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Marco Marinelli/Al cuoco!

Pubblicato da: Categoria: COVER

28
SET
2017

Una splendida masseria, una cucina in piena attività, un talento che ha già fatto il giro del mondo: ecco gli ingredienti di un incontro speciale. Con tanto di ricetta finale

Cento ettari di campagna, il mare cristallino dello Jonio a pochissimi chilometri, una antica dimora contadina ristrutturata nel totale rispetto della tradizione locale per regalare tutti i comfort che può offrire una struttura di altissimo livello. È la Masseria Bagnara di Lizzano, spendida struttura resort e spa, che abbiamo scelto questa settimana come location per intervistare il suo head chef, Marco Marinelli.
Marco ci accoglie all’ingresso di questa incantevole masseria dove ulivi centenari, con le loro superbe architetture plasmate dai secoli, cingono in un incantevole abbraccio la tenuta.
Qualcuno si domanderà come il nostro chef sia capitato in un posto così incantevole ed esclusivo. Non ci resta che fare la sua conoscenza, la cui famiglia di origine risiede a Lama, a una manciata di chilometri da Taranto.
E’ lo stesso Marco a raccontarci con il senso dello humour che lo contraddistingue come fu "accettato" in famiglia quando venne al mondo nel settembre del 1979. I genitori pensavano che dovesse nascere una bimba, le avevano anche assegnato il nome di Alessia, ma poi venne alla luce Marco. Il suo nome lo scelse il fratello Michele, soltanto tre anni più grande di lui, il resto lo fece il destino e la preziosa presenza nella sua vita della nonna materna Grazia, bravissima ai fornelli.
Il padre Francesco, bancario in pensione, parla del figlio in termini più che lusinghieri e ritiene veramente unica l’opportunità che oggi lo vede impegnato a così alto livello in un delle strutture più importanti dell’area jonica.
Ma ritorniamo a nonna Grazia: “Nonna, da grande voglio fare il cuoco”, si sentì dire dal nipote di quattro anni. Il tempo corre veloce ma Marco ricorda quando la nonna lo portava con sé al mercato di piazza Sicilia a Taranto per acquistare il miglio che soltanto lei sapeva riconoscere, bastava tastarlo per qualche secondo con le prime tre dita della mano ed era certa che si trattasse di quello buono.
Fu da allora che il piccolo Marco capii che per fare carriera nell’arte culinaria doveva tenere in debito conto anche i piccoli gesti come quello di conoscere un prodotto buono da quello meno buono.
Dopo aver tirato i primi calci al pallone giunse veloce l’età della prima scelta importante, quella degli studi da proseguire dopo il conseguito diploma di licenza media.
Aggiunge Marco: “Non potevo non soddisfare questo bisogno che mi portavo dietro già da alcuni anni perciò la scelta ricadde sull’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione di Gandoli. Mi dissero che qui avrei imparato le basi tecniche dell’arte culinaria e che il resto lo avrei acquisito nel tempo con l’esperienza sul campo”.
Intanto arriva una prima mezza delusione perché il povero Marco trascorre la prima estate da studente di Gandoli come ‘lavapiatti’, un lavoro che lo vede impegnato dalle 5 di pomeriggio alle 2 di notte per sole 25 mila lire a settimana. Ma la gavetta è gavetta e va vissuta come tale.
Marco così prosegue: “Finalmente giunsero le prime soddisfazioni ed esperienze vissute in Italia: due sulla riviera romagnola, a Milano, a Napoli, poi in Liguria, poi subito all’estero: a Ginevra, e ancora sulla Costa Azzurra, a Saint Tropez, dove iniziai a cimentarmi in un accurato studio della cucina francese, anche se ad onor del vero il mio titolare pretendeva che almeno una volta a settimana io scendessi a Ventimiglia a rifornirmi di prodotti italiani da proporre poi alla clientela del ristorante quasi esclusivamente francese”.
E aveva ragione Marco, perché non si trattò di una “vetrina” come gli dicevano gli amici ma di un qualcosa di veramente interessante. Passa così dalla cucina francese a quella caraibica volando fino alle Antille francesi a Saint Barth dove resta per tre anni.
La lontananza dalla propria Patria bussa al cuore e alla mente di Marco che ritorna in Italia per trasferirsi a Torino dove si ferma per tre anni e dove avviene l’incontro, che si verificherà importante nella sua carriera di ‘chef’: infatti incontra Andrea Fasano, anche lui di origine pugliese, ma in Piemonte in tenerissima età.
Marco ci racconta questo episodio: “La proprietaria del ristorante torinese mi informa che ai piemontesi piacciono le cime di rapa e che sta a me inventare qualcosa perché lo sposalizio fra le rape e la cucina tarantina possa riuscire. Ed ecco che mi invento ‘Taranto-Torino andata e ritorno’, un piatto con pasta fresca fatta a mano e le rape non condite con i classici olio, aglio e acciuga, ma con la bagna cauda. L’esperimento viene salutato da successo”.
Marco sente prepotente il bisogno di far ritorno sulle rive dello Ionio e ritorna per collaborare con due noti ristoranti tarantini. Qui incontra una persona che crede subito in lui, il sommelier tarantino Salvatore Tatullo, di fama internazionale. Un altro importante e determinante incontro è con la giornalista ‘food-expert’ tarantina Antonella Millarte che gli spiana la strada per aprirgli varchi che lo fanno lavorare in altre realtà pugliesi fino a giungere alla catena di food Eataly, del patron Oscar Farinetti, che decide di affidare a Marco la gestione dell’Osteria Pugliese (il ristorantino delle verdure)  “L’O Gusto” a  Bari.
Qui da un varco si apre un’autostrada perché Marco entra subito in contatto con Tony May, presidente dell’associazione GRI (Gruppo Ristoratori Italiani) e presidente dei ristoratori italiani a New York che gli offre una collaborazione con il Griffin’s del Saint George’s Club nelle Bermuda, gestito da Piero Casalicchio.
Finita l’esperienza nelle Bermuda Marco torna in Europa fermandosi per qualche tempo nella capitale francese.
Il lungo tour di Marco finisce, per ora, a Masseria Bagnara come Head Chef, posto che fa gola e, perché no, anche invidia a molti suoi colleghi.

 




Commenti:

Lucia 28/SET/2017

Bravissimo Marco La caparbietà porta lontano Sempre più in alto Eh!!!!

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