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Sì, lo vogliamo

Pubblicato da: Categoria: COVER

26
APR
2013

 

Li abbiamo conosciuti su queste pagine non molte settimane fa e di nuovo in onda su “Protagonisti”, dove hanno lanciato in anteprima la notizia del loro matrimonio. Giuseppe Maffia, presidente dell’Arcigay di Bari, e Roberto Burgos ci raccontano la loro favola
 
Sempre più spesso mi accade di rabbrividire durante la visione del telegiornale, pieno zeppo di fatti di cronaca al limite dell’assurdo. Ciò che provoca maggior sgomento, il più delle volte, è l’uso della violenza del tutto immotivato. Non che possa esistere una giustificazione nel fare del male a qualcuno, sia chiaro. Tuttavia, è già grave quando vi è un movente, un litigio, una disputa, figurarsi quando accade all’improvviso e senza un motivo ben preciso. O meglio, il motivo c’è ed è l’intolleranza. Si assiste frequentemente a episodi di aggressione ai danni di qualcuno che non ci va a genio per un qualsiasi motivo: un ragazzo che non ha da accendere perché non fuma viene picchiato selvaggiamente – non so se lo ricordate, ma è accaduto davvero, ve lo assicuro –; un genitore viene ucciso perché aveva chiesto di abbassare il volume della televisione; il vicino di casa viene accoltellato perché il suo cane “stranamente” abbaia. Uno dei luoghi in cui accade più spesso un’aggressione dettata dall’intolleranza, tuttavia, sembra essere la scuola. Il posto che maggiormente dovrebbe tutelare i giovani, diventa lo scenario per atti di violenza nei confronti di uno studente bravo a scuola, uno educato con i professori, un ragazzo disabile, o un omosessuale. E quando accade una cosa del genere, non vi sono scuse che tengano. 
Impossibile dimenticare il ragazzo dai pantaloni rosa, o la coppia di gay picchiata a sangue perché sorpresa a baciarsi in un parco pubblico. È possibile che, in un periodo in cui ci si vanta delle più grandi e sensazionali scoperte scientifiche, in cui ci si trova costantemente dinanzi a tecnologie sempre più all’avanguardia, accadano ancora cose di questo genere? Da quando in qua l’orientamento sessuale di una persona diventa il criterio per stabilire la “normalità”? Da quando l’amore deve essere motivo di violenza?
Mentre una larga fetta di popolazione rimane ancorato a stupide – sì, consentitemi l’uso di questo vocabolo – convinzioni, vi è fortunatamente un’altra parte che lotta per i diritti di tutti. In Italia si è ancora piuttosto lontani dal permettere a una coppia omosessuale di essere considerata a tutti gli effetti una famiglia, ma c’è speranza. Lo dimostrano Giuseppe e Roberto, due simpatici ragazzi che presto convoleranno a nozze, coronando finalmente il loro sogno assieme alle loro famiglie e amici.
 
Come e quando vi siete conosciuti? 
Giuseppe: «Ci siamo conosciuti in Università: le nostre facoltà, Scienze Politiche e Giurisprudenza, hanno sede nello stesso stabile. Ricordo che quella mattina avevo un esame al quale ho fatto ritardo per poter stare con questo ragazzo appena conosciuto».
 
In anteprima su Protagonisti avete dato la notizia del vostro matrimonio. Chi ha fatto la proposta a chi? 
G: «La proposta l’ho ricevuta io da Roberto. Parlavamo da tempo del matrimonio fantasticandoci su. Quando finalmente siamo stati certi che per lo stato ecuadoriano, quello di appartenenza di Roberto, potevamo coronare il nostro sogno attraverso un articolo inserito nell’ultima riforma della costituzione, che prevede un unione civile identica al matrimonio, tranne che per le adozioni, le quali purtroppo sono ancora vietate, abbiamo reso realtà le nostre fantasie».
Roberto: «Gli ho chiesto di sposarmi perché ho capito dal primo istante che lui era la persona giusta, così ponderato, caparbio e risoluto. Tutte caratteristiche che amo moltissimo».
 
Come avete sempre immaginato il giorno del vostro matrimonio? 
G. e R.: «Abbiamo la fortuna di celebrare il nostro matrimonio esattamente come lo abbiamo sempre immaginato, ossia in spiaggia con rito Valdese, naturalmente dopo la cerimonia che si terrà presso il consolato ecuadoriano a Roma. Ci sarà un buon catering che servirà carne e pesce alla griglia, invitati felici che ballano senza dover essere legati alle solite etichette di comportamento che la maggior parte dei matrimoni comportano: stare seduti, essere serviti, ballare solo quando il dj lo decide e quant’altro. Per noi il matrimonio è una cosa molto importante, è la coronazione di un sogno e siamo felici di poterlo vedere finalmente esaudito».
 
Dunque potete sposarvi in Italia solo grazie al consolato del Paese di appartenenza di Roberto. Questo la dice lunga su quanto sia indietro il nostro Paese su alcune questioni.
G. e R.: «Il nostro paese non ha salito neanche il primo gradino dei diritti. Possiamo sposarci grazie alla cittadinanza ecuadoriana di Roberto e questa cosa ci rattrista molto, perché siamo italiani, viviamo in Italia e i nostri figli saranno cittadini di questo Paese. Figli che potremo avere dopo aver sudato sette camice e dopo sforzi personali ed economici immensi».
 
