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AGRICOLTURA, AMBIENTE, API/ LA FERITA APERTA DELL´OLIVICOLTURA ITALIANA

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

27
NOV
2018

L’olivicoltura italiana occupa il 10% dei terreni agricoli, circa un milione di ettari. L’80% dell’olio italiano viene prodotto nel sud Italia dove spiccano le produzioni pugliesi, calabresi, siciliane. Le produzioni nazionali sono in forte calo facendo registrare dal 2016 record negativi. Alla fine degli anni novanta le produzioni di olio registravano le 600 mila tonnellate per poi calare a picco, toccando una produzione di appena 182 mila tonnellate di olio nel 2016. Le grandi difficoltà della coltivazione dell’olivo e le cause del crollo produttivo sono racchiuse nella mancanza di un serio piano nazionale, nell’abbandono delle coltivazioni, nei cambiamenti climatici e non di ultima importanza l’epidemia di Xylella in Salento. I paesi del Mediterraneo detengono più del 90% della produzione mondiale di olio e l’Italia segue solo la Spagna in termini produttivi. L’olivo rappresenta la cultura del Mediterraneo detenendo il maggior numero di cultivar che ne fanno una delle specie a più alto indice di biodiversità. La pianta che maggiormente descrive il paesaggio rurale del sud Italia, diffondendosi su tutto il territorio nazionale e coprendo con la sua storia 18 regioni su 20. Le annate degli ultimi decenni non devono far dimenticare la qualità e bouquet dell’olio italiano, ciascuna delle 400 varietà di cultivar individuate nel nostro Paese racconta un processo di adattamento capace di far esprimere caratteristiche e contenuti organolettici unici. Tradizioni e saperi che si tramandano e che oggi si scontrano con difficoltà importanti. Difficoltà elencate sopra e che stanno oggi determinando un impoverimento del patrimonio olivicolo, condizioni di sofferenza caratterizzate da un forte calo produttivo con tendenze altalenanti inclini al ribasso. La campagna olearia quest’anno non durerà, come gli altri anni, fino a gennaio; dei 5000 frantoi operanti in Italia poche migliaia hanno aperto e, mentre l’Italia sta a guardare, gli altri grandi produttori oleari, come Spagna, Grecia, Turchia, Tunisia, hanno aumentato le loro quote di mercato.
La realtà olearia deve conoscere un nuovo protagonismo; le crisi produttive di questi anni, con il conseguente aumento dei costi dell’olio, devono portare attorno all’olivo un nuovo coinvolgimento emotivo e pragmatico. Le attese attorno all’olio, derivanti soprattutto dai piccoli produttori, sono state tradite ed è giunto il momento di ripensare a tante convinzioni e dare una nuova lettura alla coltivazione dell’olivo partendo dalla gestione degli oliveti in condizioni climatiche in mutamento. I cicli produttivi sono messi alla prova dagli sbalzi climatici: gelate tardive, riscaldamento globale, siccità indeboliscono le piante rendendole più suscettibili all’attacco di insetti e patogeni, un insieme di eventi che compromette la pianta dalla fioritura alla maturazione dei frutti. Condizioni che compromettono qualità e quantità, insieme a stati di abbandono, incendi, pratiche agronomiche non effettuate con regolarità ed uno sconsiderato utilizzo di pesticidi che, invece di essere di aiuto, compromette definitivamente le nostre piante e insieme a loro i paesaggi collinari italiani. Criticità amplificata nel Salento dove la condizione delle piante, dovuta al contagio da  batterio Xylella, colpisce le province di Lecce, Brindisi, Taranto, Bari, espandendosi su tutto il territorio regionale, proprio ahimè, a macchia d’olio. Il cuore produttivo dell’olivicoltura italiana è colpito e deriso da scellerate azioni politiche e da mancanza di interventi specifici e idonei al mantenimento di un equilibrio dell’ecosistema agricolo. Situazione di estrema gravità e complessità che però necessita di risoluzione, accompagnata da una nuova considerazione della coltivazione dell’olivo su tutto il territorio nazionale. Il rilancio del settore è un passaggio obbligato per l’agricoltura italiana a livello economico e sociale per poter recuperare territori abbandonati, tutelare il paesaggio e il turismo, garantire qualità ed opportunità, ristabilire armonia con le nostre tradizioni.



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