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Siria/L'inferno degli innocenti

Pubblicato da: Categoria: COVER

12
APR
2017

Lo scenario mondiale che si sta configurando appare ancora più cupo e insensato quando, come in questo momento, in molte parti del mondo si festeggia la Pasqua come rinascita dell’umanità

Avevamo già parlato del conflitto siriano sul numero dello scorso dicembre di Extra Magazine, dove illustravamo le condizioni cui era soggetta la popolazione di Aleppo. Ci auspicavamo la definizione pacifica del conflitto che, al contrario, si è involuto in un’escalation bellica sempre ai danni della popolazione civile.
A totale disprezzo dei moniti lanciati dall’ONU, lo scorso martedì 4 aprile, all’alba, uno stormo aereo dell’esercito di Bashar al-Assad, presidente siriano, ha lanciato un violento attacco sulla città di Khan Shaykhun, nella provincia di Idlib, su un territorio totalmente controllato dai ribelli al regime.
Quello che ha reso ancora più atroce l’attacco a Khan Shaykhun è stato l’uso di gas nervini che hanno colpito la popolazione civile causando l’uccisione di oltre 100 persone fra bambini, donne e uomini oltre il ferimento di altre 400. Al primo intervento aereo ne è seguito un secondo, con missili esplosivi, che ha interessato anche l’ospedale gestito da Medici Senza Frontiere, al fine di colpire i feriti ivi ricoverati. Le truppe di Assad hanno adottato, ancora una volta, la modalità del “double tap” che mira a bombardare i soccorritori che intervengono per salvare i feriti.
Per quanto una guerra sia sempre inammissibile, diventa ancora più inaccettabile e preoccupante quando, oltre a interessare i popoli che occupano lo stesso territorio del conflitto, vede l’intervento di forze estranee e, in questo caso, di due grandi potenze come Russia e America.
La guerra in Siria, infatti, ha l’appoggio dell’aviazione russa, delle milizie filogovernative locali e di quelle sostenute dall’Iran, provenienti da Iraq, Afghanistan e Pakistan, dell’Hezbollah e del movimento sciita libanese a favore di Assad e, dall’altra parte, compagini variegate di gruppi estremisti vicini allo Stato Islamico e ad al-Qaeda, quelli con l’appoggio della Turchia, dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti cui si aggiungono Jabhat, Fateh al-Sham e l’ex Fronte Nusra nato dalla rottura dell’alleanza con al-Qaeda cui si sono aggiunti gli islamisti moderati.
La principale caratteristica di questa guerra, brutale quanto inutile, è la totale mancanza di assunzione delle responsabilità in relazioni ai vari attacchi. Anche in questo caso, il governo di Assad ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui addebitava la strage a cause indirette, dovute al bombardamento di una base di ribelli dove, probabilmente, erano custoditi gas tossici. A questa, è seguita la comunicazione del governo russo che ha affermato la totale estraneità della Siria e la propria.
Il raid aereo su quell’area, abitata principalmente da profughi provenienti da altre parti della Siria, segue la logica del conflitto non convenzionale dove le morti fra i civili hanno lo scopo di minare la resistenza psicologica degli oppositori e della popolazione stessa.
L’azione è attribuita con certezza all’aviazione di Assad sia per le testimonianze rilasciate dai superstiti, sia per il tipo di armamenti impiegati, come a Damasco nel 2013 dove furono uccisi 1400 civili con l’impiego del gas sarin. Inoltre le forze jihadiste, accusate dal governo siriano, non avrebbero avuto nessun interesse a colpire la popolazione civile inerme e non schierata di cui conoscevano esattamente l’esistenza e la posizione. A questo si aggiunge il frettoloso comunicato della Russia, pronta a giustificare l’operato del dittatore siriano che, se fosse stato estraneo all’intervento, non avrebbe avuto necessità di essere sostenuto.
La miscela di gas nervini adoperata nell’Idlib, ha generato sofferenze indicibili alle vittime, procurando loro morti lente e penose, terminate con il soffocamento. L’uso di queste armi in Siria assume più l’aspetto di un messaggio di avvertimento che un mezzo bellico per ottenere un fine. È un preavviso di rivalsa sulla popolazione civile contro gli schieramenti antigovernativi.
