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LA SUPPLENTE DI MIA FIGLIA

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

25
MAG
2017

Quando era tornata da scuola, mia figlia Daniela aveva un’espressione che non mi piaceva per niente. Dopo la disgrazia era sempre triste e d’umore cupo, e sebbene io facessil’impossibile per starle vicino e per cercare di farla sorridere, tutto si rivelava inutile e vano.
Da quel maledetto giorno si era chiusa in se stessa e non parlavapiù con nessuno. Non andava a giocare con le amichette e preferiva starsene da sola,in camera sua.
Troppo per una bambina di soli otto anni di età.
Quel giorno era tornata da scuola con gli occhi arrossati e gonfiper il pianto.
«Cos’è successo, Daniela?» Chiesi preoccupato… e lei rispose che la sua maestra non c’era e che la supplente aveva detto a tutta la classe di scrivere dei pensieri sullapropria mamma.
«Ah… e per questo che sei così triste e hai anche pianto?» Domandai, e intanto cominciai ad accarezzarle le lunghe trecce.
«Sì, è per questo. Alla supplente ho detto che io non potevo scrivere niente, perché la mamma non ce l’hopiù. La mia maestra questo lo sa, mala nuova no, e mi ha risposto che allora potevo scrivere dei pensieri su di te».
«E tu, cosa hai fatto, me li fai leggere?» Chiesi.
«Non sono riuscita a scrivere nulla, perché mi sono messa a piangere». Poi alzò gli occhi,mi guardò, e tra le lacrime aggiunse:
«Sono l’unica in classe a non avere più la mamma».
Provai un angosciante stretta al cuoresentendole dire così, manon sapendo come fare per poterla consolare, le dissi:
«Tesoro, lo sai che la mamma è in paradiso e che ti sta guardando da lassù».
Daniela scrollò la testa, e continuando a piangere rispose:
«Non voglio che la mamma sia in paradiso. Io voglio che stia qui con me, a casa nostra».
Non riuscii a risponderle. Non sapevo cosa dire, perché c’erano giornate in cui pensavo anch’io di non riuscire a farcela senza Flavia: moglie stupenda e madre perfetta. Luce e faro della nostra famiglia.
Un giorno di due anni prima, uscita per andare al lavoro non era più tornata a casa. La polizia stradale lo aveva classificato un grave ma semplice incidente stradale, perché i freni del camion che aveva investito e accartocciato la sua utilitaria, si erano guastati. Dovettero intervenire i vigili del fuoco per estrarla dalle lamiere e, per come il suo corpo si era ridotto, non me la sentii di farla vedere a Daniela.
Cercando di non pensare a quei momenti, a quell’orribile giornata, presi mia figlia in braccio e la riempii di coccole.
«Su su… adesso smettila di piangere tesoro. Andiamo a pranzo e vedrai che dopo ti sentirai meglio».Non sapevo più cosa dirle, cosa fare, per strapparle un sorriso e per aiutarla a superare la tragedia che aveva colpito così duramente la nostra casa. Ogni volta che credevo che la situazione si fosse almeno in parte rasserenata, succedeva sempre qualcosa che faceva ripiombare mia figlia nel dolore e nella tristezza più cupa.
Il giorno seguentel’accompagnai a scuola e sul cancello, mentre le stavo dando un bacio, lei salutò una signorina e mi disse che quella era la sua nuova maestra. La supplente rispose al suo saluto e poi si avvicinò.
«Mi chiamo Raffaella e sono l’insegnante supplente di Daniela. Lei è il padre?» Chiese, porgendomi la mano.
«Si, sono suopadre. Piacere». Risposi.
