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Con te fino alle Ternità

Pubblicato da: Categoria: GLAMOUR

13
FEB
2015
Ovvero quando l’amore è talmente cieco che non fa vedere quello che si scrive
A poco più di 24 ore da San Valentino,  sono riuscita a sapere dov’è che vanno davvero le coppie felici. Al ristorante davanti a un bel piatto di riso ai petali di rosa? Macché. A farsi un massaggio di coppia al cioccolato? Nossignore! A Verona sotto al balcone che fu di Romeo e Giulietta? Ma no, qualcosa di più. Molto di più. Le coppie felici, quelle innamorate sul serio, quelle che nulla di mortal fattezza potrà mai separare, vanno “insieme fino alle Ternità”. Badate bene, non “insieme fino all’eternità”, ma proprio alle Ternità. Dev’essere un posto molto romantico, da amori perfetti e senza dubbi, inciampi e difficoltà di sorta: ecco perché a cercarlo sul mappamondo proprio non l’ho trovato. Però se siete in crisi d’amore, o sul punto di festeggiare San Faustino, sbriciando come ho fatto io sull’esilarante pagina Facebook “Scartare corteggiatori e potenziali amanti per gli errori grammaticali”, oltre a un potenziale compagno con cui arrivare alle Ternità, potete trovare consolazione  e sentirvi un bel po’ fortunate nell’aver scampato i festeggiamenti. Certo, non è che sia allegria proprio per tutti, del resto si sa l’amore non è solo rose e fiori: spiccano i delusi e i tristi per amore, come chi si dichiara “agnentato da lei”, chi ricorda che “con oggi fossero stati due anni” e chi “soffre l’allontananza”, la cui unica speranza è che finisca “il turd de forz” amoroso. Grandi soddisfazioni ce le regalano gli intraprendenti, che talvolta tagliano corto,  “mi dai la micizia?”, altri vanno subito al sodo “ma ce lai il boy freens?”. Qualcuno tenta di solleticare la curiosità  “ben venuta in touailet nel mondo dei sogni e dell’immagginazione, e se ora mi trovassi sotto le lenzuola con te?! ...divideresti il cuscino?”, altri passano alle minacce, velate “Ma quanto sei figa? È inlegale!”, e non “Io un giorno ti ruba e ti porta londana”. Del resto l’amore vero è lì “dove osano le acquile”. E quindi perché mollare davanti il di lei granitico silenzio e non rincarare con un “Sei una splendezza, banbola, belissima anche se non rispondi”,  o non chiedere “E se domani mi verrebbe voglia di te?”, magari mandando anche un “bacio infronte”? Chi ha qualche chiletto in più tiri un sospiro di sollievo, che all’utente medio non piacciono le donne “tropo magre che sembrano uno stuzzi cadente”. Hanno una degna rappresentanza anche gli amanti delle metafore, brevi come  “Profumi come un ambre magique”, focalizzate sull’attualità  “i tuoi occhi erano profondi più del buco dello zono!”, ma anche lunghe, meditate e sofferte, il cui senso si perde insieme ai congiuntivi e alla grammatica da prima elementare. Come l’autoproclamatosi “Botticelli al tuo cospetto”, che poi fosse un pittore è un dettaglio, che scrive dello  “stupore di vedere una Venere sorgere dalle acque che venendoci in contro lasciasse una scia di intenso erotismo e una inebriante sensualità per poi essere inghiottita e sparire nella selva che la custodirà come l’ostrica la sua perla.” Qualcuna fa bene a ricordarci che le cose semplici della vita, come “il profumo del cafe, il ciampelone sfornato e il tuo uomo affianco, cosa volere di più?”, sono quelle più preziose, un altro che è buona educazione non far mancare gli auguri di un “Buon Natale, ammagliatrice”, la cui “sensualità non si crea ne si impara celai dentro che espolde rilasciando attorno ha te un’alone”. Certo, i dubbi restano, tanto da far chiedere ad alcuni “Chissà se arriverasse...”,  che poi siamo sicuri che “L’amore ce?”, e poi, in fondo, “L’amore cosé?”, ma uno spazio alla speranza resta comunque,  “Avvolte speriamo che l’amore ce”, anche se è inevitabile che alla fine “si soffra danzia”. Che poi, se “esplodere di follia avvolte è pericoloso ma è l’unica cosa che ti fa d’avvero sentire vivo”, chissà l’audacia di aprire un vocabolario.
 


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