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Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

30
APR
2018

Nostra figlia frequentava il terzo anno delle superiori, trovava qualche difficoltà nelle materie scientifiche ed ero preoccupata perché a scuola c’era stato una specie di turnover tra i docenti, e questo non aveva giovato al suo apprendimento. Perciò, quando mi disse che dovevo andare ai colloqui con i professori mi sono alquanto preoccupata.
Arrivata davanti alla scuola, quel pomeriggio, trovai a fatica un parcheggio e, vedendo la fila di genitori che stava aspettando di parlare con i docenti, mi dovetti armare di santa pazienza.
Mio marito non era venuto con me, Andrea si è sempre disinteressato dei problemi scolastici di nostra figlia, come del resto di tutta la gestione familiare. E se mi lamentavo, rispondeva che era troppo preso dai suoi impegni per potersi occupare d’altro.
Mi misi pazientemente in attesa e tra la fila di genitori notai un uomo che non avevo mai incontrato prima a scuola, tuttavia non mi sembrava un viso del tutto sconosciuto. Mi soffermai a guardarlo e notai che anche lui posava insistentemente lo sguardo su di me.
«Ma tu sei Luciana!» Esclamò, e il suo nome mi salì alle labbra immediatamente.
«Federico...» Risposi.
Con la barba, i baffi, i capelli corti e brizzolati avevo fatto fatica a riconoscerlo, ma era proprio lui, Federico. La mia prima cotta, il mio primo battito di cuore quando eravamo poco più di due ragazzini che frequentavano il liceo. Lui non piaceva solo a me, ma a tutte le ragazze della scuola e a alle amiche che frequentavo. Ma un bel giorno si accorse di me, mi fece una tenera corte e ci mettemmo insieme. Fu una storia breve, di pochi mesi ma intensa, e il suo ricordo mi è rimasto nel cuore.
Si avvicinò, mi strinse la mano e mi dette due baci sulle guance.
«Che bella sorpresa averti trovata qui. Hai anche tu un figlio che frequenta questa scuola?»
Chiese.
«Una figlia. Si chiama Camilla e frequenta la terza C». Risposi.
«Mio figlio invece frequenta il quarto anno, stessa sezione. Come sta andando tua figlia?»
«Discretamente. A parte le normali difficoltà del passaggio dal biennio inferiore al triennio superiore e qualche piccolo intoppo nelle materie scientifiche, non mi posso lamentare. Va tutto bene. E tu?»
«Anche per mio figlio è stata la stessa cosa l’anno scorso. Adesso si è ripreso e sta andando bene in tutte le materie».
«Non ti ho mai visto prima qui. È la prima volta che vieni ai colloqui?» Gli chiesi, mentre scorsi un’ombra velare il suo sorriso.
«Sì, è la prima volta. Prima ci pensava mia moglie, ma ci siamo separati. Lei si è trasferita in un’altra città e si è rifatta una vita. Mio figlio ha preferito rimanere qui con me e con i nonni, e questo per non dover rivoluzionare tutte le sue abitudini e cambiare scuola».
Evidentemente Federico ne soffriva ancora molto per la separazione, tanto da non riuscire a dissimularlo.
«Ma dimmi di te, Luciana. Cosa mi racconti? Sei sposata? Hai altri figli?» Mi sollecitò.
«Sì, sono sposata e ho questa figlia sola. E credo di essere molto fortunata». Gli risposi.
«E il lavoro? Lavori vero?»
«Sì, lavoro. Sono impiegata in un ente pubblico».
Non riuscimmo a dirci molto altro perché lui dovette entrare a parlare con un insegnante di suo figlio e ci salutammo. A mia volta parlai con i docenti di Camilla e in quella occasione posi l’accento sulle difficoltà che stava incontrando con i nuovi professori, ma mi assicurarono che era un problema comune a tutti gli altri studenti e così mi tranquillizai.
Quando, alla fine della maratona tornai in strada, trovai Federico che mi stava aspettando e mi propose di prendere qualcosa insieme.