«Mentre gli alunni entrano in classe, vorrei parlarle un momento, se possibile». Aggiunse, guardando me e poi Daniela. Io le feci un cenno affermativo con il capo, attendemmo assieme che Daniela oltrepassasse il pesante portone della scuola e poi la maestra anticipò la mia domanda:
«Mi scusi se la disturbo, ma credo di aver fatto una gaffe imperdonabile ieri con sua figlia, e adesso mi vorrei scusare con lei». Io le risposi che effettivamente la bambina era tornata a casa con le lacrime agli occhi e che mi aveva detto dei pensierini da scrivere sulla mamma…
«Ma non è stata colpa sua, lei non poteva sapere…» Le risposi.
«Mi dispiace invece, è stata tutta colpa mia». Mi disse, e poi aggiunse:
«Avrei dovuto pensarci che in classe potevano esserci degli alunni che non avevano più la mamma. Purtroppo sa, sono ancora inesperta, questa è la mia prima supplenza. Se potessi fare qualcosa per rimediare…»
Rimasi sorpresonel vedere quanto fosse dispiaciuta, e allora cercai di non farle pesare troppo l’accaduto. Le raccontai della morte di mia moglie e nello stato in cui era precipitata Daniela, e aggiunsi che a nulla servivano gli sforzi che facevo per farla tornare serena.
La campanella suonò l’inizio delle lezioni e allora ci salutammo, ma prima di lasciarcile chiesise potevo rivederla,perché volevo parlarle. Una specie di sesto senso mi diceva che forse quell’insegnante poteva aiutareDaniela. Ci mettemmo d’accordo e alla fine delle lezioni ci ritrovammo davanti alla scuola e riprendemmo a parlare di mia figlia, e in quell’occasioneebbi anche modo di conoscerla. Si chiamava Raffaella, era molto carina e aveva un sorriso accattivante. Mi ispirò subito fiducia e non mi feci problemi a parlarle a cuore aperto della situazione che si era venuta a creare dopo la morte di mia moglie.
«Credevo che col passare del tempo mia figlia avrebbe cominciato a metabolizzare la perdita della madre, ma purtroppo non è stato così, e mi si spezza il cuore nel vederla piangere ogni giorno». Le confidai.
«Lo immagino. Deve essere veramente dura per la bambina non avere più la madre, macredo che anche per lei non sarà stato facile». Poi aggiunse che Daniela era una bambina particolarmente intelligente, attenta e forte, e che senza dubbio sarebbe riuscita a superare il trauma.
«Lo pensa davvero? A volte ho l’impressione di non riuscire a farcela da solo, di non bastarle più. Per quanto cerchi di farmi in quattro, tutto risulta vano». Le risposi.
Raffaella restò in silenzio per un istante, assorta in qualche suo remoto pensiero, e di nuovo rimasi stupito nel notare quanto fosse graziosa. Il suo sorriso era rassicurante, i suoi modi teneri e la sua voce accattivante.
Quel giorno ci salutammo così, con una stretta di mano, ma nei giorni seguenti, accompagnando Daniela a scuola, continuai a pensare a quello che mi aveva detto Raffaella e mi era venuta un’idea, forse balzana, ma volevo metterla al corrente del mio pensiero.
«Mi chiedevo…» cominciai, quando la incontrai all’uscita della scuola… «se qualche volta potesse venire a casa nostra per aiutare Daniela nello studio e, sinceramente, anche per vedere se con la sua presenza riusciremmo a farle tornare il sorriso».
«Mi farebbe piacere, e sono contenta che me lo abbia chiesto.Domaniè il mio ultimo giorno di supplenza e allora dalla settimana prossima potreivenire qualche pomeriggio a casa sua, aseguire Daniela». Mi rispose.
Quando me lo disse, non riuscii a nascondere la mia soddisfazione, ma le risposi che non doveva farlo solo perché glielo stava chiedendo un padre scoraggiato, e aggiunsi…
«Sarebbe bellissimo, ma non vorrei approfittare della sua generosità, perché sono certo che avrà senz’altro di meglio da fare, e a casa ci sarà qualcuno che rimanendo solo se ne dispiacerà.
