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IL TRADIMENTO E IL DUBBIO

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

12
LUG
2018

Mentre Sara si rivestiva, le posi una domanda che da tempo mi frullava in testa:
«Cosa racconti a tuo marito quando esci di casa così presto e vieni da me?»
«Dico che vado in palestra. E che ci vado presto perché così ho tutto a mia disposizione».
«Giusto. Anche mia moglie va presto in palestra, proprio per lo stesso motivo». Osservai.
«E sei sicuro che ci vada veramente?» Mi chiese lei, sfoderando un sorriso malizioso.
«Certo. Chiara ha ripreso ad andarci da circa un anno, da quando abbiamo avuto il secondo bambino. Due volte a settimana usciamo insieme e spesso l’accompagno io in palestra e le porto anche il borsone». Risposi.
«Be’, se è per questo, anch’io uscendo mi porto il borsone. Solo che la biancheria che c’è dentro è sempre la stessa e resta pulita e immacolata. Anche tua moglie potrebbe fare la stessa cosa, non trovi?».
Detto questo, Sara, ormai del tutto vestita, mi venne vicino e mi accarezzò il volto, ed io non aggiunsi altro.
«Non te la sarai mica presa? Stavo solo scherzando». Aggiunse.
«Ma no, figurati. Metterei la mano sul fuoco sulla fedeltà di mia moglie». Affermai, e mi sforzai di sorridere.
«Se lo dici tu…» Aggiunse.
E poi mi guardò sorniona, mi sfiorò le labbra con un bacio, prese la borsa, mi salutò e andò via. Rimasto solo, provvidi a rimettere in ordine lo studio. La mia giornata lavorativa sarebbe iniziata con l’arrivo della segretaria, verso le nove, e poi con le visite ai primi pazienti.
A poco più di quarantacinque anni, potevo dirmi soddisfatto e realizzato. Lavorativamente parlando ero ormai un professionista affermato, sposato con Chiara da otto anni e avevo due splendidi bambini. Abitavamo in un appartamento in centro, ma stavamo per trasferirci in un attico appena fuori città, dove i lavori di ristrutturazione erano ormai in via di ultimazione. Era stata Chiara a insistere per quell’attico. Le era subito piaciuto e all’architetto che avevamo interpellato per commissionargli i cambiamenti da apportare, aveva mostrato una piantina da lei preparata e gli aveva spiegato come lo avrebbe voluto. Io avrei preferito rimanere in centro, vicino al mio studio e non allontanarmi troppo, ma alla fine avevo ceduto e accontentato mia moglie. Prima della nascita del nostro secondo figlio Chiara aveva lasciato il suo lavoro per occuparsi a tempo pieno della famiglia, e per questo aveva voluto trasferirsi in una casa grande e comoda. Io guadagnavo bene e non avevamo nessun problema. Insomma, la mia vita scorreva serenamente e poteva dirsi perfetta.
L’unica stravaganza nella mia quotidianità era Sara. L’avevo conosciuta circa un anno prima, quando era venuta da me per farsi controllare un neo sospetto che le era spuntato in mezzo ai seni e prima ancora che il suo ciclo di sedute fosse terminato, eravamo già diventati amanti.
Certo, non ne andavo fiero, tradire mia moglie non era una bella cosa, ma l’attrazione fisica che provavo per Sara era talmente forte che misi a tacere tutti i miei sensi di colpa. E poi, in fin dei conti, mi dicevo che non stavo togliendo nulla alla mia famiglia, e così mi assolvevo.
«No, io non mi sento in colpa. È solo un piccolo spazio che ci ritagliamo tutto per noi. Una cosa solo nostra, il nostro segreto più intimo, e in fondo non danneggiamo nessuno». Mi ripeteva Sara, quando le confidavo di sentirmi in colpa e le chiedevo se qualche volta si sentisse anche lei come me.
Tutto sommato aveva ragione lei. Quella passione, esplosa improvvisa nel mio studio, mentre Sara era supina sul lettino e io la stavo visitando, mi aveva restituito una vitalità e un ardore che credevo di aver ormai perso. Con Chiara le notti infuocate erano scemate ormai da tempo. E questo anche per colpa dell’ultima gravidanza difficile che aveva avuto e del taglio cesareo che l’aveva debilitata molto e, soprattutto, per le notti insonni che si trascorrevano cercando di far cessare gli strilli del nostro ultimo nato.
Le volevo sempre molto bene, certo. L’amavo, su questo non c’erano dubbi, ma l’attrazione fisica e l’intesa sessuale che avevo raggiunto con Sara era tutto un’altra cosa. Il nostro piccolo spazio segreto che ci accomunava, fuori da ogni coinvolgimento sentimentale, era diventato un appuntamento settimanale a cui né io né lei avremmo mai rinunciato.
