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Sexy callo

Pubblicato da: Categoria: GLAMOUR

23
OTT
2015
Altro che eleganti amanti di graziose estremità femminili. Se i gusti non si possono discutere, almeno una pedicure, per carità!
 
Sigmund Freud, padre della psicanalisi, sosteneva che, nei feticisti, la venerazione del piede e della scarpa femminile scaturisca dal rimpianto per il perduto attributo sessuale della donna (il fallo, per la precisione), sostituito e simboleggiato dal piede. Se così stanno le cose, feticisti e sostituite sono messi piuttosto maluccio. Ho passato un’oretta tra il comico e il grottesco scorrendo la galleria foto di un intraprendente e assai frequentato gruppo di orgogliose foot fetish italiane. Se volete farvi due risate e soprattutto seppellire la libido è davvero il posto giusto. Diciamo che c’è davvero un po’ di tutto: dal tallone bianco e screpolato al callo ingiallito sotto la pianta, dall’alluce valgo al ciuffo di peli sul pollice, dallo smalto sbeccato all’unghia decisamente fuori lunghezza massima. Giuro, roba da non credere che anche solo un uomo sulla faccia della Terra possa trovare eccitante un tale spettacolo: d’accordo che il feticismo deve comunque somministrare una dose di umiliazione, ma qui direi che si esagera. Che poi, le generose ancelle sono così prodighe verso i loro seguaci che, nella fretta di posizionarsi in pose da ‘panterone del tacco 12’, non soltanto dimenticano anche solo di affacciarsi alla porta di un centro estetico (e questo credo già da qualche anno), ma anche di rimuovere l’etichetta adesiva, di numero, prezzo o materiali, da sotto le suole delle scarpe. Eh, quando si parla della raffinata arte della seduzione… Una prima di immortalarsi i piedi, si è perfino dimenticata di togliere un chewingum da sotto la suola. Disertato almeno quanto l’estetista (del podologo credono ignorino perfino l’esistenza), il calzolaio. Suole consunte, punte spellate, tacchi consumati, insomma scarpe vecchie. Molto vecchie, ma molto sexy, starete pensando voi. E invece no. Tolti per pudore due estremi, ovvero lo zoccolo in legno col tacco a spillo di metallo e una scarpa in vernice (era vernice?) con una raschiatura sui lati esterni che neanche la carrozzeria dell’auto se prendi un guard rail a 200 km all’ora, giuro di non aver visto mai in tutta la mia vita un insieme di scarpe più vecchie ma soprattutto più brutte. Non scarpe di cattivo gusto o di un colore che non mi piace, non in modelli sgraziati o passati, proprio scarpe brutte. Brutte, brutte, brutte. Che a confronto le scarpe dell’ultimo dei negozi cinesi di calzature sono Manolo Blahnik. Poi, in decine e decine di foto nemmeno mezza tomaia in vera pelle, neanche un millimetrico velo di camoscio, non una mezza suola in cuoio, ma toh, neanche in gomma: solo ed esclusivamente plastica, nei colori più improbabili. Belle soddisfazioni ce le regalano anche gli slanci grafici dei frequentatori della pagina: le italian girls giacciono riverse neanche qualcuno le avesse abbattute con un fucile così da mostrare una suola consunta ma pulita, mentre un simpatico riquadro di lato mostra la di lui lingua polverosa come uno straccio. Poi fango, erba, segatura, foglie e, per le foto in location domestiche, molliche di pane. Ma non mancano neanche nasi infilati tra le dita in foto sfuocate, sovraesposte, con occhi rossi. Piedi in fantasmini di rete, in gambaletti, strizzati dentro scarpe di due numeri più piccole, perfino con una maschera per l’ossigeno che ciondola da un tacco. Un vero spasso e per me, anche un vero mistero. E io che pensavo che il mondo del feticismo di scarpe e piedi fosse la sublimazione del desiderio di bei piedi in ancora più belle calzature. E io che pensavo di avere assestato più di qualche colpo con le mie scarpe e i miei piedi curati. E io che pensavo di vivere nella patria di Salvatore Ferragamo. 


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