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《Siate sempre sospinti da questo vento e ce la farete》

Pubblicato da: Categoria: COVER

21
GIU
2018

La lettera del Comandante Dezi scritta in occasione del giuramento solenne del 29 giugno a Taranto e rivolta proprio agli allievi in addestramento alla Scuola Volontari dell’Aeronautica Militare

Venerdì 29 giugno si svolgerà a Taranto la cerimonia del giuramento solenne degli allievi Volontari in Ferma Prefissata di un anno (VFP1) dell’Aeronautica Militare.
Dopo 21 anni, il giuramento degli allievi si svolgerà in centro città, sulla bellissima rotonda situata di fronte al monumentale Palazzo del Governo; una insolita ma significativa cornice che evidenzia la collaborazione tra l’Aeronautica Militare e le Istituzioni del territorio e il profondo legame che esiste da quasi cento anni tra il capoluogo jonico e l’Arma Azzurra.
Il giuramento sarà impreziosito dalla presenza della Pattuglia Acrobatica Nazionale che si esibirà con alcuni sorvoli sullo specchio di mare antistante il luogo della cerimonia. Al termine della cerimonia del giuramento avverrà il passaggio di consegne al comando della SVAM tra il Comandante uscente, Colonnello Fabio DEZI, destinato a un nuovo incarico all’estero, e il subentrante Colonnello Gianluca CAPASSO.
L’evento  riguarderà 435 allievi del 23° Corso VFP1 “Delfo II” – 1° Incorporamento, che presso la Scuola Volontari dell’Aeronautica Militare di Taranto (SVAM) stanno svolgendo il corso di formazione a carattere generale alla fine del quale saranno destinati ai reparti operativi della Forza Armata.
Ecco il testo della lettera che il Colonnello Dezi ha scritto agli allievi Volontari.


