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Ostinata, coraggiosa e visionaria

Pubblicato da: Categoria: GLAMOUR

7
APR
2016
Era questo e molto altro la donna che ha conquistato il primo Oscar dell'architettura e dato da sognare al nostro senso estetico. Ci mancherà Zaha Hadid, creatrice di cose belle e (im)possibili
Guanti lunghi lilla, aperti sulle dita e tempestati di cristalli di molti colori, portati su braccia nude che spuntano da una candida cappa bianca. Pantaloni neri aderentissimi su stivaletti neri a punta. Così l’architetto Zaha Hadid, che per me era solo un nome, la prima volta che la vidi (fotografata) all’inaugurazione del Museo MAXXI di Roma. Le cappe e il nero, sue cifre stilistiche insieme a colli strutturati e volant. Vestiva spesso con soprabiti che lasciavano nude le spalle e quando le copriva, giocava con trasparenze e tagli asimmetrici che lasciavano comunque vedere la sua pelle ambrata. Nero, ma non solo: rosso, verde, blu, oro, fucsia e bianco. E anche abiti scultura, con colli a molti anelli, maniche imponenti, gale ampie, applicazioni e fiocchi. Con il suo fisico se ne sarebbe tenuta alla larga, o almeno avrebbe dubitato, qualsiasi donna, ma Dame Hadid non era una donna qualsiasi. Prima di sbirciare molto al lungo sul Web dopo la sua prematura scomparsa, delle sue opere architettoniche conoscevo solo le più celebri, come la Vitra Fire Station di Weil amRhein, il London Aquatics Centre di Londra, il Sheikh Zayed Bridge di Abu Dhabi. Tuttavia, non mi intendo di architettura e dunque non so dire se, come dicono le malelingue, Zaha Hadid fosse davvero sopravvalutata e la più parte del merito andrebbe attribuita al suo storico assistente, o se, come dicono gli estimatori, abbia davvero rivoluzionato le forme del progettare e del costruire con le sue soluzioni a zigzag, gli spigoli acuti, le pareti oblique e gli elementi curvilinei. Insomma, non so dire se Zaha Hadid, prima donna a vincere il Pritzker Architecture Prize, fosse davvero brava a fare il proprio mestiere, ma un paio di cose credo di averle capite. Quando ho visto il suo Messner Mountain Museum Corones di Plan de Corones ho pensato che lassù, su quel cucuzzolo di rocce scoscese a picco su un precipizio, solo in due avrebbero potuto avere la meglio: una capra di montagna e l’ostinazione coraggiosa e visionaria di una donna. La stessa donna che disegnava (anche) queste scarpe qui (foto a xx), scarpe con cui è pericoloso guidare, arduo scendere le scale, impossibile correre e forse perfino difficile camminare. Poco importa, sono scarpe per sognare, sfidare le regole, stupire e farsi criticare. Scarpe da desiderare, scoprire, provare ai piedi almeno una volta. E se trattava l'architettura con la stessa forza, la stessa audacia e il medesimo spirito provocatorio posso dire che sì, “Nostra Signora delle curve” (architettoniche, s’intende), era un grande architetto. “Quando la gente vede cose fantastiche, la prima cosa che pensa è che non siano possibili”, ci mancherai Zaha Hadid.
 


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