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NIKALEO/Non sono un angelo

Pubblicato da: Categoria: COVER

24
MAG
2013

 

Veronica Palmisano spicca il volo verso il successo, ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze: la sua è una vera voce funky, potente e di grande carattere. Figlia d’arte, è da poco uscito il suo album d’esordio, di cui è anche autrice, e sta già lavorando al prossimo, sempre rigorosamente black 
 
Ha cinque tatuaggi… «No, forse sono quattro… scusa, questo che raffigura due cose va considerato come unico? Come si conta? Vabbè, diciamo che sono quattro e mezzo». Oltre al “tatuaggio della discordia” sul collo e un altro sul braccio, si distingue solo una piccola nota musicale sulla mano. Ma mi assicura che gli altri non rappresentano tutti la musica. Uno stile inconfondibile quello di Veronica Palmisano, in arte Nikaleo, giovane cantante locorotondese dalla vocalità black e dallo spirito solare e vivace. Viene in redazione accompagnata dal piccolo Spank, il cagnolino da cui non si allontana un attimo, ed è subito festa. Tutti i presenti si accalcano davanti a quel tenero cuccioletto e dopo aver giocato con lui per almeno un quarto d’ora, ci accomodiamo per rivolgere qualche domanda a Veronica.
 
Un talento così non sbuca fuori dal nulla. Da quanto tempo studi canto?
«Ho iniziato da piccolissima: avevo solo tre anni quando mi sono dedicata al canto e allo studio del pianoforte. Non poteva essere altrimenti, dal momento che anche i miei genitori sono dei grandi appassionati di musica: mio padre era un batterista, mentre mia madre per un periodo della sua vita ha fatto la cantante. Sono figlia d’arte, insomma. A venti anni, poi, ho avuto la fortuna di poter studiare in Inghilterra con un Maestro straordinario come Mo Brandis. Tuttora continuo a perfezionare la mia tecnica grazie all’aiuto della vocal coach Pasqua Viesti, alla quale sono molto grata.»
 
Un nome d’arte che è tutto un programma. Cosa significa Nikaleo?
«È l’unione fra l’ultima parte del mio nome, Veronica, e le lettere finali del cognome di mia madre. Mi piaceva il risultato ed è diventato a tutti gli effetti il mio pseudonimo.»
 
È anche il nome del tuo gruppo.
«Sì. Circa tre anni fa ho iniziato a collaborare con dei musicisti con i quali sento di avere una grande sintonia musicale. Il nome è rimasto “Nikaleo”, siamo conosciuti così, ma non si deve pensare a una mania di protagonismo. Al contrario, io ritengo che il cantante senza i musicisti non sia nulla. Non esiste il singolo, esiste l’unione degli elementi che combinati insieme realizzano qualcosa di bello. I tre musicisti dei Nikaleo sono eccezionali; sono: Antonio Trinchera alla chitarra, Piero Ancora al basso e Leonardo Consoli alla batteria.»
 
Dove vi esibite?
«Praticamente in tutto il Sud Italia, nelle piazze, nei locali. Ovunque vi sia modo di esprimersi. Certo, suonare nei locali adesso sta diventando sempre più difficile perché ci sono tantissimi gruppi; il mercato è letteralmente saturo. Dunque non è facile trovare uno spazio. Con questo exploit, poi, delle tribute band, gli inediti vengono lievemente penalizzati. Si va ad ascoltare il gruppo che canta canzoni già note e amate da gran parte della popolazione e molti musicisti decidono di puntare su quello. Ce ne sono davvero di bravi, eh. Però è chiaro che diventa uno svantaggio per gli altri. Tuttavia, non mi lamento. Noi abbiamo un discreto seguito. Riceviamo continuamente attestazioni di stima e di ammirazione. Ci inviano messaggi, email, di tutto. La cosa bella, tra l’altro, è che il nostro è un pubblico molto variegato: ci scrivono ragazzi di quindici anni, così come uomini di settanta. Nei live, invece, solitamente siamo seguiti mediamente da trenta e quarantenni.»
 
La vostra è una musica molto particolare. Di che genere si tratta?
«Il nostro repertorio si rifà allo stile R&B e funky. In gran parte si tratta di musica black, con influssi di soul e blues. Del resto, tutto il mio percorso musicale è stato black, avendo iniziato a cantare con artisti hiphop. Il prossimo disco, che al momento è in fase di lavorazione, sarà prettamente funky.»
 
Il primo disco, invece, “Angelo nero” è uscito di recente…
«Esatto. È stato pubblicato lo scorso luglio e da gennaio e in vendita in tutti i negozi di dischi. L’abbiamo realizzato con una casa discografica di Roma, l’Hydra Music. Contiene brani inediti scritti da me e arrangiati da vari musicisti.»
 
