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Taranto - La taranta balliamola a Taranto

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

7
AGO
2015
Cultura e turismo: opportunità per tutti? Da “L’Isola che vogliamo” a tutte le altre manifestazioni che tentano di far amare - prima di tutto agli stessi cittadini - una parte urbana finora ritenuta poco frequentabile
 
E’ risaputo che la stagione estiva è quella che più delle altre mette in risalto il binomio cultura-turismo.
Da alcuni anni nella nostra regione questo binomio viene coniugato come attrazione particolare per un turismo di nicchia.
Cultura è sostantivo derivante dal verbo “colere” (coltivare) e, nel nostro caso, sta a significare che tutto ciò che rientra nei canoni della cultura deve essere giorno dopo giorno conservato, ampliato e trasmesso. E’ sbagliato sostenere che la cultura sia quella che si apprende soltanto a scuola e sui libri, la sua è un’accezione ampia quanto le molteplici attività mentali che l’uomo può quotidianamente produrre.
La cultura è, dunque, tradizione e storia. Ma essa è un bene del quale ogni cittadino pugliese oggi fruisce?
Il dubbio nasce dal fatto che molte manifestazioni culturali non sono fruibili da parte di tutti ma soltanto previo pagamento di un contributo in moneta. E’ vero che una manifestazione culturale ha i suoi costi, ma se il bene culturale è patrimonio comune di un territorio questo deve essere fruito in maniera gratuita.
A Taranto ne è esempio il Castello Aragonese che oggi detiene il primato di visitatori dell’intera regione Puglia. 
Eppure la cultura ha come soggetto anche i poveri, la miseria, l’abbandono. Su queste tematiche sono stati scritti fiumi di romanzi, prodotti centinaia di filmati e composte poesie, musiche e canzoni. La povertà ha dunque diritto di cittadinanza come espressione di uno status nella cultura.
Accanto alla cultura la seconda parte del binomio porta il nome di turismo e qui il discorso si fa più complicato perché nel turismo devono necessariamente entrare i beni culturali e anche quelli paesaggistici e naturali.
La storia ci insegna che non basta avere grandi monumenti d’arte e impareggiabili bellezze naturali per invocare e mettere in essere il turismo. Esso necessita di grandi ed efficienti arterie stradali e vie di comunicazione, ma anche di strutture ricettive e di ristorazione al passo con i tempi. Questo è il turismo di serie A, c’è poi quello di serie inferiori che ingloba anche la oleografica immagine del povero seduto al marciapiede di una strada che mostra sul cartello che regge fra le mani la scritta “ho fame”.  Di fronte a questa scena, sempre più frequente oggi, il turista di turno si inventa una improvvisa e poco lodevole carità del momento lasciando cadere una moneta nelle mani del mendicante ma a costo di una foto che poi farà il giro del mondo.
E’ questo l’uso distorto del turismo, come è distorto anche l’uso di quel turismo che non si prende affatto cura del rispetto della natura, delle cose e degli uomini.
Dunque, cultura e turismo non sono per chiunque; siamo una volta per tutte sinceri e non ci nascondiamo dietro falsi stereotipi che servono soltanto a coprire la nostra poca attenzione verso queste due esigenze riservate soltanto ad una piccola parte delle nostre popolazioni.
Dovremmo, pertanto, concludere che cultura e turismo abitano le case dei ricchi e di chi ha il portafoglio pieno.
Eppure dalla nostra regione, la Puglia, che nell’ultimo decennio ha conquistato i mercati mondiali nel campo turistico e culturale, c’è aria di svolta nel senso che si riesce a coniugare il binomio cultura e turismo offrendolo con pari opportunità a chi è ricco e a chi lo è di meno.
L’esempio viene proprio dal capoluogo ionico che da 5 anni prepara nel mese di agosto la kermesse culturale e turistica intitolata “L’Isola che vogliamo”. Sino allo scorso anno sono state registrate presenze record di centinaia di migliaia di visitatori partecipanti. Un vero successo abbinato a quella enogastronomia che da noi sa fare la differenza rispetto alle altre regioni italiane.