Infatti un’altra nota dolente per le coppie omosessuali è l’adozione. Cosa pensate che lo Stato debba fare per eliminare una volta per tutte gli ostacoli?
G. e R.: «Ci  piacerebbe che venisse depositato un disegno di legge che equipari i diritti e i doveri delle coppie omosessuali a quelle etero. Sarebbe bello se oltre a pagare le tasse potessimo anche avere una famiglia tutelata dalla legge».
 
La cronaca è purtroppo piena di storie di aggressioni ai danni di persone omosessuali. Alcune vittime ne rimangono poi talmente turbate da tentare il suicidio. Vi è mai capitato di subire intimidazioni o di essere bersaglio di angherie?
G.: «Personalmente non ci è capitato di essere vittime di atti omofobi, ma essendo io presidente dell’Arcigay Bari posso dirvi con assoluta certezza che c’è molta strada da fare ancora. Sono al corrente di molte situazioni spiacevoli, che non sono più tollerabili. Il rispetto deve essere al di sopra di ogni cosa. Non è possibile che delle persone debbano essere soggette a intimidazioni o ad aggressioni per via dei propri gusti sessuali».
 
 
C’è stato, durante l’adolescenza, un momento in particolare in cui avete scoperto con certezza di essere omosessuali?
G: «Scoperto di essere omosessuale? Non lo si scopre; lo si è e basta. Si può fingere di essere etero per sembrare simile e uguale al contesto da cui provieni. Vivendo in un paesino ho cercato di avere delle ragazze, ci sono stato anche a letto, ma poi mi sono reso conto che al mio fianco volevo altro: volevo un uomo. Adesso ce l’ho e ne sono felice».
R.: «Ho sempre saputo di essere omosessuale, ma anche io ho finto per un po’ di essere etero, cercando di convincermi che mi piacessero le donne. Poi, tuttavia, ho capito che dovevo accettare ciò che ero davvero, che non c’è nulla di sbagliato nell’essere gay, non c’è nulla di male. Mi sono reso conto che non sono io a essere sbagliato, semmai lo sono gli omofobi, gli intolleranti, le persone che non accettano la diversità e fanno uso di violenza. L’amore, di qualunque genere esso sia, non è mai sbagliato».
 
Chi è stato il primo a cui lo avete detto? E qual è stata la sua reazione?
G.: «La prima persona a cui l’ho detto è stata un’amica/fidanzatina. Avevo sedici anni e mi ero stancato di mentirle, di fingere di essere qualcosa che non ero. Devo ammettere che lei ha reagito molto bene; ha capito che mi stavo aprendo per non farla stare male, e che la mia confessione era un atto di rispetto nei suoi confronti, oltre che nei miei. Da allora ci sentiamo spesso e cerchiamo di passare del tempo insieme. È un rapporto che continuo a coltivare con grande piacere».
 
 L’outing spaventa ancora tantissimi giovani. 
G. e R.: «Il coming out spaventa! L’outing si ha quando un’altra persona parla a tua insaputa del tuo orientamento sessuale e non ti lascia la libertà di esprimerlo con i tuoi tempi e i tuoi modi».
 
Ops, pardon! Quale consiglio dareste ai ragazzi che non trovano il coraggio di fare coming out?
G. e R.: «Ovviamente, essendoci passati personalmente, capiamo lo stato d’animo di chi debba fare coming out. Non è affatto semplice, ci si mette in gioco e si corre il rischio di non essere compresi, di essere allontanati. Si ha paura di perdere dei rapporti, ma se accade davvero, evidentemente non erano rapporti solidi, reali. Io dico sempre che quando si decide di fare coming out ci si libera da un fardello e solo cosi ha la possibilità di capire davvero chi ci vuole bene e chi ci ama per quello che si è. Quelli che vanno via non sono amici degni di essere chiamati tali».
 
Vi ringrazio per averci fatto entrare in contatto con le vostre emozioni. Se solo si cercasse di creare maggiore empatia verso il prossimo, ci sarebbero meno difficoltà e sicuramente più serenità. A nome della redazione di Extramagazine, vi faccio tantissimi auguri per il vostro imminente matrimonio. E naturalmente aspettiamo con ansia di vedere le foto!
G. e R.: «Avrete foto e filmino del nostro matrimonio, promesso. E… perché no, magari anche l’invito!!!! Un abbraccio».
 



Commenti:

Paolo 6/MAG/2013

Sono molto contento per voi.Anche io vorrei coronare il mio sogno ma so che non sara' facile. Siate felici pensando sempre che siete stati la scelta l'uno dell'altro

Michela 26/APR/2013

Il classico colpo di fulmine, che bello!!! Se solo tutti imparassero a vedere con il cuore e non con gli occhi del pregiudizio... Allora non avremmo più davanti due uomini che vogliono stare insieme, semplicemente due innamorati e basta!!!

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