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L´EMAIL RICEVUTA PER ERRORE

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

10
AGO
2017

Si dice che il carattere di una persona si formi nei primissimi anni di vitae che sono proprio i primi anni che influenzanotutto il resto. Una bella fregatura. Perché basta che in quel periodo qualcosa non vada per il verso giusto e ti ritrovi l’esistenza rovinata. Hai voglia di andare a cercare il motivo che ti ha fatto diventare così come sei, qual è stata la causa che ti ha portato ad avere il carattere chiuso e introverso, ormai non c’è più niente da fare.
Crescendo, il motivocrederai di averlo magari trovato eallora scaricherai le colpe sull’educazione ricevuta, sulle disavventure che hai dovuto affrontare da giovane, magari darai la colpa alla separazione dei tuoi genitori, ma ti sarà impossibile recuperare il tempo perduto o tornare indietro.
Nel mio caso, però, ricordo ancora con nitidezzache ero seduto nel salotto di casa con la televisione accesa. Da un lato mio padre e dal lato opposto mia madrealle prese con la loro crisi che era evidente e durava da anni e chequella sera esplose con tutta la sua irruenza.
Mentre piangevo, loro mi dicevano di stare tranquillo, che non era successo nulla e che era tutto a posto, ma io sapevo che mi stavano mentendo solo per tenermi tranquillo. In quel momento avrei voluto credere a quello che mi stavano dicendo, invece tornai a sedermi sul divano e mi lasciai andare a un pianto dirotto. Se a sette anni ti trovi a dover scegliere con chi stare: con tuo padre o tua madre, non può essere tutto a posto. E da quel giorno le conseguenze per me furono devastanti.
Dopo la lite, scoppiata improvvisa e inarrestabile, come non era mai accaduto prima, a miopadre toccò dormire sul divano e a me la scelta a chi, da quel giorno, avrei dovuto voltare le spalle.
Da allora sono trascorsi tanti anni e ancora adesso mi sto chiedendo se l’essere rimasto a vivere con mia madre sia stata la cosa giusta o se invece abbia contribuito a formare il mio caratterein modo così introverso da non permettermi di essere espansivo e di comportarmi con naturalezza con gli altri, e se sia stata anche la causa della fine del mio matrimonio.
È successo un anno fa. Mia moglie Erica è tornata a casa dal lavoro e, venuta direttamente nel mio studio,mi ha chiamato. In quel momento io stavo al computer e le rivolsi solo un rapido cenno col capo e continuai a lavorare.
«Roberto…» Tornò a chiamarmi con voce gelida.
«Solo un attimo». Le risposi, e tornai con lo sguardo al monitor. Stavo finendo una relazione che avrei dovuto presentare l’indomani e non volevo perdere la concentrazione.
«Roberto!» Replicò nervosamente Erica.
Sollevai la mano con l’indice puntato in aria, come a chiedere ancora un istante di pazienza,ma lei spazientita si avvicinò e, preso il mio dito tra le mani,me lo torse.
Lasciando andare un urlo di dolore,mi girai di scatto verso di lei e in quel momento capii che tra noi tutto stava cambiando.
Il suo sguardo carico di rabbia, a distanza di un anno, è ancora nitido davanti ai miei occhi e ha la forza di farmi tornare a quando ero bambino, a quando mia madre mi metteva in un angolo e con il mestolo cominciava a picchiarmi sulle braccia protese a proteggermi la testa.
Comunque, gli anni trascorsi a fuggire e a parare i colpi di mia madre mi avevano addestrato. E la mia reazione fu repentina: ritrassi la mano con uno strappo veloce e, tenendomi il dito con l’altra mano, tornai a sedermi sulla poltroncinae la guardai sbigottito.
Avrei voluto dirle qualcosa, qualunque cosa potesse spezzare quel momento, quel silenzio denso di tensione, invece rimasi zitto. Come sempre, del resto.
Fu lei,ancora una volta,a parlare per prima.
«Almeno adesso mi starai a sentire». Io mi strofinai l’indice dolorante e tornai a guardarla. Aveva finalmente ottenuto la mia completa attenzione.
«Ho un altro». Disse, senza nessuna particolare sfumatura nella voce. Poi silenzio.
Avevo non so quanti perché da chiederle, invece continuai a guardarla incredulo.