Dunque sei anche autrice dei tuoi brani. Qual è l’argomento che prediligi?
«Beh, probabilmente l’amore. In genere i miei testi parlano dei sentimenti, si rifanno molto allo stato d’animo del momento, a quello che provo o che ho vissuto. Sì, credo che sostanzialmente l’amore sia la tematica più presente nei miei testi.»
 
Come funziona il processo creativo? Prima il testo e poi la musica o il contrario?
«Direi il contrario. Solitamente mi faccio ispirare da una musica che mi conquista, mi lascio trasportare dalle note e inizio a buttar giù qualche verso.»
 
Sei come Quentin Tarantino, che per trovare l’ispirazione per i suoi film si chiude in una stanza e ascolta musica fino a quando non trova quella che lo colpisce e che diventa inevitabilmente la colonna sonora della storia che prende piede nella sua mente. 
«Ma lo sai che è il mio regista preferito in assoluto?! Lo adoro! (ride, ndr). Sì, è vero, solitamente mi accade la stessa cosa: è la musica a ispirarmi. Ma non è sempre così. Per “Lei non sa”, per esempio, è stato l’esatto opposto. Avevo in mente quelle parole, sentivo la necessità di scrivere determinate cose e via. Non ci ho pensato un attimo: ho cominciato a scrivere e in dieci minuti ho creato l’intero testo della canzone.»
 
La tua è una musica molto particolare. Come la definiresti?
«Un gran casino! No, scherzo. Direi che è l’espressione di me stessa; è qualcosa che parte da dentro e a cui cerco di dare libero sfogo. Ci ragiono poco ed è uno svantaggio, perché gli artisti devono ricercare la perfezione e dunque riflettere a lungo su ciò che fanno e soprattutto sul modo in cui farlo. A me viene spontaneo e lascio fluire liberamente quello che voglio esprimere.»
 
Beh, non sono d’accordo sul fatto che sia uno svantaggio. Un artista è tale nel momento in cui riesce a coniugare studio, talento e capacità alle emozioni e alla spontaneità. Altrimenti sarebbe solo un perfetto esecutore. Ascoltando i tuoi brani, mi ha colpito molto il fatto che spesso canti in italiano, nonostante lo stile della musica solitamente venga associata a testi in lingua inglese.
«È vero. Il genere black e soul si presta moltissimo all’inglese e cantare in italiano non è affatto facile. Anzi, è una gran bella sfida. Spesso infatti i brani si devono riascoltare più volte perché si fa una certa difficoltà a comprendere tutte le parole. Questo perché le vocali vengono aperte in maniera diversa e ne esce fuori un suono non comune. Però il contrasto mi piace molto. È una particolarità dei Nikaleo.»
 
Ci hai raccontato benissimo il tipo di musica che canti. Quale genere invece ti piace ascoltare?
«Tutto. La musica quando è bella è bella, e non c’è un criterio valido. Ci sono degli artisti di cui sento proprio il bisogno di nutrirmi di tanto in tanto, come Prince, Nikka Costa, Marvin Gaye. I grandi cantanti, insomma. In genere, mi piace ascoltare qualsiasi cosa, eccetto la musica latino americana. Ecco, quella proprio no.»
 
So che di recente la Nikaleo Band ha ricevuto una gran bella soddisfazione.
«Sì, un’enorme gioia. Abbiamo inviato una nostra cover di “I heard it through the grapevine” di Marvin Gaye a Radio Capital, in occasione del CapiTalent. Sono stati mandati circa tremila files e loro ne avrebbero scelti solo quindici. Non ci speravo minimamente, io sono una pessimista cronica e non mi sono neanche preoccupata di controllare chi fossero i finalisti. E invece, la nostra canzone è stata trasmessa sulle loro frequenze e ascoltata in tutta Italia. A quanto pare, non siamo arrivati tra i primi quindici ma ci siamo andati talmente vicino che hanno voluto premiarci facendo ascoltare il nostro brano. Una felicità immensa. E chi se lo aspettava?»
 
A proposito di Talent, ci parteciperesti mai?
«Non ci ho mai pensato e non ho mai fatto nessun provino. Ma forse dovrei iniziare a prendere in considerazione la questione (ride, ndr). Oggi come oggi, partecipare a un talent show sulle reti nazionali sembra l’unico modo per fare strada e per sfondare in un campo in cui è sempre più difficile ricavarsi un posticino.»
 
Prossimi obiettivi e sogni nel cassetto?
«Produrre il nuovo disco, senza dubbio. E poi… i sogni, beh quelli sono talmente tanti che non riuscirei a elencarli tutti. Inoltre, cerco sempre di aspettarmi poco, così tutto quello che riesco a conquistare è una vittoria.»
 
E con una voce come quella, le vittorie non tarderanno certo ad arrivare.
 


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