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Io, le volpi e la musica

Pubblicato da: Categoria: LA MIA TAZZA VEGANA

25
GEN
2018

La sua è una splendida favola, antica e contemporanea insieme. Un musicista riesce a trovare con gli animali una forma di dialogo e da questo rapporto privilegiato ne fa nascere suoni

Per un musicista che la musica la crea, l’ascolto è il primo passo. Infatti, ciò che fa Michele Villetti, il musicista poliedrico di Viterbo, è semplice: ascoltare.
Inoltrandosi nei paesaggi naturali si siede e ascolta quella musica familiare facendola propria. Lascia che i boschi e le vallate lo ispirino.
Si forma con Bobby Durham, Roberto Gatto, Ettore Fioravanti, Karl Potter, Ray Mantilla, Danilo Rea, Kenny Barron. Ma definirlo batterista, percussionista o musicista sarebbe riduttivo. Una cosa è chiara conoscendo “l’uomo delle volpi”: per parlare di Michele non si può non parlare di natura.
Quella di Michele potrebbe essere una favola da raccontare al proprio bambino rimboccandogli le coperte. Il libro è appoggiato sul comodino è si chiama "MASILEYO, soundtracks for a real life”.
C’era un ragazzo che amava far musica e c’era una volpe di nome Renard. I due, se pur con linguaggi differenti, cominciano a fare passeggiate e chiacchierate silenziose nei boschi. Finché un giorno la volpe Renard non rispose più ai fischi di Michele. Era per strada, senza vita, investita da un’auto.
Questa favola, però, non è una favola con un finale triste, perché insegna che l’amicizia va oltre la vita terrena. L’amicizia con l’animale e il contatto con la natura ispira l’esistenza stessa di Villetti, il quale dedica alla sua volpe una canzone presente nel suo primo disco "MASILEYO, soundtracks for a real life” che nel 2014 pubblica da solista e che il grande Maestro Ennio Morricone definì “un eccellente lavoro”.

L’amore per i boschi, gli animali e le tue volpi guidano i tuoi progetti musicali. Cos’è per te la “natura”?
“La natura è la patria della mia anima, ma allo stesso tempo è una lontananza che in questa società sono costretto a intraprendere. Spesso sento parlare di libertà, ma per essere davvero liberi bisogna uscire dalla civiltà, in quanto ormai siamo tutti sotto scacco in questa società che ci rende schiavi delle cose e che impigrisce le nostre anime fino al punto di farci vivere come dei dormienti. Personalmente, quando ebbi il contatto con le quattro volpi ebbi chiaramente il segnale che dovevo iniziare una vita nei boschi, come sempre più persone stanno facendo. Non ne ho avuto il coraggio. Oggi per me la natura rappresenta la fonte primaria per la mia anima, ma vivo nella frustrazione di non aver ascoltato quella voce che mi diceva di abbandonare tutto. Ci sto comunque lavorando”.

La musica è capace di utilizzare una comunicazione emotiva, fa commuovere, dà gioia, serenità ed evoca ricordi passati nella nostra memoria. E’ un vero è proprio linguaggio. E infatti, riesci ad instaurare una vera e propria comunicazione fatta di emozioni con le volpi. Ma com’è possibile “parlare” linguaggi diversi tra specie differenti, uomo e animale?
"Nella mia esperienza con gli animali ho notato che nel linguaggio tra specie differenti abbiamo a che fare con una sorta di metalinguaggio, cioè una comunicazione che trova significato nell'emotività che il suono procura tra gli interlocutori piuttosto che il dialogo al quale siamo abituati noi esseri umani, fatto di parole e di significati annessi e connessi e dove il suono sovente assume un aspetto secondario. Credo che quella che chiamiamo empatia non è altro che l'attuazione simultanea dei sensi rivolti ad una comunicazione profonda, dove ogni dettaglio crea connessioni tra gli interlocutori. I suoni emessi, le movenze e gli occhi sono i primi mezzi per instaurare un dialogo profondo. Certi tipi di tonalità fanno capire agli animali cosa stiamo dicendo loro e viceversa, e con molta pratica noi possiamo fare lo stesso in modo cosciente. Ad esempio, negli anni novanta si scoprì che tra i cetacei esiste un vero e proprio vocabolario variegato ed articolato, pertanto non sto dicendo nulla di nuovo. Sono convinto oltremodo che la musica sia un linguaggio universale. Quando andavo dalle volpi a volte mi portavo un flauto armeno, il duduk, e facevo ascoltare alle volpi alcune mie composizioni. Loro si sedevano e mi ascoltavano fino all'ultima nota. Questa esperienza poi l'ho riproposta ad altri animali con i quali ho fraternizzato nella mia vita. Credo che siamo solo all'inizio del fatto che dietro tutte le sovrastrutture che ci siamo creati sia materialmente che psicologicamente esiste un mondo fatto di cose immense ed essenziali, le quali sono alla portata di tutti ma che nessuno ha il coraggio di considerare e comprendere profondamente. Tutto è connesso e tutto si può connettere e la musica credo sia un collante per iniziare ad andare oltre le apparenze dei pregiudizi e del ristagno emotivo”.

