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TRADIMENTO D´AMORE

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

29
MAR
2018

Questa settimana parliamo di tradimento sentimentale da una prospettiva leggermente diversa. Al di là dei luoghi comuni e della solita retorica.

Si dice che l’amore sia inspiegabile, misterioso. Addirittura c’è chi sostiene che esso costituisca una sorta di energia spirituale capace di muovere l’universo intero. In realtà, per quanto complesse possano risultare le relazioni tra persone, l’amore è e resta di fatto una cosa molto semplice, nata e sviluppatasi nel corso della nostra evoluzione biologica. Esso svolge di regola – ribadisco, di regola – una funzione importante: quella di rendere il fronte genitoriale unito e coeso, affinché possa così meglio provvedere alle cure parentali. Non è un caso che l’innamoramento propriamente detto duri di solito non più di due anni, giusto il tempo di seguire la gestazione e di provvedere alle prime necessità della puerpera e del neonato. Oggi, inutile a dirsi, la funzione riproduttiva dell’amore, seppur rimasta, è passata in secondo piano. Un tempo, quando “vivevamo nelle caverne”, all’innamoramento seguiva quasi sempre la procreazione. Oggigiorno, per motivi a noi tutti assai evidenti, ciò succede molto di rado. Benché la nostra natura sia rimasta sempre la stessa, il contesto sociale risulta profondamente cambiato. Oggi, l’amore, spossessato della sua primaria vocazione procreativa, ha assunto altre funzioni ancora. Nell’adolescente viene vissuto soprattutto come un gioco, propedeutico all’acquisizione di vere e proprie competenze relazionali. Le storie, senza alcun particolare impegno, vanno e vengono in maniera ondivaga, lasciando, nel bene e nel male, delle tracce esperienziali. Nell’adulto, invece, l’amore si connota solitamente di un significato istituzionale. Matrimonio e patrimonio risultano di fatto ampiamente interconnessi. È largamente risaputo che il matrimonio, e per molti versi anche la convivenza, costituisce di fatto una società economica. Non è un caso che il termine “economia”, derivato dal greco antico, significa proprio gestione della casa, un po’ come nell’accezione “economia domestica”.
Fatto sta che il matrimonio monogamico all’occidentale, per quanto oggi prevalente, risulta di fatto una delle tante possibili forme di sodalizio sentimentale esistenti sulla faccia del nostro pianeta. Già in altre occasioni ho avuto modo di spiegare come in altre parti del globo tutt’oggi viga la poligamia (un uomo, più donne), la poliandria (una donna, più uomini) o il comunismo sessuale. Ognuna di queste forme di organizzazione costituisce a suo modo un adattamento ad un particolare ambiente di vita. Ad esempio, il comunismo sessuale vige in posti caratterizzati da alta mortalità, quindi dalla necessità che tutti gli adulti, in qualità di probabili padri, si prendano cura della prole comune.
Ciò significa che l’amore, biologicamente inteso, risulta di fatto regolamentato da convenzioni culturali, quali appunto il matrimonio monogamico, poligamico etc. Quindi veniamo alla questione del tradimento. Alla luce della nostra premessa possiamo supporre che esso non esista in natura, ma che costituisca soprattutto un prodotto della cosiddetta civiltà, che però sortisce inevitabilmente delle ripercussioni sulla psiche. Chi tradisce segue (in ogni caso) la sua indole, la passione è, come ci suggerisce l’etimo stesso della parola, qualcosa che si subisce: non scegliamo chi ci attrae, ci attrae e basta. Ciò, d’altronde, può comportare la violazione di un impegno relazionale preso secondo norme culturalmente determinate. Perché la dimensione dell’impegno sentimentale, dell’intesa in un comune progetto di vita, può benissimo non coincidere con le naturali e cangianti dinamiche della passione. E il tradimento si colloca proprio in questa discrasia tra natura e cultura, tra biologia e civiltà, tra piacere e dovere. È espressione della nostra doppia dimensione, della sostanziale contraddittorietà dell’essere umano, e per questo soggiace a una logica controversa e paradossale, che non può assolutamente essere interpretata da un’unica prospettiva. Di certo lo scienziato, e in particolar modo il clinico, nell’affrontarlo non moralizza, ma ricerca cause ed effetti, quindi procede con l’individuazione di eventuali percorsi in cui le contraddizioni possano risolversi in un nuovo equilibrio. Perché come diceva qualcuno: «non esistono fatti morali, ma solo interpretazioni morali dei fatti».



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