Sara aveva fatto irruzione nella mia vita proprio quando mi stavo convincendo che fosse del tutto normale, per un uomo sposato e con due figli piccoli, subire un calo del desiderio, aver perso l’ardore giovanile, ma il corpo nudo di Sara, la sua pelle vellutata, la sua bocca carnosa, avevano riacceso in me il desiderio, l’eccitazione, la passione e mi avevano fatto sentire di nuovo un uomo vivo, e per nulla al mondo avrei rinunciato a tutto questo. Anche perché, Sara viveva la relazione come me, con leggerezza, senza crearsi o crearmi problemi di nessun genere. Ci incontravamo la mattina presto nel mio studio e i nostri rapporti erano sempre appassionati, bellissimi, talvolta addirittura focosi. Ma una volta finito, si era rivestita ed era uscita dallo studio, tutto tornava nella normalità più assoluta. M’immergevo nel lavoro e per tutta la settimana non ci sentivamo più.
Quella mattina però, appena andata via Sara, una sottile inquietudine si fece strada nella mia mente, tanto che diventai cupo e scontroso per tutto il giorno.
“Se sto così, è solo colpa di quelle stupide parole di Sara”, ripetevo a me stesso. Insinuare anche solo per scherzo che Chiara mi potesse tradire, non lo sopportavo e non poteva pensare che avendo lei tradito il marito, anche mia moglie dovesse fare altrettanto. Ma cosa credeva, che le donne fossero tutte come lei? Chiara mi amava e non avrebbe mai cercato un altro uomo. Certo, anch’io l’amavo e nello stesso tempo la tradivo, ma le due cose non potevano essere messe sullo stesso piano. Per un uomo, pensai, era tutto diverso.
Rimuginando su questi pensieri, tornai a casa e Chiara mi accolse con il suo solito sorriso. Pranzammo e poi in salotto mi parlò delle tende che aveva scelto per la nuova casa, mi fece vedere dei cataloghi e i preventivi per l’acquisto della nuova cucina, sfogliò pagine su pagine e mi mostrò mobili, divani e poltrone che avrebbe voluto acquistare. Sfogliava, indicava, parlava e intanto si entusiasmava.
Seduto al suo fianco, l’ascoltavo e annuivo, ma la mente correva altrove. Guardavo il suo viso, le sue guance lievemente arrossate e chiesi:
«Cosa hai fatto oggi?» E la domanda mi uscì senza quasi accorgermene.
«Le solite cose». Rispose dopo un attimo di esitazione, o forse era solo sorpresa per la mia stupida domanda.
«Sei andata in palestra questa mattina?» Domandai.
«Sì, certo. Come ogni mercoledì. Mi rispose, e mi sembrò che dicendo così tirasse un po’ le labbra e le sue guance si arrossassero di più.
«Ci sei andata presto? Appena sono uscito io?»
«Ho atteso l’arrivo della baby sitter e poi sono uscita. Sono stata in palestra e poi a vedere per le tende, la nuova cucina e anche i mobili, perché?»
«Ma in palestra, cosa fai esattamente?» Insistetti. Ma lei non rispose e si alzò di scatto dicendo che aveva dimenticato la caffettiera sul fuoco.
Nei giorni che seguirono, non feci altro che pormi domande. Il tarlo che mi aveva inculcato Sara mi stava facendo sprofondare nell’incertezza, nei sospetti e cominciai a dubitare sempre più della fedeltà di Chiara. Quando tornavo a casa, osservavo ogni suo gesto, analizzavo ogni sua parola, spiavo il suo telefonino, ascoltavo le sue telefonate, le facevo mille domande e mi sembrava di trovare sempre più conferme nei miei sospetti.
Chiara, infatti, era cambiata, sembrava rinata, era sempre allegra, indaffarata. Se durante la giornata la chiamavo, mi rispondeva che era per strada, che stava facendo compere, che stava andando a vedere qualcosa per la nuova casa o a comprare qualcosa per i bambini, ma se chiedevo se era da sola, la risposta tardava sempre ad arrivare.
E se insistevo, mi rispondeva che l’arredamento della nuova casa e i bambini la impegnavano molto, ma che era felice di fare tutte quelle cose. Ma io pensavo che non potesse bastare tutto questo per toglierle quell’aria stanca che aveva prima, e mi venne in mente quello che mi aveva detto qualche mese prima, e cioè che quando saremmo andati ad abitare nell’attico nuovo e il bambino più piccolo iscritto all’asilo, avrebbe voluto riprendere a lavorare, per rendersi autonoma.
«Sai, a volte rimpiango quel tempo che la mattina mi preparavo e uscivo presto per andare al lavoro».
