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Mamma uguale borsa incudine

Pubblicato da: Categoria: GLAMOUR

15
GEN
2016

Ilaria d’Amico è uscita dalla clinica dove ha partorito issata su di un magnifico stivale in suède nero, tacco 12. Felice, raggiante, alla riconquista di sé. Ma vi assicuro che le cose, per le neomamme, vanno in maniera decisamente diversa

 

All’inizio è così per tutte le neomamme (tutte quelle che i tacchi): le caviglie e i piedi sono incredibilmente tornati alle dimensioni naturali, gli ormoni ci tengono ancora piuttosto su di giri e la voglia di riappropriarci delle nostre scarpe abituali, dimenticando quelle di un numero più grande, quelle ergonomiche, quelle comode, è più forte di ogni logica. Che poi, uscire dall’ospedale con i tacchi non è così complicato: in fondo è solo qualche falcata in direzione dell’auto che ti riporterà a casa. Anzi, dirò di più, il manico della carrozzina è un formidabile alleato: puoi aggrappartici se inciampi o tentenni. E lì pensi che sì, è fatta, non dovrai più rinunciare allo stiletto. I primi campanelli di allarme suonano già all’arrivo sotto casa, quando realizzi che non riesci più a scendere dall’auto con lo stile e la velocità di un tempo, chiudendo l’auto con il telecomando mentre ti allontani ancheggiando. Perché se prima dovevi prendere la borsa o poco più, adesso la serie delle operazioni che ti consentiranno di fare una cosa così sensazionale come lasciare la tua auto parcheggiata è incredibilmente lunga. Intanto dove parcheggiare: no ai posti troppo stretti, se no poi non si apre il portabagagli e non esce il telaio, no ai posti a lisca di pesce troppo ravvicinati che poi non si apre bene lo sportello e non esce l’ovetto – o peggio, la navicella (per i non addetti ai lavori, è la carrozzina) – , no alle vie troppo strette se no un’auto potrebbe portarsi via il telaio mentre tu tenti di sganciare la cintura che tiene l’ovetto e no alle vie troppo affollate che sganciare la cintura del suddetto ovetto prevede un’unica posizione, quella a 90° e non è bella cosa. Sistemata l’auto, riaperto il telaio, imprecato per trovare gli agganci dell’ovetto, scampato il pericolo di strangolarti con la borsa a tracolla – donna uguale borsa grande e pesante, mamma uguale borsa incudine – per la succitata posizione inelegante, muovi fiera verso il portone di casa. Tutto questo al netto di condizioni meteo avverse, pianti del neonato, cellulare che suona, chiavi di casa in tasca e non nella borsa incudine. Pochi passi e il ‘gioco’ ricomincia, con una sequenza inversa delle manovre faticosamente terminate un minuto prima. Così ogni volta che esci. E un pensiero inizia a insinuarsi nella mente… ho delle scarpe con la zeppa? Ancora guardi all’uscire di casa con ottimismo. Chiuso il portone alle spalle, se si esce è fatta, se si rientra non tanto. Se quando hai acquistato o affittato casa l’ascensore non ti sembrava una condizione essenziale, adesso tutto ti appare in modo diverso, molto diverso. E qui, tre scenari. Di quelle fortunate che hanno l’ascensore spazioso non parlerò, mentre tra chi ha l’ascensore ma è così piccolo che telaio e carrozzina non ci entrano neanche se li metti come se avessero derapato in curva e chi ha da due piani in su di scale senza ascensore non so chi sia messa peggio. Davanti alle rampe delle scale, il dilemma. Hai un telaio, un bambino, un ovetto, una borsa (salgono a due nei giorni a venire, grazie alla micidiale borsa-del-cambio). Allora ti sforzi di ricordare quale fosse la soluzione di quel gioco di logica del barcaiolo che ha una pecora, un lupo e un cavolo e deve trasportarli dall’altra parte del fiume. Tentativo vano, non resta che caricarsi tutto insieme e salire le scale. E qui capite che il tacco 12 non aiuta. E nemmeno il 10. Tuttavia, il terrore di un piccolo tacco a rocchetto ti dà la forza e sali tutte le scale. Lentamente ma le sali. Ti convinci che ce la puoi fare ed è così fino a che il bimbo non supera i 5 kg. Superato tale peso, unito al resto, sei ufficialmente entrata tra gli sherpa, gli umili portatori dell’Everest. E cominci a riconsiderare gli stivali bassi, i mocassini, gli anfibi. Col passare delle settimane, senza differenza se scendi o se sali, ti muovi sui tacchi con la stessa espressione di Indurain sul passo del Mortirolo, alternata tra salita e discesa. Così finisce che un pensiero inconcepibile ti sfiora, porterai i tacchi solo nel week-end o la sera e solo in compagnia. E poche cose riescono a deprimere le shoes addict come il tacco relegato alle occasioni, altro che post partum, altro che baby blues

 



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