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Fabrizio Paglialunga/PROMOSSO

Pubblicato da: Categoria: SPORT

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LUG
2012

 

Fabrizio Paglialunga
 
PROMOSSO
 
L’arbitro nativo di Massafra, nella prossima stagione, dirigerà in LegaDue e nella massima serie di basket maschile. Un riconoscimento giunto dopo ventuno anni di gavetta   
 
Fabrizio Paglialunga ce l’ha fatta. Il trentasettenne arbitro massafrese è stato promosso nella lista di “primo gruppo” della CIA (Comitato Italiano Arbitri), che vale a dire LegaDue e massima serie nel prossimo campionato. Un traguardo prestigioso, giunto dopo ventuno anni di gavetta. Ecco il “signor” Paglialunga intervistato per i lettori di Extra Magazine.
Riconoscimento atteso e - si può dire senza incorrere in errore – meritato: promozione in LegaDue e presenza in Serie A di basket maschile. Signor Paglialunga, qual è il Suo stato d’animo attuale?
«Sono un uomo felice perché ho raggiunto un traguardo molto prestigioso. Non vedo l’ora di misurarmi – e mettermi in gioco - con il basket ad alti livelli».
Un riconoscimento che arriva dopo tanti anni di gavetta e dopo aver superato “l’incubo-incidente” che stava mettendo a repentaglio la Sua carriera.
«L'incidente in moto ha rallentato il mio percorso, ma dopo venti giorni dall'evento ero già alle prese con la fisioterapia; il desiderio di riprendere ad arbitrare era troppo grande e per fortuna i sacrifici sopportati sono stati ricompensati».
Lei ha trentasette anni e da ventuno dirige. A che età il primo incontro con la palla a picchi?
«Ho iniziato a otto anni con la pallacanestro e ho giocato per dieci anni. Poi, ho continuato solo ad arbitrare, anche perché – a giocare – non sono mai stato un fenomeno (sorride, ndr). E ora eccomi in Seria A».
Quando ha deciso di diventare arbitro?
«Tutto è iniziato per caso. Mia madre lesse su un giornale di un corso per arbitri e me lo consigliò: così è iniziata la mia carriera. Inizialmente, era mio padre ad accompagnarmi in trasferta visto che non avevo ancora la patente: è stata una fortuna».
Quali sono le principali doti di un buon arbitro?
«Deve avere un’etica molto marcata, perché solo così riesce a esser rispettato in campo e dagli addetti ai lavori; poi, deve sicuramente avere quel pizzico di malizia che ti aiuta a uscire dalle situazioni difficili. Di fondamentale importanza l’attenzione verso il proprio fisico, necessaria a essere lucidi - in particolare - sul finire delle partite quando le decisioni sono ancor più decisive».
Cosa consiglia ai giovani che decidono di intraprendere questo tipo di carriera?
«Ai giovani consiglio di avvicinarsi all'arbitraggio perché è un'ottima scuola di vita. È un’attività che ti porta in giro per l'Italia facendoti conoscere tanta gente e instaurare delle belle amicizie. Infine, dico ai giovani di non fermarsi al primo ostacolo perché con la cultura del lavoro si possono ottenere soddisfazioni enormi».
A chi dedica questo meritato traguardo personale?
«Alla mia famiglia, ai miei genitori e ai miei fratelli, a mia moglie Barbara: loro sono i primi tifosi e mi sono stati sempre vicini facendo anche loro dei sacrifici con me».
A chi vorrebbe rivolgere un ringraziamento particolare?
«Vorrei ringraziare chi ha sempre creduto in me spronandomi nei momenti difficili, in particolare il mio istruttore Tonino Malerba».


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