«Hai capito cosa ti ho detto? Mi sono innamorata di un altro. Mi vedo con un altro».
Ripeté, ma io non ebbi la forza di risponderle,né il coraggio di chiederle chi fosse.
Così lei continuò:
«Sono quasi sette mesi che lo frequento. Abbiamo scoperto di volerci bene. È un collega e abbiamo deciso di vivere la nostra storia alla luce del sole. Non dici niente…?»
Cosa potevo dire? Restammo a guardarci per un tempo che a me parve infinito, poi Erica si voltò e senza aggiungere altro andò a farsi la doccia e sentendo il getto dell’acqua, immaginai che si stesse facendo scivolare via dalla pelle le mani e il sudore di chil’aveva tenuta tra le braccia sino a quel momento e che da sette mesi aveva preso il mio posto.
Quella sera sono andato via di casa e da allora non l’ho più vista, ného più sentito la sua voce. Ma intanto continuo a dialogare con la sua assenza, a sentirne la mancanza, come in questo momento che sono qui davanti al monitor in attesa che il pc si accenda.
Avviato il computer, controllo la posta elettronica e, tra le altre, trovo una strana email.
Oggetto: Disdetta.Vorrei disdire il mio abbonamento. Mi dite, per favore, se questa è la procedura esatta? Distinti saluti. Matilde Sollusti.
Deve essereun’email arrivata per errore e allora la cestino.
Tre giorni dopo mi arriva un’altra email dello stesso tenore e dopo altri quattro un’altra che ribadisce la volontà di voler disdire un abbonamento non meglio precisato, e allora decido di rispondere.
Gentile signora MatildeSollusti,sta sbagliando indirizzo. Lei sta scrivendo a un privato. Il mio indirizzo è info@robertoedito.it. Lei forse intendeva scrivere a info@robertieditor.com. È già la terza richiesta di disdetta che ricevo da lei, ma io non posso aiutarla.
Un’ora dopo…Oh, mi scusi. E grazie per il chiarimento. Saluti. M.S..
Otto mesi dopo mi giungeuna nuovaemail della signora Matilde Sallusti, questa volta collettiva.Nessun oggetto, solo buon Natale e felice anno nuovo.
E anche questa volta decido di rispondere. GentileMatilde Sollusti, in pratica noi non ci conosciamo, ma la ringrazio per la sua affettuosa e poco originale email collettiva. Ricambio comunque con affetto i suoi auguri di buon Natale e felice anno nuovo. Roberto Edito.
Dieci minuti dopomi giunge la risposta. Perdoni l’intrusione e il disturbo, signor Roberto Edito. Qualche mese fa l’ho contattata per errore e il suo indirizzo di posta elettronica è rimasto nel mio database. Lo cancellerò immediatamente. PS. Perché trova poco originale la mia email? Sono dei semplici auguri di buone feste inviati a parenti e amici, che altro avrei dovuto scrivere?
Otto minuti dopo decido di risponderle. Cara e sconosciuta signora Matilde, naturalmente lei è padrona di scrivere ciò che vuole, ma avrebbe potuto metterci un po’ più di sentimento, di originalità, magari aggiungendo che augurava delle piacevoli e serene festività. Comunque le assicuro, che anche se collettiva, mi ha fatto piacere ricevere la sua email d’auguri. Un cordiale saluto e, naturalmente,le rinnovo il mio buon Natale e felice anno nuovo. Roberto.
Cinque minuti dopo,eccola sua risposta. Cortese e sconosciuto signor Roberto, sono felice che le abbia fatto piacere ricevere i miei auguri e, a essere sincera, le devo dire che lei mi sta incuriosendo molto.Se vuole, ci possiamo ritrovare qui, alla stessa ora,domani. Buona serata e buona notte. Matilde.
Cinque giorni dopo, non avendo ricevuto nessuna email, decido di inviarle io due righe.
Cara signora Matilde, mi scuso se mi faccio vivo soltanto ora, ma non avendo trovato più nessuna sua email, mi stavo chiedendo che fine avesse fatto. Un abbraccio, Roberto.
Il giorno dopo trovo la risposta. Salve Roberto. In questi giorni sono stata molto impegnata e non ho avuto il tempo per scriverle. Però, nemmeno lei lo ha fatto. Perché? Ricambio l’abbraccio. Matilde. PS. Ho digitato il suo nome su Google e ho trovatoun RobertoEdito, docente universitario. Non è per caso leiquel professorone che ho scoperto sul motore di ricerca?