«Ti va un aperitivo? Così parliamo un po’».
Parlare quei pochi minuti con Federico nei corridoi della scuola era stato piacevole, ed ero anche lusingata che mi avesse aspettato per continuare a parlare con me.
Certo, ero stanca, ma a casa non mi spettava nessuno e un po’ di tempo glielo potevo dedicare. Camilla era andata a studiare a casa di una sua amica e poi sarebbero uscite assieme, mentre Andrea, come il solito, sarebbe rientrato molto tardi.
Quanti ricordi scaturirono dalle nostre parole, quanti episodi tornarono alla mente, e parlare di quei bei tempi andati lo trovai piacevole, anche se non tutti i ricordi risultarono vissuti piacevolmente da parte mia.
«Perché non tutti piacevoli?» Chiese.
«Ma, così». Risposi.
«Io di quel periodo ricordo solo cose piacevoli e la nostra storia è stata una delle esperienze più belle della mia vita». Affermò, con quel suo sorriso che non ho mai dimenticato.
«Non avrei mai pensato che ti ricordassi ancora di me. Ero convinta di essere stata una meteora, una delle tue tante conquiste». Aggiunsi.
«Non è vero. Niente affatto. Ti porto nel mio cuore ancora con tanta tenerezza».
Ero imbarazzata e probabilmente se ne accorse, perché cambiò argomento e mi parlò del suo lavoro; era un tecnico di laboratorio e disse che lo svolgeva con passione. Poi passò a parlare di cose intime, della sua separazione e della difficoltà che aveva trovato nell’affrontare da solo la crescita del figlio.
Quando ci salutammo, ci scambiammo il numero dei nostri cellulari e ci ripromettemmo di rivederci ancora. Rientrata a casa, trovai mio marito che stava lavorando al computer, mentre Camilla era ancora in giro con le sue amiche.
«Ah, sei già qui». Borbottò Andrea, senza distogliere lo sguardo dal monitor, quando mi affacciai sulla porta dello studio.
Volevo parlargli dei colloqui con i professori, dell’incontro inaspettato con un vecchio amico, ma lui tagliò corto e mi disse che non aveva tempo, che stava finendo un lavoro urgente, e subito tornò ad affondare lo sguardo nelle sue scartoffie. Sul tardi venne in salotto e mentre stavo per dirgli dei colloqui, m’interruppe per augurarmi la buonanotte.
«Io vado a letto Luciana. Perdonami ma proprio non riesco a tenere gli occhi aperti. Il progetto a cui sto lavorando mi sta facendo diventare matto. Buonanotte».
Io aspettai Camilla, per rassicurarla su ciò che mi avevano detto i professori, poi andai a dormire anch’io, ma una volta a letto non riuscii a prendere sonno. Mi chiedevo se Andrea ed io potevamo considerarci ancora una coppia? Se eravamo ancora felici come un tempo o piuttosto se eravamo diventati solo due persone che dividevano per abitudine lo stesso tetto, e il nostro matrimonio si doveva considerare davvero in crisi. Mi stavo chiedendo tutto questo e pensavo che presto o tardi avrei dovuto affrontare l’argomento con Andrea. Ma quella notte tardai ad addormentarmi anche perché continuavo a pensare all’incontro con Federico. Tutti quei ricordi venuti a galla con prepotenza, come se fossero stati vissuti solo il giorno prima e non fossero trascorsi ormai mille anni dall’ultima volta che ci eravamo visti, mi turbavano.
Avevo sedici anni, quando incontrai per la prima volta Federico. Ci eravamo piaciuti subito e ci frequentammo per circa un anno. Poi era arrivato Andrea e m’innamorai di lui. Ma adesso quell’amore sembrava solo un lontano ricordo, e la nostra unione si stava trascinando stancamente giorno dopo giorno. Mi chiedevo, dove fosse finita la nostra complicità, il nostro intimo. Ci volevamo bene, adoravamo nostra figlia, vivevamo sotto lo stesso tetto. Ma l’amore…?