L’uso di gas nervini durante le guerre è stato più volte bandito dalla comunità internazionale dal Primo Conflitto Mondiale, con la Convenzione di Ginevra del 1925, poi con la Convenzione sulle Armi Biologiche del 1972, sino all’ultimo veto nei confronti del dittatore Saddam Hussein con la Convenzione sulle Armi Chimiche del 1993. Eppure Bashar al-Assad pare ignorare qualsiasi divieto per perseguire il suo intento. Agisce sapendo di restare impunito, in forza della protezione di Putin e della latitanza dell’ONU che non definisce una posizione risolutiva.
Nelle ore successive alla strage di Khan Shaykhun, gli scenari mondiali relativi al conflitto siriano hanno assunto tinte ancora più fosche: il 6 aprile scorso, il neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dopo aver annunciato in campagna elettorale e durante i primi giorni del suo mandato di voler assumere una linea diplomatica compiacente ai rapporti con Russia e Siria, ha annunciato un attacco missilistico al punto di partenza del raid aereo siriano. L’uso di 59 Tomahawk lanciati da due portaerei al largo del Mediterraneo ha distrutto la base aerea procurando limitati danni materiali e causando 15 morti, 6 soldati e 9 civili, tra cui 4 bambini. La decisione del presidente degli States, priva del nulla-osta della NATO e del mandato dell’ONU, è stata giustificata dalla necessità di tutelare l’incolumità dei bambini siriani e quella del popolo americano. Non si sono fatte attendere le reazioni irate del Cremlino e di Assad che hanno dichiarato conseguenze sui rapporti diplomatici con l’America.
Lo scenario internazionale, dopo gli ultimi avvenimenti, ha assunto una configurazione piuttosto complessa, anche se le diverse reazioni sembrano più dettate da sentimenti estemporanei che da precise valutazioni. Assad minaccia ritorsioni tramite i suoi alleati, La Russia ha interrotto le relazioni con l’America. Le uniche reazioni imprevedibili sono quelle iraniane che potrebbero dare origine ad attacchi contro le truppe americane in Medio Oriente. L’intervento americano ha ricevuto il plauso della premier inglese Theresa May, del premier israeliano Netanyahu, di Arabia Saudita, Giappone, Australia, Turchia, Estonia e Danimarca. La Cina il cui presidente, Xi Jinping, era ospite di Trump proprio durante l’annuncio dell’attacco, lascia intendere preoccupazioni per le reazioni del leader nord coreano, Kim Jong-un, che ha dichiarato di sentirsi legittimato all’uso delle armi atomiche per contrastare i possibili interventi contro la sua nazione. Alcune navi militari americane, già presenti nel Mare Cinese Meridionale, in accoglimento della richiesta cinese, si sono spostate in prossimità della Corea del Nord.
Anche il premier italiano Gentiloni ha voluto esprimere la sua posizione dichiarando che l’intervento americano è stato giusto e motivato.
È difficile prevedere quali saranno i futuri sviluppi, ma si può intuire che lo scacchiere internazionale non ospiterà un conflitto mondiale. Trump ha chiaramente dimostrato di non voler sostenere il “regime change” della Siria riducendo, così, il rischio di successivi scontri. Le uniche reazioni difficilmente prevedibili sono quelle dello Stato Islamico, di Al-Queda e dell’Iran che normalmente intraprendono azioni non convenzionali su base terroristica.
Per porre fine a questa crisi internazionale sarebbe necessario l’abbandono all’escalation militare a favore di un’intensa azione diplomatica. A partire da Russia e America, che hanno un ruolo fondamentale nei rapporti fra gli stati, l’abbandono delle rispettive posizioni a favore della diplomazia, condurrebbero all’ideale condizione di civile convivenza da troppo tempo desiderata.
Si potrebbero risolvere le innumerevoli necessità internazionali, impiegando anche soltanto una frazione dell’impegno economico destinato dalle grandi potenze a intelligence e armamenti. Anche se appare una remota ipotesi, sarebbe molto più civile e appagante attribuirsi la paternità di una pacifica soluzione internazionale piuttosto che la vittoria bellica in uno scenario di guerra. L’attacco alla base aeronautica siriana è costato agli U.S.A. circa 88milioni di dollari che se fossero stati utilizzati in azioni umanitarie, avrebbero sortito un effetto molto più efficace e risolutivo. Sino a che il controllo della politica internazionale sarà gestito da leader come Putin e Trump, appare davvero difficile immaginare scelte favorevoli alla pace. Lo scenario mondiale che si sta configurando, appare ancora più cupo e insensato quando, come in questo momento, in molte parti del mondo si festeggia la Pasqua come rinascita dell’umanità.



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