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ANCORA SULL´AUTOSTIMA

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

16
MAR
2018

È possibile emendare l’autostima dalla concezione buonista del «credi in te stesso, ce la farai»? Alcune riflessioni in merito.

«Credi in te stesso», «ce la farai». Siamo ormai abituati a frasette pseudomotivazionali di questo tipo. Perché pronunciate fino alla nausea dai protagonisti delle commediole giovanili e giovanilistiche. Perché magari ripetute dal vicino, dal parente, dall’amico. Frasette bonarie, buoniste, forse anche ingenue. Ma, a prescindere dall’opinabile questione del contenuto, interroghiamoci sull’efficacia. Questi consigli funzionano? Sortiscono l’effetto desiderato?
Senz’altro queste esortazioni più o meno originali poggiano sovente su una concezione a mio dire un po’ travisata dell’autostima. Molti, infatti, conferiscono a questo concetto una connotazione aprioristicamente positiva e, aggiungerei, anche assai generica e aspecifica. Cioè per costoro bisogna credere in sé stessi: a priori e a prescindere. Ma a questo punto mi viene da chiedere: credere in cosa?
Ecco che subentra l’autostima intesa non come autoconvincimento di un opinabile valore personale, ma come stima di sé. Come al solito, prima di pronunciarci, ragioniamo sulle parole. “Stimare” significa giudicare il valore di una cosa. L’estimo, non a caso, è la disciplina che si occupa dei criteri attraverso cui si valuta il valore di un bene economico. Quindi l’autostima consiste in una valutazione realistica del proprio valore personale: delle inclinazioni, delle abilità e delle competenze acquisite.
Per quanto strano possa sembrarvi, spesso risulta difficile che una persona possa acquisire autonomamente questa consapevolezza di sé. Sussistono, infatti, svariati fattori ostativi. In primo luogo troviamo le più o meno patologiche distorsioni cognitive, tra le quali cito, a mo’ d’esempio, l’ego ipertrofico di chi si sopravvaluta e l’ego depresso di chi si svaluta. Ma abbiamo anche fattori più subdoli e sottili, come l’autosabotaggio, fenomeno per cui una persona magari potenzialmente valida si squalifica da sé attraverso condotte controproducenti. Infine non dobbiamo trascurare il ruolo dei fattori esterni, reali o percepiti che siano. Molte persone avvantaggiate finiscono per pensare che la loro condizione derivi da un merito personale. E, di converso, molte persone svantaggiate finiscono spesso per pensare di essere loro sbagliate, inadatte… di non valere nulla. In un caso o nell’altro viene interiorizzato l’ambiente in cui si vive, favorevole od ostile. E, in un caso o nell’altro, quel che viene ritenuto reale può benissimo divenire reale nei suoi effetti: una convinzione, anche sbagliata, può, in qualità di fattore (de)motivante, innescare i meccanismi della crescita o della decrescita personale. Chi suppone di essere migliore può essere da ciò spinto a coltivarsi, ad attivarsi, a industriarsi, ottenendo così dei risultati. D’altronde, per un curioso fenomeno detto “eterogenesi dei fini”, la stessa convinzione di superiorità potrebbe anche motivare l’immobilismo in chi magari suppone (a torto!) di essere già arrivato. E possiamo formulare un ragionamento analogo e contrario per chi si reputa peggiore.
Quindi, per evitare tali derive, conviene attenersi al significato effettivo del termine autostima e farsi di conseguenza un resoconto realistico del proprio valore personale. Le misurazioni e i colloqui di orientamento andrebbero pure bene. Ma la cosa migliore rimane sempre il confronto con gli altri e la prova dei fatti. Perché è nell’esperienza concreta che si capisce ciò per cui si è portati e lo si impara pure; e nel farlo si acquisisce progressivamente sempre più padronanza, quindi più fiducia nelle proprie capacità, che aumentano proprio tramite l’esperienza concreta.
Il fare: è questo il vero segreto dell’autostima. Un fare, però, opportunamente controllato e supervisionato nonché programmato in maniera tale da permettere all’individuo di individuare con chiarezza le proprie potenzialità e di crescere in esse, gradualmente. Perché il valore personale non è un fatto statico.
Allora, mi direte, hanno ragione quelli del «credi in te stesso»? Ditemelo voi. Di certo chiedo che chi parla per frasi fatte ci faccia d’ora in poi la gentilezza di argomentarle in maniera un pochino più precisa e dettagliata. Fosse solo per non confondere ulteriormente i destinatari.



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