«Solo il mio gatto». Rispose Raffaella ridendo, e poi aggiunse:
«A lui interessa solo trovare i croccantini nella sua ciotola e la lettiera pulita, per il resto pensa solo a dormire.Mi farebbe davvero piacere trascorrere un po’ di tempo con Daniela, io non ho figli e in questo modo potrei fare un po’ di esperienza».
«Sta pensando di mettere su famiglia?» Le chiesi, sorpreso e anche imbarazzato per quella domanda così personale che mi era sfuggita.
«Diciamo che lo spero. Ci sono andata vicino però, ma poi tutto è naufragato per colpa del mio ex ragazzo che si è smarrito negli occhi di un’altra donna. Perciò in questo momento non c’è nessuno nella mia vita, ma spero che non sarà sempre così. Prima o poi le cose cambieranno, almeno, come le ho detto, lo spero».
«Ne sono certo e glielo auguro». Replicai imbarazzato.
«La ringrazio per l’augurio». Rispose lei,in tono freddo e abbassando lo sguardo.
Due giorni dopo Daniela mi raccontò che era contenta che fosse tornata la sua vecchia maestra, ma che le dispiaceva di non poter più vedere la nuova, perché le era molto simpatica.
«Ti piace la maestra Raffaella, vero?» Domandai.
Mia figlia annuì, e notai che il suo moto era evidente e sincero.
Daniela sentiva il bisogno di avere accanto una figura femminile e allora colsi la palla al balzo e quella sera stessa chiamai Raffaella e glielo dissi. Le confermai che mi avrebbe fatto piacere se fosse venuta a casa nostra per seguire Daniela nello studio e le chiesi anche se le avesse fatto piacere venire con noi, la domenica successiva, al parco acquatico. Avevo promesso a Daniela che l’avrei portata, ma se fosse venuta anche lei, sarebbe stato tutto meno complicato, aggiunsi.
Quella domenica trascorremmo una bellissima giornata. Era la prima volta, dopo la morte di Flavia, che tornavo a sentirmi così bene. Vedere mia figlia che rideva e si divertiva con Raffaella, mi fece sorridere e si attenuò anche la mia tristezza. Maera stata la presenza di Raffaella, con la sua dolcezza e affettuosità, a rendere quella giornata così speciale,edurante il tragitto di ritorno, mentre Daniela dormiva in macchina,glielo dissi.
«Non so come spiegarti, che cosa voglia dire per me vedere mia figlia finalmente serena e allegra. Dopo la morte di sua madre non ho fatto altro che chiedermi se l’avrei più vista ridere e scherzare,e grazie a te oggi ci siamo riusciti».
«Il tempo è una gran cura e Daniela è una bambina forte e intelligente. Vedrai che riuscirà a superare il trauma per questa tremenda disgrazia». Mi rispose Raffaella.
«Questo è vero». Replicai. Poi tacqui. Avevo altri pensieri per la testa. C’erano molte cose che avrei voluto dirle, ma era troppo presto. Prima dovevo ancora chiarirmi le idee.
Dopo quella domenica trascorsa al parco acquatico, Raffaella cominciò a venire sempre più spesso a casa nostra e questo mi faceva piacere perché grazie alla sua presenza e alle sue attenzioni, Daniela stava finalmente recuperando nello studio e rifiorendo anche nello spirito, e intanto io… io provavo qualcosa di strano, qualcosa che ancora non riuscivo a decifrare.
Con Flavia era stato vero amore, e avevo sempre pensato che saremmo invecchiati assieme, invece… quando il destino se l’è portata via, piombai nella disperazione più profonda, e solo la presenza di Daniela mi aveva dato la forza di andare avanti.
Ma quante domande, quante preoccupazioni mi stavano tormentando: “Come farò ad andare avanti? Riuscirò a crescere da solo Daniela? Che senso ha la mia vita senza Flavia”. E quando pensavo al futuro ero terrorizzato.
