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PSICHE/QUEL GENIO DI MIO FIGLIO

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

1
OTT
2018

Bambini che sembrano più perspicaci del normale. Alcune riflessioni in merito

Alcuni genitori sono convinti che i propri figli possiedano delle capacità eccezionali. Così dei bambini particolarmente portati per la musica o per la matematica vengono sovente scambiati per geni, a maggior ragione quando la tendenza è quella di sopravvalutare le naturali differenze conoscitive tra generazioni.
Di fatto è normalissimo che un bambino sano e cresciuto in idonee condizioni ambientali possa presentare un ottimo sviluppo della cosiddetta intelligenza. D’altronde la proverbiale ricettività dei pargoli permette loro di apprendere un gran numero di nozioni e competenze in brevi lassi di tempo: compito che di solito risulta assai ostico per un adulto medio, ormai relativamente irrigidito sul fronte cognitivo. Ne consegue che, diversamente da quanto ci si possa aspettare, dovrebbe suscitare molta più meraviglia il contrario, ossia un adulto che apprende al pari di un bambino.
Ma, per quanto versati nella logica e nella memoria, i bambini difficilmente presentano una maturità morale. I piccoli prodigi si possono distinguere nella musica, nella matematica, possono anche laurearsi a pieni voti in discipline assai tecniche, ma difficilmente li vedrete filosofeggiare con cognizione o trarre delle conclusioni pratiche su una faccenda di principio. Detto in altre parole, possono padroneggiare benissimo la relatività einsteiniana, ma perdersi, con altrettanta facilità, in una banale faccenda della vita quotidiana, che richiede esperienza in fatto di persone e di relazioni umane. Un po’ come accade per lo studioso o addirittura per l’uomo di genio, che, costantemente assorto nella sua fanciullesca elucubrazione, perde sovente il senso della quotidianità.
Per questo una buona educazione affianca ai saperi tecnico-scientifici quelli umanistici: gli uni rivolti alla conoscenza del mondo fisico; gli altri alla conoscenza del ben più complesso mondo umano. Da un canto bisogna assecondare gli interessi scientifici del bambino, predisponendo e supervisionando un ambiente stimolante in cui l’avventura del sapere abbia modo di esplicarsi nella sua forma più autentica: il gioco. Dall’altro bisogna anche provvedere alla sua maturazione umana, che passa necessariamente dallo studio (critico e non pedantesco!) delle lettere, delle arti e del pensiero.
Infine, sotto un profilo più strettamente psicologico, è auspicabile che il narcisismo degli educatori non si riversi nei discenti sotto forma di aspettative più o meno grandiose. All’adulto spetta solo predisporre quelle condizioni che consentano al piccolo di definire autonomamente obiettivi realistici, presupposto di un’adeguata realizzazione esistenziale. Perché “il bambino è il padre dell’uomo”.

 



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