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C´ERA UNA VOLTA L´AVVOCATURA

Pubblicato da: Categoria: COVER

18
GEN
2018

Un ritratto disincantato non solo dei professionisti ma anche dei clienti: sia gli uni che gli altri, purtroppo, vanno verso un inesorabile ribasso di valori

“…Buona sera avvocato… Devo scrivere una lettera… A quanto me la fate?": sembrerebbe una richiesta da mercato generale della frutta e della verdura, e invece è proprio la richiesta pervenuta presso il mio studio da un cliente. Ho volutamente fatto ricorso a questa frase, come incipit, per meglio raffigurare questo “Tempo”, un non riguardo per la professione di noi avvocati, per il lavoro e l’impegno intellettivo da noi profuso. Per il tempo da noi speso. Per le nostre conoscenze e il nostro bagaglio esperienziale. Un “Tempo” fatto di razzie e sciacallaggio professionale in cui ogni avvocato è, hobbsianamente, “lupus” per il proprio collega. In cui taluni professionisti, per sopravvivere, a causa del poco lavoro o della esigua remunerazione, in sfregio alla deontologia, e in preda a un falso zelo, propina al cliente processi di responsabilità avverso altri colleghi, paventando presunte e surrettizie responsabilità e/o colpe professionali. Un “Tempo” in cui, nelle difese d’ufficio, in Tribunale, ti puoi imbattere, tuo malgrado,  proprio nella difesa penale di un collega dal reato di infedele patrocinio, di un collega che ben conosci o, peggio ancora, tuo amico; e, nel difenderlo, pensare se la tua polizza è sufficientemente retroattiva, sperando che non capiti mai a te. Un “Tempo” in cui la colleganza non esiste più, ove si fanno esposti anonimi solo perché il collega ti è antipatico o, magari, peggio ancora, per invidia, perchè è solo più bravo di te. Un “Tempo” in cui un cliente si porta presso lo studio di un collega sparlando del precedente difensore che non ha pagato, o non ha voluto pagare, e noi anzicchè difendere comunque il collega, in difesa della nostra categoria, screditiamo il di lui lavoro, o la di lui legittima richiesta di onorario, al sol fine di accaparraci il cliente, peraltro, cattivo pagatore. Un “Tempo” in cui si svendono le competenze relative ai patteggiamenti, in cui neofiti colleghi abilitati scaltramente all’estero dopo la laurea, senza aver compiuto neppure la effettiva pratica, esercitino in proprio. Un “Tempo” in cui si fregiano di questo “nobile” titolo  persone moralmente ed umanamente indegne. Che mutuano nella professione la pochezza del loro animo. Un “Tempo” in cui si diviene avvocato non per vocazione ma solo per impiegare il tempo, o, peggio ancora,  ottemperando alla politica del “serbatoio sociale”. Un  “Tempo” in cui l’avvocato non è più un risolutore di problemi ma solo un “tergiversatore”. Un “Tempo” in cui v’è uno o più avvocati a ogni civico e i colleghi sono ormai più numerosi degli stessi clienti. Un “Tempo” in cui la professione è stata derubata della costituzionale funzione sociale. In cui, in sfregio al Maestro Calamandrei, anche la professione di avvocato si può svolgere solo con la mera ragione e non più col cuore. Un “Tempo” in cui lavorano avvocati, non più competenti e preparati, ma unicamente scaltri e ammanicati. In cui l’aggiornamento è sempre più fittizio e, svilendo la sua precipua finalità, asseconda la logica del guadagno di qualcuno, in termini economici  e di visibilità. Un “Tempo” in cui l’avvocato non bada più all’etichetta, all’abito e alla forma e, per comportamento e linguaggio, si uniforma e conforma all’uomo volgare, l’uomo della strada. In cui la toga, effige di solennità della nostra nobile professione, in udienza, è solo uno sbiadito ricordo del passato. In cui l’avvocatura è prona alla magistratura. In cui proliferano associazioni forensi e sigle ma diminuiscono ideali e contenuti. In cui l’individualismo ha scalzato lo spirito di coesione. In cui spregevoli, biechi clienti, dopo aver fatto il pellegrinaggio  per i vari studi, riescono, comunque, a trovare spietati colleghi senza scrupoli pronti ad assisterli e difenderli. Un “Tempo” in cui non esiste più rispetto ed educazione per il collega più anziano, in cui la lealtà e la correttezza professionale sono solo chimere.  Un “Tempo” in cui … “mala tempora currunt!” -  mai espressione  ciceroniana fu, forse, più azzeccata! Ma anche un “Tempo” in cui gli “advocati”, i “chiamati”, un numero sempre più esiguo, prezioso e raro di eletti, che è avvocato dentro e non soltanto per professione, smetta di vivere inerte e nell’ombra, crogiolandosi vanamente per il  professionale degrado ma che si batta per restituire dignità all’Avvocatura. Un “Tempo” in cui ciascuno di noi, responsabilmente, sfoderi la radiosa luce del proprio intelletto e la  poderosa ed eloquente voce del proprio cuore per urlare “basta!”. Un “Tempo” in cui cessi di domandarsi cosa l’Avvocatura mi può dare, ma, di contro, cosa io posso darLe … Ma, soprattutto,  è  il “Tempo” in cui  smettere di raccontarci la fiaba del “Lupo e l’avvocatura” piuttosto che della "bella Avvocatura addormentata” ma di scriverne, tutti assieme, una nuova!    
    
*Vice Presidente UIF – Sezione Taranto
Consigliere Comitato Pari Opportunità COA Taranto



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