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Apulian dream

Pubblicato da: Categoria: COVER

19
GEN
2017

A Pitti Uomo, la fiera internazionale più prestigiosa in fatto di moda maschile, tra big brand e nuovi talenti del fashion design, il menswear contemporaneo guarda a sud. Hevò, Berwich, Stefano Capaldi, Tagliatore, Tardia, John Sheep e tanti altri: teneteli d'occhio, sono loro - i pugliesi - che dettano le regole in fatto di stile


Venerdì scorso si è conclusa l’edizione 91 di Pitti Uomo. Ero lì per rispondere ad assillanti interrogativi che quanto prima meritano una risposta, tipo “andrà ancora il risvoltino?”, oppure “tornerà l’uomo villoso o il pelo sarà solo quello delle ciabatte di pelliccia?”, ancora “quanto sarà alto - visto che tragicamente ci sarà - il platform delle scarpe maschili?”. La questione è assai complessa, ma lancio subito un doveroso allarme a nonne, zie e prozie, ché la situazione è seria. Chiudete immediatamente con un doppio giro di chiave la pelliccia di visone che avete appesa nell’armadio, è a rischio! Gli animalisti vogliono farvi la pelle? No, si sta “solo” pericolosamente facendo strada tra i vostri nipoti modaioli il portare corte giacche di pelliccia, visibilmente sottratte dagli armadi delle congiunte. Sì, perché se la larghezza delle spalle e il taglio ampio delle pellicce anni ‘80 le rendono assolutamente mettibili anche per un uomo, la fantasia della fodera in raso tradisce. Dopo clutch e pochette - per non parlare delle pinzette - ecco che tocca competere con fratelli e cugini anche per il lascito del visione della nonna. Anche l’astrakan è attenzionato. Dove andremo a finire di questo passo, non so dirvi. Non meno in campana, devono stare i nonni. Tenetevi forte donne, torna (e di brutto) la vestaglia per l’uomo! Corta, o a ¾. Non da camera, non per le convalescenze post influenza o le degenze ospedaliere, ma proprio per vestirsi. E uscire di casa (dettaglio non trascurabile). Più corta da mettere sopra il dolce vita, un po’ più lunga come capospalla di mezza stagione.  Avrà un nome preso dall'inglese, musicale e cool, ma sempre di una vestaglia (o variante) si tratterà. Altra notizia in anteprima - vi dividerete, lo so - è che si sono viste molte meno barbe - e molto più corte - delle precedenti edizioni, segno che l’Era del Beard Man sta tramontando. L’incognita resta l’avvicendamento… chi (soprav)viverà, vedrà. Una lunga vita si prospetta invece per l’ormai inossidabile accoppiata caviglia nuda & risvoltino. Pitti era un tripudio di calzini! Insuperabile Paul Smith con una gamma vastissima di colori e fantasie, dalle righe all’animalier, per il suo nuovo coloratissimo progetto PS by Paul Smith, ospitato in uno spazio rosa shocking, tra i più belli insieme a quello digitalcool di Tommy Hilfiger. A proposito di Tommy, da confidenze scambiate nella zona bar dello spazio di Hilfiger, pare che dopo Gigi Hadid anche la linea maschile avrà il suo degno testimonial (nome riservato). Altro caposaldo delle prossime stagioni, il marinière. Rosso, blu e bianco declinati in righe su maglie e maglioni, calzini (ovviamente) e anche biancheria intima (Le slip francais su tutti). E ancora cappotti con bottoni dorati, doppiopetti in panno di lana blu scuro, un gusto ritrovato per l’uniforme, pullover bretoni in ogni dove. Su tutti Saint James, l’originale direttamente dalle pescose coste della Bassa Normandia. Procediamo. Se la pitti people propende per la pelliccia, i padiglioni sono più eco fur. Belle le ecopellicce in piuma artificiale di Save the Duck, fantasie animalier e colorate mongolie, ancora zebrato, maculato dorato e bianco candido da RRD, Roberto Ricci Designers. Comunque il capospalla più gettonato resta il cappotto, nella variante cammello. Già vi sembra di sentirne il morbido calore avvolgervi la schiena e accarezzarvi il collo, vero? Che cialtroni! A Pitti ho imparato che il cappotto si porta aperto e appena appoggiato sulle spalle, guai a infilare le maniche… deve sembrare che stia per cadere da un momento all’altro, mi raccomando. Temete di morire di freddo? Tranquilli, se non sarà il rigore dell’inverno fiorentino a farvi fuori, sarà la fame. A Pitti non c’è cibo. O meglio, ci sono dei corner ristoro, tipo il L’anguorino, il Panino Tondo e il Lubar, in zone abbastanza defilate, tipo sul retro degli stand che si aprono sulla passerella laterale d’ingresso, mentre in zona centrale c’è il bar VEG, e ho detto tutto. Una leggenda (e dei cartelli che finiscono a una serie di porte sprangate) narra di un buffet strettamente riservato alla stampa, ma pare che in Fortezza da Basso ci sia ancora qualche giornalista che lo cerca da Pitti84. In generale, diciamo è mooolto più glamour bere che mangiare, anche perché chi mangia di soppiatto e in gran fretta una piadina farcita, suscita gli stessi sguardi che se stesse mangiando a mani nude un cuore di cervo sanguinante. E non quello di un cervo qualunque, ma della mamma di Bambi. Ho visto circolare anche dei lunch box, grandi come una confezione di crema per il contorno occhi, e ho detto tutto. In compenso negli spazi dei marchi si beve prosecco, come da… non ricordo, vedi a bere il prosecco, ottimi tè verde come da Tommy Hilfiger, succhi di frutta da Clark’s, caffè, cappuccini, moccacini nella sala stampa, acqua - in bottiglietta griffata, ma pur sempre solo acqua - da Patrizia Pepe (però c’è da dire che ha ‘offerto’ alle giornaliste Marco Bocci e non è che si potessero pretendere anche delle tartine al salmone). Io ho “mangiato” a tema nel dopo fashion show di Bmuet(te) e Ordinary People del progetto Concept Korea e così ho risolto. Durante le sfilate dei due marchi, ho imparato come è opportuno che una neofita presenzi alle sfilate (alla Dogana, in terza fila e con una chiappa fuori della panca, ma sempre front row era). Lo sguardo deve essere fisso - vietato guardarsi intorno -, l’espressione funerea ma ‘ravvivata’ da una lieve smorfia come se a folate passasse un lieve miasma, accodarsi sommessamente al livello, alto o basso, degli applausi. Insomma, è facile. Quest’anno non ho ceduto all’impulso di raccattare qualsivoglia gadget, tranne che per una mini taglia del dentifricio Marvis, che da che è mondo è mondo è il dentifricio cool per eccellenza (e infatti è il mio preferito), optando per quotidiani e riviste - da Il Sole 24 ore a Marie Claire, da Il Giornale a Gioia!, che a Pitti sono in distribuzione gratuita. Ottime per il viaggio di ritorno, meno per la scapola destra che ha rischiato di staccarsi dal mio corpo in Piazza della Stazione. Devo però ammettere che ho lasciato Pitti in preda alla tristezza, complice l’installazione centrale con scopettoni, guanti di gomma, secchi e stracci da spolvero mossi dal vento che mi ha rammentato gli impegni che mi avrebbero attesa nelle ore successive al mio rientro a casa. Triste perché io amo la moda e tutto quel che le gira intorno, così tanto da potermi permettere di prenderla (e prendermi) un po’ in giro. E non sto neanche a dirvi che sono uscita senza infilare le maniche del mio cappotto.
 



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