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AGRICOLTURA, AMBIENTE, API/TRA WELFARE E RICERCA: CIBO SANO E LEGAMI SOCIALI

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

30
OTT
2018

L’inefficacia dei fondi pubblici verso l’agricoltura e la totale assenza di politiche agricole, che tengono conto dei diversi cambiamenti, pongono l’agricoltura in grande difficoltà. Le cause principali, oltre a quelle politiche, sono la mancanza di piani nazionali a tutela delle nostre produzioni, l’abbandono delle coltivazioni, il clima e le diverse epidemie che stanno di fatto alterando i nostri paesaggi. Nonostante ciò, la ricerca per cibi buoni e salutari non si è mai fermata. In Italia c’è vitalità agricola: dalla tendenza a sperimentare e ricercare, alla rivalorizzazione di sementi perdute.
Nonostante la troppa burocrazia e l’enorme distacco tra la direzione presa dai nostri agricoltori e la politica, crescono in Italia progetti che, senza finanziamenti pubblici, si impegnano alla tutela di un paniere di materie prime e prodotti italiani. L’orgoglio delle tradizioni contadine e il senso dei luoghi e delle tradizioni spingono molte persone verso una vita contadina che non rinuncia agli aspetti della ricerca scientifica e del buon senso. Il mondo rurale ha sempre vissuto di osservazioni, tentativi, forti speranze. L’incertezza del raccolto si compensa con il forte legame con la materia vivente che rende tutto molto più affrontabile. La tendenza di fare rete tra esperienze e iniziative ha permesso a molti di condividere scoperte, anche casuali, di mettere in comune  attività e patrimoni  scientifici e sociali. Il tema centrale delle comunità rurali, coinvolte in queste esperienze, è la tutela della diversità biologica in agricoltura partendo dal tema della conservazione fino all’innovazione. La ricerca e il recupero di varietà per un’agricoltura biologica hanno incontrato l’interesse e l’approvazione di comunità scientifiche e Università, supportando con la ricerca scientifica una necessità vitale, ovvero quella di coltivare senza l’uso di sostanze chimiche. Il motto “più natura, meno chimica, più biodiversità” è l’input verso cui queste coltivazioni stanno riaffermandosi con la logica che sono le colture ad adattarsi agli ambienti e non il contrario. L’osservazione torna ad essere l’elemento inclusivo che richiama ricerca, boccia l’omologazione, conduce ad un richiamo di competenze a più livelli, pone agricoltori e ricercatori sullo stesso piano come strategia di risposta ad una semplificazione che troppo spesso ha visto calare dall’alto risposte quasi sempre vuote di senso. Questa strategia ripaga e meglio si adatta ai cambiamenti climatici e alla diffusione di epidemie perché figlia di un fare virtuoso che parte da chi la terra la vive e soprattutto ci sopravvive, costruendo un ponte ideale tra il mondo rurale e della ricerca. Sono state condotte negli ultimi anni sperimentazioni sui cereali, sugli ortaggi, sul recupero di razze animali in via di estinzione. Pratiche ed iniziative che non sarebbero però potute esistere senza l’impegno di molti agricoltori. Secondo la legislazione italiana ed europea per quanto concerne i cereali, non è consentita la vendita di varietà non omogenee perché non favorisce le grandi multinazionali (Fitofarmaci e sementi), quindi la diffusione di nuove popolazioni, magari più consone alla coltivazione in biologico, non sono consentite per legge. Il parlamento europeo fino al 2019 ha varato una deroga in modo da rendere legale la diffusione di popolazioni a scopo di ricerca per favorire l’eventuale coltivazione senza l’uso della chimica verso produzioni di cibo sano. In Italia la legge sulla biodiversità consente la sperimentazione esclusivamente da centri di ricerca, lasciando così spazio alla difesa di interessi forti e politiche malsane che non consentono lo sviluppo di una visione per la costruzione di un sistema territoriale nuovo, volto a creare consapevolezza, conoscenza, qualità alimentari e sociali.     



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