«Be’, di questo secondo me ne potremmo riparlare tra qualche anno, non credi?» Le risposi, con una nota stonata nella voce.
Il giorno successivo, dopo essere uscito dallo studio e aver trascorso la serata con gli amici, una volta a letto tentai di stringerla a me, ma Chiara dolcemente si scostò.
«Scusami, ma sono stanchissima. Tutto il giorno a correre di qua e di là e oggi è stata davvero una giornata movimentata. In più metti che questa mattina in palestra ho esagerato con gli esercizi e ora mi sento stanchissima, distrutta e ho sonno.
«Figurati…» Mormorai ma, mentre Chiara sprofondava in un sonno profondo, i sospetti cominciarono a martellarmi in testa e, non riuscii a prendere sonno, continuai a girarmi e rigirarmi nel letto.
“Questa mattina in palestra”, era bastato quell’accenno per farmi tornare tutti i dubbi e le perplessità sulla sua fedeltà, e allora decisi che era arrivato il momento di approfondire la questione. Di dare sfogo ai miei sospetti.
Il mercoledì successivo, chiamai Sara e le dissi che per un impegno imprevisto quella mattina non ci saremmo potuti vedere e poi aspettai in strada che mia moglie uscisse per recarsi in palestra, e la seguii. Lo rifeci il venerdì e anche la settimana successiva. Spiavo Chiara. La vedevo mettersi in macchina, partire e guidare con prudenza sino alla palestra. Parcheggiava e poi, trascinandosi dietro il suo borsone, spariva dietro la porta a vetri della palestra. Ed era sempre da sola.
Quando dissi a Sara che anche quel mercoledì non potevamo vederci perché ero molto impegnato e che forse sarebbe stato meglio non vederci per un po’, cominciarono gli screzi.
«Non so cosa ti stia succedendo, ma è inutile continuare questa storia se tu non ne hai più voglia». Mi disse, quando me la trovai davanti nello studio.
Aveva telefonato alla segretaria, aveva chiesto un appuntamento e poi aveva atteso il suo turno nella sala d’attesa come una normale paziente.
Cercai di giustificarmi, le dissi che ero stressato, stanco e troppo impegnato. Aggiunsi che cercavo di recuperare il rapporto con mia moglie, che con lei era stato bello, una parentesi coinvolgente, ma che sarebbe stato meglio non vederci più.
«Va bene, ma visto che sono qui, vuoi dare almeno un occhiata alla cicatrice che mi hai lasciato quando hai tolto il neo?» E dicendo così si tolse la camicetta e il reggiseno.
«Sara, ti prego. Non cominciare con questi giochetti. Lo sai benissimo che la cicatrice sparirà presto e del tutto, e che il tuo decolleté non avrà nulla da temere. Rivestiti per favore. Di là c’è gente che aspetta, che ha veramente bisogno di essere visitata e curata». Lei raccolse le sue cose, si rivestì, ma prima di uscire butto lì:
«Se mai dovessi ripensarci sai dove trovarmi». Ma io non aggiunsi altro e la lasciai andare via.
Tornato a casa, e atteso che mettesse a letto i bambini, cercai di avvicinarmi a Chiara ma anche questa volta mi trovai davanti a un rifiuto. Mi disse che era stanca, che aveva avuto una giornata lunga e faticosa e che anche quella mattina in palestra aveva esagerato troppo.
Ancora questa storia della palestra pensai, e mi chiesi come mai il suo calo di desiderio sessuale coincidesse in particolare con le giornate che andava ad allenarsi.
A letto non riuscii a prendere sonno e continuai a pensare a quello che mi aveva detto Sara:
“E sei sicuro che ci vada veramente…?”
A un certo punto mi alzai. Ero stanco di tormentarmi e decisi di distrarmi mettendomi davanti alla tv.
Stavo per andare in salotto, quando attraverso la porta aperta dello stanzino scorsi il borsone di Chiara e mi tornarono in mente ancora una volta le parole di Sara:
“Be’, se è per questo, anch’io uscendo mi porto il borsone. Solo che la biancheria che c’è dentro è sempre la stessa, e resta pulita e immacolata”.
La curiosità di aprire quel borsone mi stava tormentando e mi assicurai che Chiara stesse dormendo, poi allungai le mani per aprirlo.
Non feci nulla. Non lo aprii. All’improvviso non avevo più bisogno di conferme. Pensai che Chiara meritasse invece la mia fiducia, e tornai a letto.
Sotto le lenzuola mi avvicinai a lei e Chiara prese la mia mano e se la portò al seno e fu subito desiderio e amore ardente.

 



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