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Quando la zeta non è quella di Zorro

Pubblicato da: Categoria: Flash news

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LUG
2013

Nell’immaginario collettivo televisivo la zeta, quella di Zorro, ha rappresentato per diverse generazioni il simbolo dell’eroe sì mascherato ma, come tutti i suoi simili, paladino degli oppressi e della giustizia. Quando Don Diego de la Vega, l’unico longilineo tra tanti tarchiatelli barbuti,  lasciava dietro di se la mitica “zeta”, voleva significare che giustizia era fatta. Nell’operazione conclusa nella mattina odierna, dalla Squadra di Polizia Giudiziaria della Sezione Polizia Stradale di Taranto, invece, la zeta sta a rappresentare una truffa messa a segno ai danni delle maggiori compagnie assicurative nostrane; centoquindici le persone coinvolte a vario titolo, per un “volume d’affari” stimato intorno ai 400.000,00 euro.

 

"Nella mattinata odierna, la Squadra di Polizia Giudiziaria della Sezione Polizia Stradale di Taranto, comandata dal Sov. Miglietta Jacopo e diretta dal dirigente dott. Giacomo Mazzotta, nell’ambito di specifica attività investigativa coordinata dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott.ssa Filomena DI TURSI, della Procura della Repubblica di Taranto, ha  proceduto  a denunciare a vario titolo  nr. 115persone in concorso tra loro, per i reati di: associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni delle Maggiori compagnie  assicurative Italiane, falso materiale, falso ideologico e fraudolento danneggiamento di beni assicurati.

L’operazione di polizia giudiziaria denominata “Zeta”, in riferimento alla compagnia di assicurazioni Zurich, che nel marzo 2009 depositava querela riguardo una serie di ben  34 sinistri stradali  che vedevano coinvolta sempre la stessa vettura nell’arco temporale di 9 mesi, riveste una particolare importanza sia per il numero dei personaggi coinvolti, alcuni dei quali pluripregiudicati per reati specifici e già coinvolti nelle operazione Delfino e Lepro, appartenenti a quattro diversi nuclei familiari che ormai consideravano la truffa alle assicurazioni una voce attiva del bilancio familiare e sia per l’importanza inerente l’aspetto sociale che riveste.

 Si consideri il grave danno  arrecato dall’attività criminosa ai cittadini di Taranto per il rincaro delle tariffe effettuato dalle società assicurative, in conseguenza dell’aumentato numero di incidenti stradali e dei conseguenti rimborsi corrisposti; l’indagine accertava infatti il pagamento di indennizzi per 88 falsi incidenti, tutti avvenuti tra il 2008 e la metà del 2010 per un ammontare complessivo di  € 400.000.

Questa prassi criminale rende a tutt'oggi la provincia di Taranto una delle province di Italia con il pagamento dei più esosi  premi assicurativi per singola polizza.

L’indagine, particolarmente lunga e complessa, si avvaleva in un primo momento delle basilari tecniche investigative e comparative e successivamente  di operazioni tecniche di intercettazioni telefoniche durate oltre quattro mesi.

Le stesse hanno permesso di accertare la presenza sul territorio ionico di un gruppo stabilmente dedito alla consumazione delle frodi assicurative, capaci di modulare la loro laboriosità con estrema disinvoltura, avvalendosi della collaborazione di specifiche figure professionali nell’ambito dell’infortunistica stradale.  

In alcune circostanze la truffa avveniva con l'ausilio di documentazione falsa o falsificata in ogni modo, che veniva esibita alle compagnie assicuratrici per attestare la proprietà del mezzo a soggetti “puliti” e quindi non risultanti plurisinistrati; venivano infatti creati ad arte  permessi provvisori di circolazione apparentemente rilasciati da diverse agenzie di pratiche automobilistiche tarantine, risultate tutte ignare dell’illecito.

Tra gli indagati figurano altresì tre avvocati compiacenti, del foro di Taranto, di cui uno risultava coinvolto direttamente in un falso sinistro stradale mentre gli altri due assumevano la strumentale e consapevole  difesa  di soggetti coinvolti nei falsi sinistri.

 L’organizzazione criminale attuava la cosiddetta pratica del “parafango”, limitando la denuncia dei danni patiti nei falsi sinistri stradali  quasi esclusivamente a danni materiali, con l’intento di eludere o sterilizzare le attività di verifica e di indagine delle forze di polizia.

Determinante per il concretizzarsi del disegno criminale appare l'operato di setteperiti, che attribuivano in sede di perizia tecnica la compatibilità  dei danni riscontrati sui veicoli con la dinamica denunciata nel falso sinistro stradale, inducendo di fatto in errore le compagnie assicurative, che liquidavano indennizzi per fatti mai realmente accaduti.

 Tra gli indagati figura altresì il titolare di un’agenzia investigativa, della quale le Unità Antifrode delle copagnie assicurative si avvalevano per un primo accertamento riguardo la veridicità derll’evento infortunistico.

Singolare appare altresì il coinvolgimento, in un falso sinistro stradale, di un carro funebre, fortunatamente privo di salma,  che vedeva pero’ ferito, a seguto dell’evento, il trasportato nel sedile anteriore, per il quale la compagnia liquidava (sia per danni materiali che fisici)  complessivamente   13.000 euro.

Anche i danni sui veicoli venivano riutilizzati per  diversi sinistri, in particolare appare irreale ma effettivamente accaduto che  la stessa autovettura, una Fiat Punto fosse coinvolta in venti  sinistri ed il proprietario della stessa risulti essere nel contempo il conducente della vettura Lancia Y coinvolta a sua volta in altri 34 incidenti stradali."

 

 



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