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Lacrime animali

Pubblicato da: Categoria: LA MIA TAZZA VEGANA

22
FEB
2017


Il pianto, quella riga salata sul nostro cuore, non è solo dell'essere umano. Anche gli animali, dai più grandi ai più piccoli, dagli elefanti ai cuccioli di topo soffrono e piangono come noi. Leggete questo articolo: vi commuoverete


In un mondo fatto ancora di quote rosa, dove la donna è ancora considerata il sesso debole, fragile, e, a parità di mestiere, di stipendi più bassi rispetto a quelli degli uomini, almeno qualcosa ci è concesso, ovvero piangere! Fin da bambini, agli uomini è insegnato che piangere è sintomo di debolezza e che un uomo che piange non è un vero uomo.

Ci viene insegnato, anche, ad essere migliori di qualcun altro, innescando in noi la competizione; il pianto allora può diventare un mezzo attraverso cui l’insuccesso o la delusione si manifestano. Altre volte, poi, le lacrime hanno un altro significato, ad esempio, scendono dai nostri occhi perché
manca qualcuno che non c’è più tra le nostre braccia e rappresentano mancanza. Molti sono i significati delle lacrime: dolore, paura, commozione, gioia. Sicuramente, l’atto del piangere è una vera e propria funzione sociale, un bene per tutti, e non un male.
Eppure, il pianto, socialmente, è l’azione di cui ci si vergogna di più. Ci rende vulnerabili agli occhi dell’altro, ci rende emotivamente fragile e debole. Quella riga salata che scende sulla guancia è una parte del nostro “io” più intimo, lo tocchiamo, lo asciughiamo e permettiamo anche all’altro di vederlo. E’ un meraviglioso momento di unione e empatia con chi ci è accanto e, in quel preciso rituale liberatorio, comunichiamo il nostro mondo interiore in un modo intenso che solo le lacrime sanno fare.

Si pensa, però, che solo l’essere umano sia capace di piangere. E gli animali? Anche loro sono capaci di piangere? Apparentemente inconcepibile, anche gli animali esprimono emozioni e stati d’animo. I cani, le scimmie e anche i cuccioli di topo piangono. Lo dimostrano molti studi e non ultima l’esperienza del documentarista James Honeyborne che ha monitorato per venti anni l’esistenza degli animali nel deserto e le loro emozioni. L’elefante indiano, ad esempio, in condizioni di disagio emette un suono molto simile al pianto umano. La differenza evidente tra noi e loro sta nel linguaggio. L’animale non può esprimere con la parola le sue emozioni, i suoi stati d’animo, eppure dall’osservazione della sfera cerebrale di alcuni animali si evince che tra le menti umane e animali ci siano similitudini a prescindere dai versi emessi o dai comportamenti esternati all’atto del pianto. Quello che segue è un articolo che apparve per la prima volta su un giornale cinese, poi ripubblicato su altri magazine, fino a fare il giro del mondo, e rappresenta il momento in cui l’uomo e l’animale, in quel caso una mucca, entrarono in sintonia, comprendendo gli stati d’animo reciproci.

“Per un mattatoio di Hong Kong, era una giornata abbastanza normale, finché una mucca che stava per essere macellata cadde in ginocchio e cominciò a piangere! Quando vidi l’animale cominciare a piangere con tristezza e paura nei suoi occhi, ho iniziato a tremare,” – ha detto il macellaio. “Chiamai gli altri che divennero tanto stupiti quanto me. Cominciammo a tirare e spingere l’animale, ma non volle saperne di spostarsi. Sedeva a terra e piangeva. Mi si rizzarono i peli, perché l’animale reagiva come un essere umano. Ci guardammo in faccia e sapendo che nessuno di noi sarebbe stato in grado di ucciderlo, avremmo dovuto decidere cosa fare con lui. Non fummo in grado di smuoverlo da lì finché non gli promettemmo che non sarebbe morto. Poi si alzò e venne con noi. Potete crederci oppure no, ma questa è la verità, anche se sembra strano. Sembrava che questo grande animale avesse capito ogni parola da noi pronunciata”.

Tre operai, subito dopo aver assistito a questa scena, si licenziarono. Dissero che non sarebbero stati mai più in grado di uccidere un animale, perché avrebbero sempre ricordato quella mucca e come le sue lacrime scorrevano lungo il suo muso dai grandi occhi tristi.



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