Con il passare delle settimane Raffaella entrò sempre più profondamente nella vita di Daniela e,sinceramente, anche nella mia. Ed io cominciai a chiedermi se il destino avesse deciso di offrirmi un’altra possibilità, ma mi stavo anche chiedendo se sbagliavo a permettere a un’altra donna di prendere il posto di mia moglie.
Trascorsero così altre settimane, prima che una sera mi decidessi a confessarle che tenevo molto a lei, e che provavo qualcosa di veramente serio. Lei mi rispose che anche Daniela ed io stavamo diventando sempre più importanti per lei, ma aggiunse che non se la sentiva di accelerare i tempi. Era meglio aspettare e vedere cosa il destino ci avrebbe riservato. Quella sera, quando andò via, la salutai con la speranza che quella sua promessa inespressa, un giorno si potesse avverare.
Raffaella aveva ragione, avevamo tempo, ed era inutile precipitare le cose. Ma un giorno accadde qualcosa che mi fece ricordare che non sempre abbiamoa disposizione tutto il tempo che si vuole.
Quel pomeriggio, come al solito,Raffaella era venuta a casa per seguire Daniela nello studio, ma si vedeva che non era del suo solito umore. Era pallida e si toccavacontinuamente la fronte, sudava.
«Qualcosa non va?» Chiesi.
«Non mi sento troppo bene. Devo aver preso l’influenza, o forse non ho digerito bene quello che ho mangiato a pranzo». Rispose.
La guardai preoccupato, sudava, era pallidissima e mi resi conto che stava davvero male.
«Accompagnami a casa, per favore, non voglio disturbare. Sono sicura che una bella dormita mi rimetterà in sesto». Chiese.
Le risposi che non se ne parlava nemmeno, e la invitai a sdraiarsi sul divano. Misi a letto Daniela e quando tornai in salotto vidi che Raffaella stava veramente male, gemeva, si piegava in due dai dolori allo stomaco, e aveva dei conati di vomito.
«Scusami Gianni, ma mi sento proprio male… male».
Non ritenendo Raffaella una persona che si lamentava per nulla,chiamai subito il 118 e poi telefonai alla vecchia baby sitter di Daniela e le chiesi se poteva veniresubito a casa mia,perché io avrei dovuto accompagnare Raffaella in ospedale.
«Sarò lì a momenti, non si preoccupi per la bambina. Lei pensi solo alla sua signora». Mi rispose la baby sitter.
La mia signora… Tutto a un tratto mi resi conto che Raffaella era diventata veramente la mia signora. Era entrata nella mia vita attraverso Daniela, e adesso sentivo anch’io di avere bisogno di lei.
Mentre in macchina seguivo l’ambulanza, ebbi paura di perdere anche lei, come mia moglie, ma subito mi rimproverai: non dovevo essere così pessimista, dovevoinvece convincermi che tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Dopo un’estenuante attesa al pronto soccorso, il medico mi disse che potevo vedere Raffaella, che si era trattato semplicemente di un’intossicazione alimentare e che presto si sarebbe rimessa. Sarebbe dovuta rimanere in ospedale, in osservazione, solo per quella notte. Ci mancò poco che scoppiassi a piangere dalla gioia e per il sollievo che provai nel sentire le parole del medico.
«Verrò a prenderti io domattina Raffaella, e ti porterò a casa mia. Devo dirti una cosa molto importante, di cui avrei dovuto già parlartene prima».
«È successo qualcosa a Daniela? Qualcosa di brutto?» Mi chiese, preoccupata.
«Al contrario. Ti devo dire che da quando ti ho incontrato, tutto è diventato più bello. Daniela ti vuole un mondo di bene ed io mi sono accorto di amarti.
«Anch’io sento di amarti Gianni, e a Daniela non potrei volere più bene di così». Rispose.
Più tardi, nel cuore della notte, tornando a casa, mi sorpresi a fischiettare. Non l’avevo più fatto da quando ero rimasto solo con Daniela.
 



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