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Masserie sociali: verso un´agricoltura civica

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

3
MAG
2018


Nelle campagne italiane vanno diffondendosi pratiche economicamente sostenibili: modelli che prendono il nome di agricolture civiche (o civili). L’agricoltura civica, oltre a mantenere come intento lo svolgimento dell’attività agricola, persegue contestualmente il bene comune attraverso l’introduzione di modelli che producono benessere e inclusione. Per questa ragione l’agricoltura civica si fonda sul coinvolgimento delle comunità locali, avviando attività in cui persone, provate da varie forme di svantaggio o disagio, si misurano con ambienti rurali e processi produttivi migliorando le condizioni di salute sperimentando percorsi efficaci di apprendimento, autostima e partecipazione. Tali esperienze sono legate ad un’idea d’impresa in cui viene praticata una diversa gerarchia degli obiettivi imprenditoriali. In particolare, quelli riferiti alla promozione umana e alla giustizia sociale, precedono quello della massimizzazione del profitto. Finora si è guardato agli alimenti esclusivamente nella dimensione riferita alla genuinità e naturalità e non a quella collegata alla qualità dei beni relazionali associati al cibo. La ruralità, qualora non dovesse evocare i valori di solidarietà e mutuo aiuto che caratterizzano da sempre le comunità rurali, rischierebbe alla lunga di rimanere un guscio vuoto. I prodotti delle masserie sociali potrebbero connotare in modo completo il legame tra comunità di cibo e ricerca dei valori rurali. Le masserie sociali permettono di rivivere e riabitare le campagne ripristinando la peculiarità insita nella nascita dell’agricoltura come creazione di comunità sedentarie. Peculiarità messa pesantemente in discussione dai processi di industrializzazione e modernizzazione che hanno investito il settore agricolo, rendendolo di fatto un reparto all’aperto dell’industria. Le campagne stanno vivendo una nuova mutazione, passando da luoghi dove operano sistemi agroalimentari che ricercano materie prime a minor costo, a luoghi dove si rigenera un’agricoltura relazionale e di territorio. L’obiettivo non è produrre cibo in sé, ma produrlo in un certo modo per ottenere beni pubblici capaci di soddisfare bisogni collettivi, ricerca della qualità, rispetto dell’ambiente. Il processo produttivo e il prodotto diventano i mezzi per soddisfare bisogni personali e collettivi. In questo nuovo approccio territoriale e comunitario cade l’idea di agricoltura come modello unico, a favore di un’agricoltura al plurale, ovvero agricolture legate a specifiche comunità che potremmo definire agricolture civili. Esse costituiscono un’opportunità per le famiglie e le istituzioni, mettendo in gioco risorse inusuali, come quelle ambientali  e produttive, legami comunitari capaci di incrementare i servizi alla persona e realizzare percorsi inclusivi attivi.

 



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