In una tua precedente intervista ho letto che dicevi: “ La musica è un settore emotivo, il mondo è in crisi a livello emotivo, per questo la musica è in crisi”. Quindi per risistemare il sistema discografico bisogna aggiustare prima le emozioni che proviamo?
"La realtà è che la musica vive con o senza etichette discografiche nè tantomeno impianti hi-fi, grammofoni e pc, solo che noi ormai siamo così tanto soggiogati dall'industria culturale che siamo convinti che la musica debba esistere soltanto previa etichetta discografica. Non è così, la musica esiste da milioni di anni, e sulla terra non siamo solo noi a suonarla”.

Il tuo sembra essere un viaggio che percorre un sentiero diverso da quello tradizionale fatto di industrie discografiche, musicisti che diventano prodotti in vendita. Sembra che tu voglia un pieno controllo sui tuoi gusti musicali. Hai addirittura lanciato un crowdfunding per promuovere il tuo disco. Ti definiresti un musicista anticonformista che non scende a compromessi?
"Personalmente sto costruendo la strada che più mi si addice. La mia musica è talmente un qualcosa di intimo per me che sto cercando in tutti i modi di creare all'esterno della mia mente un mondo nel quale poter riporre i miei suoni e magari condividerli con chi li comprende, del resto la musica, quella autentica, non è altro che un enorme atto d'amore. Per quanto riguarda i compromessi dipende da cosa si intende: quando un musicista fa ascoltare una sua opera, beh già questo è un compromesso. Credo sia importante non varcare la soglia della dignità e delle proprie aspettative. Il resto credo sia permissibile".

Potremmo quasi definirti “sperimentatore emotivo”, non semplicemente musicista. Eppure cominci approcciandoti al mondo della musica come batterista.
"Iniziai in adolescenza, avevo il bisogno di farmi sentire e la batteria, per sua natura, è qualcosa che riesce tantissimo al riguardo. Così ho iniziato. Oggi però non mi sento più un batterista, preferisco essere chiamato musicista se proprio deve essere. Purtroppo sono anni che non trovo ciò che cerco nel suonare con gli altri, ed ecco perché a questa domanda, in fondo non so rispondere. Credo che tornerei batterista qualora si presentasse una situazione di profondo legame e rispetto con i musicisti con i quali si suona, cosa che purtroppo oggigiorno non accade, e la colpa non è di nessuno: siamo tutti vittime di questa frenesia che lascia poco tempo alla creatività e alle emozioni. Dovremmo uscire da queste ridicole catene di montaggio nelle quali siamo inciampati un po' tutti".

Su tutto, prima o poi, vediamo incollate le etichette: etichette sul cibo in vendita, etichette sociali che regolano i comportamenti, sulle persone che diventano stereotipi, etichette discografiche. Siamo invasi da codici a barre che ci rendono schiavi sociali, illudendoci di essere liberi. Siamo ancora regolati da leggi retrograde che giustificano attività arcaiche spacciate come ludiche, come la stessa “caccia in battuta alla Volpe” che la Regione Puglia (su Bollettino numero 124 del 2 novembre scorso), ha regolamentato e permesso.   

"Ma non va dimenticato che le etichette possono essere stappate via. Bisognerebbe fare un atto di fede, di amore nei confronti di quello che ci circonda: natura, animali, uomini. O meglio ancora, un atto di coraggio".

Un po’ come fa Michele che, come musicista, cerca di mantenere i piedi saldi nella “terra”, non dimenticando un concetto profondo che connette l’uomo alla natura: la natura ha già provveduto a tutto, anche a fare musica.

 



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