Appena letta l’email rispondo. Carissima Matilde, in questi giorni sono stato impegnato anch’io. Si sonoio quel Roberto Edito che ha trovato su Google. Sono un docente universitario e insegno psicolinguistica emi occupo di comunicazionee seminari e in questi giorni sono stato a Firenze per delle conferenze. P.S. Mi ha cercato sul serio su Google? Ne sono a dir poco lusingato.Mi piace un po’ meno, sarò sincero, essere stato definito da lei “quel professorone”. Forse, quando le scrivodimostro più anni di quelli che in realtà ho, e pertanto le risulto pedante e noioso?
Dodici minuti dopo, ecco la sua risposta. Caro Roberto, non vorrei aver rovinato tutto con il mio umorismo di bassa lega. Se è così mi scusi, non era questo il mio intento. Ma l’accrescitivo professorone era solo il mio misero enon riuscito tentativo di farle un complimento.
Letta l’email replico subito. Cara Matilde, grazie per il complimento allora. E colgo l’occasione per dirle che non sono (ancora) il vecchio professorone autocratico, come magari lei crede. Ma ora, anche a me è venuto un dubbio. Quando scrive,a volte mi sembra più giovane di quel che pensavo e a volte invece il contrario. Non sarà mica un adolescente o una signora già attempata che cerca di camuffare la sua età?
Sette minuti dopo arriva la sua risposta. Roberto, sei diabolico!!! Adesso però mi devi spiegare perché dovrei essere un’adolescente o più vecchia di quello che sono. O meglio, quanti anni dimostro quando scrivo? Quanti anni mi dai? Comunque posso dirti che sono sposata e ho due figli che frequentano le medie. Baci e abbracci. M. S..
Cara Matilde, non ti sarai mica offesa? Guarda che io non ti conosco affatto. Come faccio a sapere quanti anni hai? Forse diciotto, forse settanta.Ma se mi dici che sei sposata e hai dei figli che vanno alle medie, non saprei proprio cosa risponderti. Ti prego non essere arrabbiata per questo con me. Non volevo certo ferirti. Un abbraccio sincero, Roberto.
Otto minuti dopo mi risponde. Caro Professorone, apprezzo il tuo senso dell’umorismo ma oradevo chiudere. Mi faccio viva io domani. Ricambio con affetto il tuo l’abbraccio. Matilde.
Tre giorni dopo. Caro Roberto, se lascio trascorrere tre giorni senza ricevere una tua email, sento la tua mancanza e scopro che non è piacevole. Devi fare subito qualcosa per evitare tutto questo. SCRIVIMI. Un bacione. Matilde.
R: Cara Matilde, a mia discolpa dichiaro di averti scritto due email al giorno ma di non avere avuto il coraggio di spedirtele. Anzi, una dopo l’altra le ho cestinatetutte perché ho scoperto che il nostro dialogo sta raggiungendo un punto delicato. A poco a poco il mio interesse per te è cresciuto e ha superato i confini della conversazione, e non voglio che il nostro dialogo scada in una semplice successione di parole vuote. Anche se probabilmente non ci incontreremo mai, mi trovo sempre più spesso a pensare a te, a chiedermi come sei fatta, chi sei. Ecco questo volevo che tu lo sapessi e con questa email te lo dico e così, cara Matilde,oggi troverai qualcosa di mio nella tua casella di posta. Lo so, il testo non è esaltante, ma è solo una piccolissima parte di quello che avrei voluto scriverti. Un abbraccio affettuoso, Roberto.
RR: Ah, Roberto, mi sto convincendosempre più che tu non vuoi sapere come sono fatta. Che non vuoi conoscermi di persona. Sapere di più su di me.Quanti anni ho, dove vivo, dove abito.Ma non ci credo. Non credo che ci sia uomo al mondo che non voglia conoscere la donna con cui parla da tempoe non saancora come sia fatta. E questo incontro, da parte mia, se possibile, prima avverrà e meglio sarà. Così ti potrai rendere conto anche tuse sia il caso di tagliare la corda o meno. Sbaglio forse a dirti queste cose? Non credo, perché anch’io ho tanta voglia di incontrarti, di scoprire come sei fatto. Su Google ho letto dove abiti e voglio dirti, sperando di farti piacere, che anch’io vivo nella tua stessa città. Con affetto, Matilde.
