e spero un giorno di poter fare una bella mostra nella mia città. Magari nel bellissimo Museo Archeologico”.
Quali sono i suoi progetti immediati?
“E' in corso una mia personale nel castello di Gaasbeek a Bruxelles e a dicembre porteremo con la mia galleria la Liquid Art System di Capri un progetto a Miami, Londra e Istanbul”.
Cosa si sente di dire ai giovani di oggi che vorrebbero intraprendere la carriera pittorica?
“Di studiare tanto ciò per cui sono portati, di essere intraprendenti e perseverare nonostante tutto”.
Partiamo dall’ultima risposta che ci ha fornito, laddove invita i giovani che si apprestano ad intraprendere la sua carriera pittorica di studiare tanto, di essere intraprendenti e di perseverare di fronte agli immancabili ostacoli che si incontrano nel vivere quotidiano. E’ una vera e pratica lezione di vita che se, bene appresa dai giovani che come lui, intendono fare carriera potrebbe rappresentare il di più che offre il nostro artista.
Rispondendo alla nostra domanda cosa abbia provato nel ritrarre Papa Francesco, la risposta è stata lapidaria: “Tanta responsabilità, sì, è vero, senza responsabilità non si va da nessuna parte e non si raggiungono ambite mete.
L’ultima risposta che ci ha colpito è quella relativa a ciò che gli manca della sua Taranto: il mare, che nel nostro caso è culla e strada, è alba e mezzogiorno infuocato, quel mare che è tanto amico dell’uomo e che nasconde anche mille insidie.
E ancora emerge lo spessore dell’uomo di cultura perché spera un giorno di poter fare una sua bella mostra personale nel bellissimo Museo Archeologico di Taranto.
Glielo auguriamo di vero cuore!


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