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Rocco Papaleo/Meridionale dentro

Pubblicato da: Categoria: COVER

5
APR
2013

 

Per la prima volta a Taranto, ancora scottato dalle contestazioni per lo spot Eni, l’artista non si pronuncia sui temi “caldi” di Ilva & co. ma non nasconde la sua ammirazione per questa città bella e contraddittoria
 
Esilarante, coinvolgente ma soprattutto versatile. Sia lui che lo spettacolo. Rocco Papaleo questa volta ci propone un esperimento di teatro canzone, dove la narrazione entra ed esce dal modulo musicale, conciliando i suoi racconti- canzone con i luoghi in cui si esibisce o che gli appartengono per origine. Lo spettacolo, di notevole fantasia, sembra un diario da sfogliare, che raccoglie pensieri di giorni e periodi diversi, di vite differenti, sue e del suo gruppo: storie divertenti, rime che rincorrono un ritornello musicale, come un piccolo zibaldone che ogni tanto vale la pena di rileggere e ricordare. Istrione sul palco, ma con una semplicità e schiettezza che lo contraddistingue quando scende tra il pubblico, coinvolgendolo con naturalezza e affetto. Con la stessa semplicità e pacatezza ha chiacchierato con me dopo la sua performance sul palco del Tatà.
Una Piccola Impresa Meridionale è anche un libro e un film: una “grande impresa” piuttosto! Qual è il filo conduttore?
«Vuole essere un progetto su più fronti, gli stessi che coincidono con le mie passioni; quindi siamo partiti dal teatro, per continuare con il film e ora stiamo scrivendo un romanzo ispirato a questa storia che si amplia sempre di più. Il filo conduttore è quasi sempre lo stesso, la storia infinita del popolo meridionale, di quella parte che ha lasciato il meridione per cercare di esprimersi, ma quando deve ispirarsi, attinge sempre alle sue radici. Della meridionalità ne ho fatto un po’ la mia cifra stilistica: questo modo di essere, uno sguardo un po’ provinciale, ma anche caloroso e timido, che generalizzando, racchiude un po’ le caratteristiche dei meridionali».
Meridionalista quindi?
«Mi piacerebbe, vorrei esserlo, ma proprio adesso non mi è possibile; dopo la pubblicità dell’Eni, in cui ricordavo agli automobilisti di fare benzina il sabato e la domenica perché costava meno, mi hanno attaccato e criticato, tenendo conto soprattutto dell’intenzione della multinazionale a voler trivellare in Basilicata. Era immaginabile una reazione del genere e capisco perfettamente il malcontento dei lucani nei miei confronti (e dire che mi considero un ecologista), ma fa parte di quelle contraddizioni in cui tutti siamo implicati. Sta di fatto che io vado per la mia strada e penso che piuttosto dovrebbero urlare contro i politici e il Governatore della Regione Basilicata se permettono all’Eni di trivellare».
E del suo gruppo cosa mi dice? Sembrate tutti molto affiatati…
«Siamo un gruppo di amici veri: viaggiamo insieme, siamo in grande sintonia. Sono approdato a questa formazione dopo anni di diverse scorribande e dopo aver lavorato con tanti musicisti che si sono alternati, ma questi ragazzi li definirei “una famiglia musicale” e credo che il pubblico lo percepisca. Loro suonano jazz, fanno una performance musicale. Lavoriamo insieme, alcuni testi delle canzoni li ho scritte io e loro la musica». 
Si dice che il viaggio sia alla base della conoscenza, per questo forse i meridionali –con le loro fughe verso nuove opportunità- sono particolarmente consapevoli. Anche lei sin da giovane, deve averne consumati di chilometri.
«Io sono sempre stato in movimento, ma quello che conta secondo me è avere sempre con sé uno zaino che contenga la propria cultura e le proprie tradizioni; le cose importanti da trattenere non sono tantissime, ma sono indispensabili per avere il contatto sempre con la propria storia».
Facendo riferimento alla sua esperienza di vita, cosa consiglierebbe a un giovane indeciso tra la facoltà di matematica e la scuola di recitazione?
«Oggi i giovani sono molto spaventati e spesso vengono demoralizzati dai loro stessi insegnanti che li inducono a mollare, che consigliano loro un percorso piuttosto che un altro, perché non avrebbero un futuro in quello che vorrebbero intraprendere. Io mi sento di dire il contrario, perché non esiste una facoltà universitaria che dia certezza lavorativa. Considerando ciò, conviene puntare su quello che piace veramente, per cui dico a tutti di guardarsi dentro e di scegliere una cosa che possa essere appassionante, che possa rispecchiare il proprio modo di essere e la propria voglia di fare. Se un ragazzo vuole studiare recitazione lo consiglio vivamente, perché è un’esperienza molto bella, di approfondimento e di conoscenza, che regala comunque un bagaglio importante per la propria cultura».
Cosa pensa di Taranto? E’ la prima volta che viene a trovarci. 
«Mi piace molto, è una città bellissima. Dopo pranzo ho passeggiato per il lungomare e lo trovo stupendo. Questa costa che si sdraia sul mare, sembra una poesia. E’ un peccato che fuori dalle mura di questa città arriva solo il peggio, l’Ilva; questa è una città di cui si deve godere, così luminosa e colorata, architettonicamente ricca; mi ricorda Napoli con le sue contraddizioni».
E il suo parere riguardo l’Ilva?
«E’ una questione complicata  su cui non mi sento di esprimermi, ma quello che ho potuto notare è che è una città speciale». 
E i Tarantini come le sembrano?
«Con i tarantini non ho avuto modo ancora di approcciarmi, solo con il pubblico per il momento, e ho avuto un riscontro strepitoso. Il monito che lancio ai tarantini è di far volare alto la loro città!». 
 


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