Il giorno dopo le rispondo. Cara Matilde. Ti sei resa conto che non sappiamo niente uno dell’altra? Che ci stiamo inventando un identikit immaginario e solo virtuale. Continuiamo a farci delle domande senza darci risposte. Sì, ci divertiamo a stuzzicarci e a eccitare la nostra curiosità. Cerchiamo di leggere tra le righe, ma continuiamo a rimanere lontani. Siamo due sconosciuti e non so nemmeno se a te faccia piacere quandoti scrivo certe cose. Comunque a me ha fatto piacere scoprire che vivi nella mia stessa città. Un abbraccio e sogni d’oro. Roberto.
Il mattino dopo: Caro Roberto buon giorno. Ti sei deciso finalmente a scrivermi. Lo sai, se quando accendo il computernon trovo almeno una tua email ci rimango male e mi addoloro. Voglio che tucontinui a scrivermi ogni giorno, che mi dica quello che pensi veramente di me, e ti decida a dirmianche cosa provi realmente per me, se lo provi.Quelle che hai scritto sono belle parole e ti devo confessare che mi sentoconfusa, e non solo per queste ultime tuerivelazioni.
Due ore dopo. Roberto che fine hai fatto? Perché non mi rispondi?
Quattro ore dopo. ROBERTOOOOOO, SCRIVIMI.
Un ora dopo. Vai al diavolo, Roberto.
Due giorni dopo, le rispondo. Cara Matilde, non sai che piacevole sensazione ho provato quando mi hanno riportato a casa il computer riparato e ho trovato le tue email. E ora, cara Matilde, bando agli indugi: ti propongo di incontrarci al più presto di persona, ma senza saperlo. Sì, insomma, restando nell’anonimato,confusi tra la folla. Per esempio, potremmo scegliere di incontrarci in un ipermercato, dove c’è sempre tanta gente. Magari una domenica mattina. Scegliamo una zona e un arco di tempo di un paio d’ore. Con tutto quel viavai e la ressa sarà un’impresa trovarci, ma la trovo un’esperienza eccitante. La parte più interessante sarà scoprire se in base a quello che ci siamo detti e come ci siamo descritti, riusciremo a individuarci. Io spero solo di riuscire a riconoscerti e sono sicuro che ci riuscirò. Ah, io indosserò un completo grigio, con giacca e cravatta. Se sei d’accordo, rispondimi subito. Un bacio. Roberto.
Un’ora dopotrovo la sua risposta. Domenica mattina? Va benissimo. Dalle 11 alle 12,30 sarò all’ipermercato. Indosserò un semplice abitino nero e scarpe aperte. Non vedo l’ora che arrivi domenica. Con affetto, Matilde.
La domenica pomeriggio ricevo la sua email. Caro Roberto all’ipermercato ci sono stata, ma non sono sicura di averti individuato. C’erano molti uomini in giacca e cravatta, anche con questo caldo (ma come fate a resistere). Ma tra tutti quelli che ho scartato, ne ho tenuti buoni due. Il primo, un signore che si aggirava un po’ impacciato e con una pancetta così pronunciata che non riusciva ad abbottonarsi la giacca e l’altro, brizzolato e sulla cinquantina,che era seduto ai tavolini di un bar estava leggendo un quotidiano, ma quello non mi ha nemmeno degnato di uno sguardo. Tu chi eri Roberto? Quello con la pancetta o l’altro?
R: Carissima Matilde, io invece ti ho riconosciuto subito, e sono rimasto incantato dalla tua bellezza e dal tuo fascino. Non sono riuscito a dirtelo a voce perchénon eri sola. Quella che ti accompagnava chi era, una tua amica?Comunque, per toglierti ogni dubbio ti dico che io non ho la pancetta e che quotidianamente leggo i giornali. Per sincerartene non dovrai fare altro che venire domattina da me. Questo è il mio indirizzo – Piazza Dante, 14. Ti aspetto con ansia. Roberto.
A stretto giro di posta arriva la sua risposta. Caro Roberto me lo sentivo che eri quello che stava leggendo il giornale. Non vedo l’ora di incontrarti, che arrivi domani. Un forte abbraccio e non solo quello... Matilde.
 



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