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Marina mi manchi

Pubblicato da: Categoria: GLAMOUR

24
LUG
2015
Lontane le performance dell’autolesionista Abramović. Ora a fare arte ci pensa Milo Moiré: sconsigliato a chi non ama le uova
 
Questo è un vero e proprio outing. E per di più, è un outing di quelli che in pochi hanno il coraggio di fare. Un bel respiro e sì, lo confesso. La performance art è un qualcosa che spesse volte va al di là della mia comprensione e delle mie possibilità. Più o meno come la cucina, per capirci. E come tra i fornelli, io mi applico. Ovvero mi informo, leggo, mi attengo alle indicazioni e cerco pure di imparare e tenere a mente qualche nome importante, di quelli che a citarli tra un 'amazing!' e l'altro fanno sempre un certo effetto. Un po' come lo sfumare col vino bianco o guarnire con le scaglie di qualcosa, che è sempre pertinente e salva anche l’apparenza. Non esprimo giudizi perché non sono all'altezza e comunque non oppongo resistenza: mi abbandono, lasciandomi anche convincere. Ora non è che io sull’arte sia proprio ferma a Tiepolo, però su alcune performance permettetemi almeno il dubbio, o almeno qualche curiosità. Prendete ad esempio la nutrita schiera di artiste che fanno del loro corpo nudo non l'ispirazione per la propria arte, ma proprio l'opera. Niente di principio contro il nudo, soprattutto femminile, e niente contro l'esibizione di sé, però mai che tutto questo dissidio interiore, questo incontenibile stimolo, questa tensione artistica faccia prendere in mano che so, un buon vecchio pennello (di quello con le setole, niente doppi sensi) o s’incanali canonicamente verso il dipingere una tela.  Mai che tutto questo estro da sfogare porti a dare giù di scalpello su un marmo o, che ne so, a tirar fuori una seppur antiquata scatola di acquerelli o dei colori a olio. Dite che faccio un po' di confusione e che non sono capace di fare distinzioni? Fermi tutti, perché se si parla delle performance di Marina Abramović la differenza è chiara anche a me, mentre a sfuggirmi totalmente è l’arte alla Milo Moiré. Eh sì, perché se negli anni ’70 la Abramović rischiava davvero  la pelle – tra le altre, fu salvata da scarnificazione certa, dal fuoco e dallo squarciarsi definitivamente il ventre –, negli anni 2000 la Moiré, col suo bellissimo corpo da modella nudo, con una certa arguzia depilato nei punti clou secondo i gusti correnti, performa (si dice così?) sì nella neve, ma con un bel paio di stivali invernali ai piedi. Piccola deroga al sacro fuoco dell’arte per prevenire i geloni ai piedi, si vede. Mentre non mancano gemiti e singhiozzi nella vasca del bagno dove si immerge in chiusura, naturalmente dopo essersi insaponata con fare che non faticate a immaginare. Se non capite l’arte contemporanea, tranquilli: visto che manca Banfi, la distinguerete senza fatica dalla Fenech. Altre note esibizioni sono lo spalancare le gambe davanti a quadri di nudo, vera avanguardia, e l’infilarsi nella vagina delle uova ricolme di colore per poi spararle su una tela, simulando un orgasmo. Delle belle soddisfazioni ce le regala anche durante la sua ultima fatica artistica, ovvero incedere, con falcate da modella (ormai nuda non lo scrivo più) e su un tacco 12, per le strade e sui mezzi pubblici, con i nomi dei vestiti lasciati nell’armadio scritti sul corpo. Che il risultato fosse riscuotere la curiosità e l’eccitazione maschile, va detto, è intuizione pura: chi mai ci avrebbe pensato? Selfie finale con critici accreditati, ah no, sono uomini in evidente stato di alterazione. Se qualcuno capisce, di grazia mi spieghi, prima che mi venga in mente di provare a fare la performer. 
 


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