Ancora pochissimi giorni e arriverà il momento più significativo e importante per voi. Quello che, sicuramente, ricorderete per sempre e che, insieme a molti altri, rappresenterà un tassello determinante della vostra vita. Ancora pochi giorni e arriverà il momento in cui, schierati sotto il cielo, pronuncerete il fatidico “Lo giuro!” davanti a chi avete di più caro e che chissà quanti disagi avrà dovuto sopportare pur di esservi vicino. Prima di quel momento, si susseguiranno i discorsi ufficiali, che vi daranno chiarezza dei vostri doveri e del senso di ciò che state per fare, e dell’impegno che state per assumere.
     Io, però, oggi desidero parlarvi a tu per tu. Qui dentro, nella Scuola che vi ha visti giungere soltanto qualche settimana addietro e che assiste, attimo per attimo, ai vostri intensi sacrifici nello studio e nell’addestramento, pur di poter arrivare, il 29 giugno prossimo, ad essere perfetti e bellissimi.
     Dalla finestra del mio ufficio, seminascosto tra le tende, ho spesso sbirciato il vostro “lavoro” e l’impegno che ci avete messo. Ho visto gocce di sudore scivolare sulle vostre giovani espressioni di ragazzi che, soltanto un mese prima, erano lontanissimi da questa realtà, inimmaginabile se non attraverso i racconti, frequentemente alterati, di un amico o di un parente più anziani. Ho visto il labiale di qualcuno mentre si lamentava a denti stretti per quella fatica che, forse, superava la sua resistenza e di cui, al momento, non riusciva a spiegarsene la necessità. Ho visto le vostre magliette verdi madide e ho sentito il rumore dei tacchi a terra per portare il passo. Quando, le prime volte, come si suol dire in gergo, altro non è che una scarica.
     Non vi nascondo di aver provato, allora, un accenno di preoccupazione e di dubbio. Ce l’avrebbero fatta i miei ragazzi a essere pronti per quel giorno? Sarebbero stati in grado di sfilare attraverso il lungomare di Taranto e di incastonarsi all’interno della sua splendida rotonda? Per alcuni giorni, questo è stato il mio cruccio. Una sera, però, quasi senza rendermene conto, sono tornato all’improvviso indietro nel tempo con i miei pensieri. Mi è ricomparso, davanti agli occhi, un ragazzino appena diciannovenne, fulvo e dall’incerta peluria sul viso. Un ragazzino che, insieme a qualche altro centinaio di giovani come lui, cercava di impegnarsi allo spasimo per imparare a marciare come si deve e a saper fare tutto ciò che è fondamentale durante un giuramento. Un ragazzino che la sera, rientrando in camerata, nonostante le vesciche ai piedi, si domandava se sarebbe riuscito a dare tutto ciò che gli si richiedeva. Ero io quel diciannovenne fulvo e dall’incerta peluria sul viso. Ero io, tantissimi anni fa. Con le vostre stesse domande, con gli stessi dubbi, con le stesse paure. Così com’è giusto che sia. E perché sarebbe stato assurdo il contrario.  Chi afferma questo può cadere sempre. Per superare le prove della vita,  così come sta capitando a voi, occorre altro. E bisogna trovarlo in se stessi. Occorrono la passione, per esempio, oppure la volontà di volercela fare a tutti i costi, pur di raggiungere il proprio sogno. Occorre possedere valori ed energie che altri non riescono ad avere.
    Quel ragazzino, quasi trent’anni fa, ad un certo momento del suo percorso formativo, capì che avrebbe dovuto far riferimento a tutto questo pur di raggiungere il suo obiettivo. E, sì, perché quel ragazzino, che assomigliava per indole a tanti altri giovani come lui, aveva un obiettivo. Vivere la sua vita in Aeronautica e fare di questa la sua ragione. Non era e non sarebbe stato facile, ma quel ragazzino intuì che anche lui, nonostante fosse uno dei tanti, ce l’avrebbe potuta fare se solo si fosse sforzato sempre di più e si fosse sacrificato nel nome di qualcosa, ma soprattutto credendo in qualcosa. Ne andava del suo onore. Un termine desueto oggi o, forse, usato in modo sbagliato. Sappiate, però, che quel ragazzino solo così ce la fece.
    L’indomani da queste riflessioni, pensai di dovervene parlare. Forse, portarvi una personale testimonianza sarebbe potuto servire e avrebbe potuto darvi quel pizzico di carica di cui avevate bisogno. A prima mattina, però, nuovamente sbirciai dietro le tende e, anche se stentatamente, mi sembrò che il rumore dei vostri tacchi giungesse più all’unisono, così come quello del passo e della cadenza. Ritenni di soprassedere e decidere più in là. E, come potete constatare, ormai siamo prossimi al giuramento, senza che io vi abbia fatto adunare in merito, se non per altri motivi.
    Voi non potete saperlo, ma, dai giorni successivi, i vostri sguardi hanno incominciato a riempirsi di soddisfazione e, più questo accadeva, più il vostro portamento diventava sicuro e i vostri movimenti, in marcia e da fermo, in perfetta sincronia con gli ordini degli istruttori. Ho capito, allora, che anche per voi era arrivato lo stesso momento in cui chi lo vuole incomincia a comprendere che cosa significhi essere un militare e che cosa sia importante per raggiungere il proprio obiettivo. Che non è soltanto quello del giuramento, ma della propria vita.
     Il giuramento, nella sua forma esteriore, passerà e qualcosa potrà anche non andare bene. Siamo uomini e donne ed è nella nostra natura emozionarci, commuoverci, sbagliare. Ciò che conta maggiormente sarà il sentimento con cui rispetteremo e assolveremo al giuramento prestato. La passione e lo spirito di sacrificio che si infonderanno tutta la vita nella convinzione costante che si stia facendo la cosa più giusta.
    Siate sempre sospinti da questo vento e ce la farete. Affidatevi a voi stessi, alla vostra forza, alla vostra caparbietà e alla vostra tenacia e nulla potrà esservi precluso. Abbiate sempre onore e che questo sia il vostro vessillo.
     Questo volevo dirvi, ragazzi miei.



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