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NUVOLETTE/ "Fumetti da dentro" l´arte sequenziale nel carcere minorile di Bari

Pubblicato da: Categoria: nuvolette

20
LUG
2017

Dal 2012 al 2015, l’associazione Kaleidos è entrata nel carcere minorile “Fornelli” di Bari per insegnare ai ragazzi a raccontarsi attraverso il medium fumetto. Ora il progetto -unico nel suo genere in Italia- è fermo per mancanza di fondi

Il fumetto è da sempre bistrattato e relegato ad arte minore. Molti pensano all’ “arte sequenziale” (per usare il termine coniato da Will Eisner) come ad un prodotto riservato esclusivamente ad un pubblico di bambini (o adulti deficienti). Qualcun altro, magari, è convinto che il fumetto (magari chiamandolo con un altro nome: “graphic novel”) sia un medium destinato solo ad una certa schiera di lettori, magari di nicchia, o un prodotto realizzato solo da un ristretto numero di autori, quasi privilegiati, chiusi nei loro studi tra cartoncini, matite e inchiostri.
L’esperienza barese di “Fumetti da dentro” -unica nel suo genere in Italia- ci insegna come il racconto per immagini possa adattarsi alle più disparate esigenze di socialità e comunicazione. Tra le pagine dei tre volumetti, realizzati nel tra il 2012 e il 2015, si alternano amori sognati e miti musicali, fughe in macchine rubate e battute in dialetto, tutti nati dalla fantasia e dall’esperienza diretta di ragazzi “difficili”.
Da svariati anni l’associazione Kaleidos di Bari si impegna a diffondere la cultura anche nelle situazioni di disagio, prendendo spunto e destinando i suoi prodotti a tutti: dai semplici passanti alle famiglie del Cep, dai ragazzi con precedenti di alcol e droghe fino ai casi di delinquenza minorile.
Con questo spirito, Kaleidos è entrata per quattro anni nel carcere minorile “Fornelli” di Bari dando vita a tre volumi a fumetti che raccolgono le storie realizzate durante un laboratorio curato dall’educatrice Ilaria Schino, dal fumettista Giuseppe Sansone (che si è unito al progetto dal secondo anno) e dall’illustratrice e mediatrice Anna Di Maggio, coordinati dalla presidente dell’associazione, Anna Pinto.
È la mediatrice Anna Di Maggio a raccontare la loro esperienza: “Da sempre volevamo portare il progetto nel carcere minorile e ce l’abbiamo fatta fino a quando il Ministero è riuscito a sostenere le spese di stampa, distribuzione e dei materiali, necessarie alla sua realizzazione”.
I ragazzi detenuti, di un’età, mediamente, tra i 16 e i 18 anni, hanno raccontano senza censure le loro storie inventate.
“Alcuni di loro uscivano prima di terminare il loro racconto, alcuni sono arrivati a laboratorio iniziato, ma abbiamo tentato di catturare da tutti spunti, schizzi, sceneggiature, frasi, battute. I disegni sono fatti tutti da loro. Il fumetto dà la possibilità di raccontare storie, che hanno un inizio, un corpo e una fine. Questo è importante perché spesso i ragazzi chiusi in carcere non hanno la concezione di futuro ben chiara: il fumetto fa capire che ogni scelta comporta delle conseguenze che, insieme, contribuiscono a raccontare una storia. Diventa, così, una metafora della vita”.
Oltre alle lezioni di fumetto del professionista Giuseppe Sansone, fondamentale è stata la mediazione degli educatori, senza la quale sarebbe stato impossibile entrare in contatto con i ragazzi. Importante è stato anche lo stimolo fornito dall’associazione a “lavorare di fantasia”. “Alcuni, i più furbi -spiega la mediatrice- volevano trasmettere all’esterno un’immagine di bravi ragazzi, per colpire e influenzare il giudice con una loro versione del reato commesso. Abbiamo, per questo, volutamente evitato che raccontassero esattamente le loro storie e che fossero riconoscibili dal fumetto. Certo è difficile far cambiare loro idea sul proprio futuro. Quasi sempre del fumetto, dell’arte a loro interessa poco. Però, sicuramente, è stata un’occasione di scambio, il fumetto è stato una finestra per far capire che c’è altro al di là delle loro vite e del loro ambiente”.
Questa occasione, purtroppo, non sì è potuta rinnovare per il biennio 2016-2017, e il progetto è, momentaneamente, fermo.
 



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