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PSICHE/CONFORMISMI

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

30
OTT
2018

La remissività e l’acriticità come matrici della tendenza a uniformarsi a un gruppo. Una riflessione, al di là delle parti, sulle derive sociali di questo comportamento

Ormai risulta ampiamente risaputo che l’essere umano, in quanto animale sociale, è per natura conformista, ossia istintivamente portato a conformarsi alle tendenze vigenti in un dato gruppo. La socializzazione stessa viene generalmente definita come “progressivo processo di acquisizione” di norme, prassi, valori etc. Perché, si sa, solo un gruppo sufficientemente coeso da punti comuni funziona e, diciamolo pure, sopravvive. E possiamo ragionevolmente supporre che l’evoluzione biologica abbia favorito il tratto del conformismo proprio per queste semplici motivazioni.
Asch, in un esperimento ormai classico (1951), ci ha dimostrato come il grosso della popolazione (i tre quarti) tenda a conformarsi al giudizio della maggioranza, anche se palesemente sbagliato (il suo disegno sperimentale prevedeva un solo soggetto ignaro a volta, contro sette complici dello sperimentatore). E negli anni della riflessione post-bellica, Milgram, in uno studio ancora più noto (1961), ha dimostrato, come il grosso degli esseri umani siano addirittura portati ad eseguire ordini immorali impartiti da un’autorità: nello specifico vide come molti soggetti, su ordine dello sperimentatore, fossero disposti a somministrare una scarica elettrica ad un'altra persona, convinti, per giunta, di procuragli dolore.
Questi esperimenti si svolsero in contesti artificiali: i soggetti, subito dopo, furono debitamente informati del fatto che si trattava di pura finzione. Ma noi sappiamo bene quanto uno stimolo finto possa elicitare una risposta vera. Questi studi, oggi non replicabili per ovvi motivi deontologici, diedero purtroppo conferma a sospetti vecchi quanto l’umanità stessa.
In taluni casi il conformismo deriva dal timore della punizione e dell’esclusione sociale: il soggetto sa che sta sbagliando, ma teme le conseguenze di un’azione che reputa poter essere disapprovata dal proprio gruppo di appartenenza. In altri casi il conformismo deriva da un vero e proprio convincimento interiore: il soggetto acquisisce, senza accorgersene, le tendenze del proprio gruppo. Ma, che si tratti di timorosa remissività o di convincimento acritico, sono sempre le persone più fragili quelle che cedono per prime alla minima pressione del gruppo, reale o presunta che sia.
Ecco, quindi, come persone pavide o semplicemente sprovvedute finiscono, senza necessariamente volerlo, per conformarsi al gioco di manipolatori che la Storia ci ha insegnato essere divisivi e sovente antidemocratici. Ecco perché la prevenzione primaria consiste tutt’oggi nella scuola, alla quale spetta innanzitutto il compito di formare dei cittadini che possano effettivamente esercitare la propria libertà di pensiero in maniera informata, assertiva e non discriminatoria. E il miglior educatore rimane sempre colui che accetta di poter formare chi un giorno potrà contraddirlo e superalo, promuovendo così quel rispettoso pluralismo di vedute sul quale poggia necessariamente ogni ordinamento democratico.



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