Quando al mattino mi destai, ero ancora preda di questi cupi pensieri.
Due giorni dopo Federico mi chiamò e mi propose di prendere un caffè con lui. Pensai che forse non fosse il caso, ma come rifiutare? Dunque accettai, sia pure con qualche titubanza e ci incontrammo il venerdì successivo, di pomeriggio, in una caffetteria del centro.
Federico fu cordiale e simpatico, come me lo ricordavo, e fece attenzione a non toccare nessun argomento che potesse in qualche modo mettermi a disagio. Parlò del figlio e delle difficoltà che stava incontrando dopo la separazione; mi raccontò del rapporto difficile con la moglie e della sua situazione attuale.
«So che sono le stesse difficoltà che può incontrare anche una mamma separata, ma sono convinto che voi donne, in certe situazioni, avete una marcia in più, rispetto a noi uomini. Come riuscite a fare tutto quello che fate non lo so? Per me è un mistero».
«Non è facile, ma quello che facciamo cerchiamo di farlo al meglio, Anche se spesso voi uomini non ve ne accorgete nemmeno. Siete incontentabili, date tutto per scontato e volete sempre di più». Risposi.
«Perché, tuo marito è così?» Chiese.
«Be’, a volte sì». Ammisi, con un certo imbarazzo, e Federico sembrò compiacersi, ma non commentò e continuò a parlare di sé.
Anche quella notte tardai ad addormentarmi, perché continuai a pensare a Federico. Avevo l’impressione che mi stesse rimpiangendo, che stesse rimpiangendo il periodo trascorso con me. Ma forse era solo frutto della mia immaginazione.
Il mattino successivo, appena alzati, vidi Andrea che stava preparando il trolley.
«Ma dove vai? Non mi hai detto nulla». Gli feci notare.
«Mi devo assentare per qualche giorno. Devo andare a Roma per dei progetti in via di approvazione. Ma sono sicuro di avertene parlato, di avertelo detto». Rispose.
Ero confusa, e mi sorse il dubbio che mi stesse mentendo, che non andasse a Roma solo per lavoro. Ma quei giorni senza Andrea mi avrebbero dato la possibilità di comprendere cosa veramente stava succedendo dentro di me, e tra Federico e me.
In quei giorni tornai a incontrare Federico. Prendevamo un aperitivo, facevamo lunghe passeggiate, ma mi stavo convincendo sempre più che per lui ero solo una cara amica cui confidare le sue sofferenze. Quando un pomeriggio, prima di separarci, mi stupì dicendo:
«Non so cosa senti tu per me, Luciana, ma io per te sto provando un sentimento molto intenso. Molto più forte di quando eravamo ragazzi. Ti avevo detto che mi ero pentito di averti lasciato, ricordi? Be’, ti devo dire che quel rimpianto è tornato ancora più forte».
Sentendo quelle parole, istintivamente mi irrigidii.
«Oh, Federico, come si fa… sono sposata, ho una famiglia». Risposi, quasi sussurrando.
«Lo so, ma sono sicuro che nemmeno tu sia felice. Lo capisco dal tuo modo di comportarti, dalle parole che mi dici, anche se le pronunci in modo sommesso e velato».
Ero confusa, Federico aveva letto dentro di me e non sapevo più cosa rispondere. Quella sera ci lasciammo così, ma quell’incontro mi turbò oltre misura e le sue parole, penetrate in modo violento nel mio cuore, mi stravolsero il corpo e la mente.
Camilla rientrò poco dopo di me e quando seppe che suo padre quella sera non sarebbe tornato, piegò le labbra in una smorfia.
«Uffa, ormai papà a casa non c’è quasi mai». Borbottò.
Per fortuna mia figlia era sempre allegra e aveva mille cose da raccontarmi, così mi rasserenai un po’. La notte, però, tornai a pensare a Federico, e anche i fantasmi tornarono a farsi vivi, mentre i sospetti su mio marito si fecero sempre più pressanti. Lo immaginavo in compagnia di qualche donna giovane e carina, che quel viaggio a Roma fosse solo la scusa per allontanarsi per qualche giorno da me. E conclusi che ormai eravamo a un passo dalla rottura.