Eppure quest’anno gli organizzatori della manifestazione tarantina, iniziata il 2 agosto, e che si concluderà il prossimo 12, hanno tematizzato l’evento con tre parole significative: mare, pietre, persone.
Saranno loro i protagonisti dell’evento che quest’anno vedrà coinvolti di volta in volta gli antichi pittaggi del centro storico per aggregare, intrattenere, emozionare, ma soprattutto per sperimentare soluzioni che possano contribuire al dibattito sullo sviluppo territoriale, economico, produttivo, turistico e di rivalutazione della città antica di Taranto.
Ampio e interessante il cartellone; da Mariella Nava che il 5 agosto scorso si è esibita con il Cantico delle Creature in Piazza Duomo all’ouverture del 2 agosto incentrata sulle figure dei grandi uomini di cultura del passato come Archita e Aristosseno e anche dei musicisti Paisiello, Costa e Fago, unitamente al Santo tarantino Egidio.
Oggi, 7 agosto, l’attenzione si sposta sul fronte mare che per i tarantini è il Mar Piccolo e con esso e per esso via Garibaldi alla riscoperta delle dimenticate storie di chiese abbattute e di generazioni di pescatori laboriosi ed esperti tanto quanto quelli di oggi pronti a far degustare prodotti ittici tarantini per riscoprire così il patrimonio più grande della città dei due mari.
Il 9 agosto teatro della kermesse sarà la Cava con la scoperta degli ipogei e i percorsi della Taranto rupestre tra musica e teatro.
Il gran finale è in programma per il 12 con il tema “Radici vibranti” perché se è vero che le radici sono la memoria antropologica della città antica di Taranto conservata nel Museo Etnografico di Palazzo Pantaleo, le stesse radici chiederanno per una serata voce ai violini, alla storia, alla cultura popolare dell’isola, alla devozione, alla Taranta di “Rete a Sante Paule”, la vera matrice della “Taranta” di cui la salentina Melpignano se ne è poco storicamente appropriata.
Come contorno a questo succulento menù di offerta turistico-culturale ci saranno i circuiti negli ipogei, nelle chiese della città antica, quelle aperte e quelle che saranno appositamente aperte per l’occasione, il bellissimo Museo Diocesano, l’incantevole Palazzo Pantaleo, mostre fotografiche di grande spessore, presentazione di libri, inserita in un contesto che unisce 26 grandi scrittori pugliesi tra i quali il fresco Premio Strega, Nicola Lagioia, e gli scrittori Cosimo Argentina, Giuliano Pavone, Maurizio Corrona, Alessandra Macchitella  altri. Ci sarà anche spazio alla cultura del mare che sarà proposta in chiave di conferenza-dibattito nella ex Chiesa di Santa Maria della Scala dal prof. Antonio Fornaro che parlerà dei mari di Taranto, dei suoi prodotti e delle sue bellezze prendendo lo spunto da una normativa europea che impone anche ai pescatori tarantini di esporre sulle cozze e sui pesci e sui frutti di mare non il nome italiano o dialettale, ma quello scientifico che, si sa, è in latino. Chi non lo farà  sarà multato.
Benedetta Unione Europea, non bastavano i guai prodotti fino ad oggi, mancava anche questo. E così vorremmo chiudere, tra il serio e il faceto, con un ricordo che lo stesso Fornaro proporrà il prossimo 12 agosto, alle ore 19 nella ex Chiesa della Madonna della Scala in via Duomo, e che ha anticipato per i lettori di Extra Magazine: “Vorremmo dire ai signori di Bruxelles che su questo non la spunteranno perché i tarantini continueranno a chiamare i nostri prodotti del mare oggi e sempre ‘iavatune, cozze, oscre, cueccele, naccaridde e sarde’. Che se poi non la smetteranno di perseguitarci anche su questo filone saremo costretti a richiamare in vita i nostri buoni nonni proprio perché non conoscevano il latin, il ‘requiescant in pace’ lo avevano trasformato in ‘recchie sckatte  ‘mpace”.
Con buona “pace” degli amici europeisti.
 
 
 
 


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