L’indomani trascorsi una giornata inquieta. Ero nervosa, irritata, scontrosa anche sul lavoro e con le mie colleghe. Poi, nel pomeriggio, mi chiamò Camilla per avvisarmi che stava uscendo con le sue amiche e la sera sarebbe andata a farsi una pizza con loro, così, quando mi telefonò Federico e mi propose di vederci, gli risposi subito di sì.
Proprio non mi andava di restare sola quella sera, con tutti quei dubbi che mi stavano offuscando la mente, e quando ci incontrammo, lo dissi anche a Federico. Gli parlai dei sospetti che nutrivo verso mio marito e delle ansie che mi tormentavano, se pensavo al futuro.
«Non ti devi fare troppi scrupoli Luciana. A quanto posso capire, il tuo matrimonio è in crisi. È successo anche a me. A volta serve solo un po’ di coraggio, per tornare a essere di nuovo felici». Mi disse.
Ma io non ero tanto sicura di dover buttare all’aria tanti anni di matrimonio, per tornare a essere felice. Cercavo disperatamente una via d’uscita. Cercavo solo un po’ di conforto.
«E sono anche sicuro che anche tu stia provando qualcosa per me. Altrimenti non saresti qui ora. Non è così?»
E dicendo così, mi sollevò il mento e mi guardò intensamente negli occhi. Mi invitò a casa sua e io non rifiutai. Appena entrati richiuse la porta e mi strinse tra le braccia, e fu come precipitare indietro nel tempo, tornare a quel passato meraviglioso.
«Sapevo che sarebbe successo, Luciana, era solo questione di tempo, di pazienza».
Mormorò, mentre mi baciava sulle labbra. Ed io mi lasciai baciare senza reagire, come se tutto fosse già deciso, come se il mondo stesse svanendo tra le sue braccia. Mi lasciai andare.
Successe tutto come in un sogno, un tornare a quel passato dolcissimo, di tanti anni prima.
Lui era stato il mio primo amore, mentre ora ero una donna diversa, adulta e sposata, madre di una figlia meravigliosa. Non ricordo quanto tempo stetti a casa sua, ma quando mi ricomposi, non vedevo l’ora di tornare a casa. Mi rivestii, mi infilai le scarpe, raccolsi la giacca e la borsetta e uscendo mi ripetevo che tutto doveva rimanere solo un dolce ricordo.
Tornai a casa poco dopo Camilla e andai a dormire. Nel letto mi giravo e rivoltavo nervosamente e quando sentii il rumore della chiave nella serratura, mi alzai a sedere sul letto: Andrea era tornato a casa prima del previsto.
«Ciao Luciana. Ancora sveglia?» Mi salutò a bassa voce.
«Sei rientrato in anticipo…»
«Sì, sono tornato prima».
«Tutto bene? Stai bene?» Gli chiesi, preoccupata.
«Sì. Adesso sì». Rispose.
«Che significa?»
«Non ce la facevo più a stare lontano da te e da Camilla. Appena finita l’ultima riunione ho trovato una scusa e sono tornato in albergo, ho rifatto in fretta la valigia, ho pagato il conto, mi sono messo in macchina e sono tornato a casa».
Sentendo quelle parole il cuore incominciò a martellarmi nelle tempie. D’istinto lo abbracciai e gli dissi solo grazie di essere tornato.
«Sono contento di averlo fatto. Tutti questi chilometri mi hanno stancato ma mi sono anche serviti per riflettere sul nostro rapporto e ho capito che a causa del lavoro ti stavo trascurando. E ho anche capito che passare un’altra notte senza di te, lontano da casa, non mi avrebbe fatto dormire».
Quando venne a letto, ci abbracciammo.
È stata una notte dolcissima e, prendendo serenamente sonno, pensai solo ad Andrea, a Camilla. Alla mia famiglia.



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